RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE SENTENZA 29 LUGLIO 2020, N. 23166 RICORRENTE M. MISURE CAUTELARI PERSONALI. Pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per reati connessi Retrodatazione dei termini di custodia cautelare Computo dell’intera durata della misura subita. La retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare di cui all'art. 297, comma 3, cod. proc. pen. deve essere effettuata computando l'intera durata della custodia cautelare subita, anche se relativa a fasi non omogenee. La disposizione di cui all'art. 297, comma 3, cod. proc. pen. è infatti chiara e recisa nell’affermare che, in presenza delle condizioni ivi descritte, i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all'imputazione più grave . La pronunzia fa proprio l’indirizzo, sino ad ora minoritario, in base al quale l'istituto deve essere letto alla stregua dei principi più volte affermati dalla Corte costituzionale, in particolare con le sentenze n. 233 del 2011 e n. 293 del 2013, secondo cui la ‘retrodatazione’ mira ad evitare, in perfetta aderenza con i valori di certezza e di ‘durata minima’ della custodia cautelare, che la rigorosa predeterminazione dei termini di durata massima delle misure cautelari possa essere elusa tramite la diluizione nel tempo di più provvedimenti restrittivi nei confronti della stessa persona, con il conseguente impedimento al contemporaneo decorso dei termini relativi a plurimi titoli custodiali nei confronti del medesimo soggetto. Dal momento che la finalità della retrodatazione consiste nel riallineare fattispecie cautelari che, pur dovendo nascere in un unico contesto temporale, si sono sviluppate in tempi successivi, tale risultato non sarebbe ottenuto ove si procedesse solo alla sommatoria dei termini decorsi in fasi omogenee. Ciò avrebbe per effetto che il periodo di custodia cautelare maturato nella fase delle indagini preliminari per la seconda misura potrebbe cumularsi soltanto a quello trascorso nella medesima fase per la prima misura, in tal modo potendosi determinare, mediante frazionati passaggi di fase dei procedimenti, un'indebita protrazione dei termini dì durata della compressione della libertà personale oltre i limiti che sarebbero conseguiti all'adozione congiunta dei due titoli custodiali. SEZIONE III SENTENZA 30 LUGLIO 2020, N. 23194 RICORRENTE D. REATI CONTRO LA FAMIGLIA. Maltrattamenti in famiglia Condotte in danno reciproco Sussiste. Il reato di maltrattamenti in famiglia è configurabile anche nel caso in cui le condotte violente, umilianti o vessatorie siano realizzate dai familiari in danno reciproco gli uni degli altri. Il reato di cui all’art. 572 cod. pen., invero, non prevede il ricorso a forme di sostanziale autotutela, mediante un regime di ‘compensazione’ fra condotte penalmente rilevanti e reciprocamente inferte. Principio controverso. La pronunzia fa proprio l’indirizzo minoritario più recente Terza Sezione, n. 12026/20 . Contra, tra le altre, Sesta Sezione, n. 4935/19 SEZIONE I SENTENZA 3 AGOSTO 2020, N. 23470 RICORRENTE G. ESECUZIONE. Misura cautelare degli arresti domiciliari Controllo mediante ‘braccialetto elettronico’ Passaggio in giudicato della sentenza Competenza funzionale in materia di modifiche. Gli arresti domiciliari, una volta mantenuti ai sensi dell'art. 656, comma 10, cod. proc. pen., afferiscono alla fase dell'esecuzione. Il controllo previsto dall'art. 275-bis cod. proc. pen., mediante il c.d. braccialetto elettronico, costituisce fin dall'origine una mera modalità di esecuzione della detenzione domiciliare e non già un'autonoma misura. Sicché, come per le altre prescrizioni restrittive previste dall'art. 284 cod. proc. pen., si ha una vigenza delle modalità esecutive che, in assenza di nuove disposizioni, deve seguire le sorti della detenzione domiciliare in ogni momento. Le decisioni in tale materia, nel caso degli arresti domiciliari esecutivi , sono riconducibili a quelle relativa agli adempimenti di cui all'art. 47-ter ord. pen. comprensivi della sfera delle prescrizioni già in corso che, secondo quanto previsto dal comma 10 dell'art. 656 cod. proc. pen. spettano in ogni caso al magistrato di sorveglianza. Da ciò deriva l'incompetenza funzionale del giudice dell'esecuzione SEZIONE III SENTENZA 3 AGOSTO 2020, N. 23491 RICORRENTE P. ed altri MISURE CAUTELARI REALI. Sequestro preventivo Competenza funzionale del giudice che procede Applicazione. Spetta al Gup la competenza funzionale a disporre il sequestro preventivo, una volta che sia stato emesso il decreto di fissazione dell'udienza preliminare e sino a quando il decreto che dispone il giudizio, unitamente al fascicolo per il dibattimento, non venga trasmesso al giudice dibattimentale. A ben vedere, si tratta della traduzione di un principio generale, comunque ricavabile dal sistema, secondo il quale è competente ad adottare i provvedimenti cautelari il giudice che procede ma che al tempo stesso sia nella materiale disponibilità degli atti processuali. Va precisato che il Gup, una volta che abbia formato, ai sensi dell’art. 431 cod. proc. pen., il fascicolo per il dibattimento, lo debba trasmettere ‘senza ritardo’, unitamente al decreto ex art. 429 cod. proc. pen. o ad eventuali misure cautelari in corso di esecuzione, alla cancelleria del giudice competente per il giudizio, e ciò implica che può intercorrere un ragionevole, purché breve e comunque processualmente non sanzionabile, lasso di tempo che non preclude l'adozione di misure cautelari. Eventuali ritardi nella formazione del fascicolo per il dibattimento e nella sua trasmissione al giudice competente per il giudizio non possono, con tutta evidenza, incidere sulla competenza, essendo l'inerzia suscettibile, se ingiustificata, esclusivamente di rilievi disciplinari. Conforme, Terza Sezione, n. 36532/15, CED 264731 SEZIONE VI SENTENZA 4 AGOSTO 2020, N. 23517 RICORRENTE P.G. in proc. M. IMPUGNAZIONI. Sentenza di patteggiamento Ricorso per illegalità della pena Nozione. E' solo la determinazione extra o contra legem della pena da applicare che invalida la base negoziale sulla quale è maturato l'accordo e che inficia la sentenza che lo ha recepito con conseguente nullità della pronuncia ma non anche la individuazione del reato più grave ai fini della continuazione, in caso di applicazione pena fra fatti già giudicati e fatti da giudicare. Se il legislatore, sia pure per prevalenti intenti deflattivi, ha introdotto e delimitato i casi di ammissibilità del ricorso avverso la sentenza di patteggiamento la nozione di illegalità della pena non può risolversi nel vizio di violazione di legge tout court. Cfr. Sesta Sezione n. 5210/19, CED 275027 SEZIONE VI SENTENZA 6 AGOSTO 2020, N. 23598 RICORRENTE P.G. in proc. H. IMPUGNAZIONI. Ricorso del P.M. per omessa applicazione di pena accessoria predeterminata nella durata Inammissibilità. E' inammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso la sentenza che ometta l’applicazione di una pena accessoria, dovendo questi in tal caso ricorrere al giudice dell’esecuzione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 29 cod. pen. e 676 cod. proc. pen Cfr. Quinta Sezione n. 47604/19, CED 277547 SEZIONE I SENTENZA 10 AGOSTO 2020, N. 23746 RICORRENTE C. REATO. Sospensione condizionale della pena Revoca per effetto di successiva condanna a pena sospesa Condizioni e limiti. Una condanna a pena detentiva condizionalmente sospesa non può costituire titolo per la revoca della sospensione condizionale concessa con una precedente sentenza di condanna, perché in tal caso opera il disposto dell’art. 168, primo comma, cod. pen., che fa salva la previsione dell’ultimo comma dell’art. 164 stesso codice. Ciò, naturalmente, salvo l’ulteriore caso in cui la seconda sospensione della pena venga ad essere anch’essa assoggettata a revoca per effetto di una condanna successiva. Conforme, tra le altre, Prima Sezione, n. 34934/12, CED 253438