RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE 27 MAGGIO 2020, N. 16036/20 RICORRENTE P. GIUDIZIO. Silenzio dell’imputato Rilevanza probatoria. Il diritto al silenzio costituisce diretto precipitato della presunzione di innocenza di cui all'art. 6, par. 2, CEDU e comporta l'inesigibilità di un apporto conoscitivo e, tantomeno, probatorio da parte dell'accusato il quale, fino all'accertamento definitivo di responsabilità, deve reputarsi estraneo al fatto. Il diritto al silenzio, peraltro, non s'atteggia come un diritto assoluto sicché, se dal contegno silente dell'accusato non può desumersi la prova della sua colpevolezza, quando ci si trovi di fronte a un contesto probatorio che richiede necessariamente una spiegazione, la scelta dell'interessato di non fornirla può ben essere considerata nella valutazione degli elementi a carico, alla stregua di riscontro negativo o di argomento di prova. Conforme, tra le altre, Sesta Sezione, n. 28008/10, CED 276381 TERZA SEZIONE 25 MAGGIO 2020, N. 15767/20 RICORRENTE D. ed altri SENTENZA. Declaratoria di falsità documentale Prescrizione del reato Accertamento. In tema di sentenza dichiarativa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, invero, la falsità di un documento può essere dichiarata, ai sensi dell'art. 537 cod. proc. pen., solo se le risultanze processuali siano tali da consentire di affermare che essa sia stata positivamente accertata, sulla base delle norme che regolano l'acquisizione e la valutazione della prova nel processo penale. Conforme, Terza Sezione, n. 7908/15, CED 262516 QUARTA SEZIONE 19 MAGGIO 2020, N. 15331/20 RICORRENTE C. IMPUGNAZIONI. Sovvertimento della sentenza assolutoria in appello Rinnovazione della prova dichiarativa Modalità. Le irregolarità nella conduzione e nell'assunzione della testimonianza della persona offesa, nel caso di rinnovazione della prova imposta dal sovvertimento della pronunzia assolutoria di primo grado, si riverberano, viziandola, sulla motivazione della sentenza impugnata. L’assunzione della prova in violazione delle regole del codice di rito in particolare attraverso la sottoposizione al teste di domande suggestive e nocive si riflette negativamente anche sul piano epistemico atteso che la prova, così assunta non fornisce un sapere certo. Il teste – nella specie si è limitato, per gran parte dell'esame, ad assecondare il giudice che lo interrogava. Il descritto approccio, non garantendo la spontaneità delle risposte della persona offesa, ne pregiudica l'attendibilità. Sicché può ben dirsi che la motivazione della sentenza non soddisfa il requisito della specifica confutazione delle argomentazioni poste dal giudice di primo grado a fondamento della diversa decisione, né soddisfa l'obbligo di motivazione. Non risultano precedenti in termini SECONDA SEZIONE 13 MAGGIO 2020, N. 14987/20 RICORRENTE P. IMPUGNAZIONI. Revisione Prova nuova Mutamento della condizione di procedibilità Esclusione. L'intervenuto mutamento della condizione di procedibilità del reato non può certo assimilarsi al concetto di nuova prova rilevante ex art. 630, comma 1, lett. c , cod. proc. pen. ai fini di una richiesta di revisione di sentenza la cui irrevocabilità sia intervenuta prima dell'intervenuta modifica normativa. In considerazione della natura mista sostanziale e processuale dell'istituto della querela, deve applicarsi il disposto dell'art. 2, comma 4, cod. pen., secondo il quale se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo tenendo però conto del fatto che nel caso in esame opera l'insuperabile sbarramento contenuto nell'ulteriore Inciso della medesima norma salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile . Per cui non può neanche applicarsi da parte del giudice dell’esecuzione, il disposto dell’art. 673 c.p.p Conforme, Quinta Sezione, n. 3764/95, CED. 201059 SEZIONI UNITE 12 MAGGIO 2020, N. 14723/20 RICORRENTE P. PATROCINIO A SPESE DELLO STATO. Falsità della dichiarazione allegata all’istanza Revoca dell’ammissione Presupposti. La falsità o l'incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dall'art. 79, comma 1, lett. c d.P.R. n. 115 del 2002, qualora i redditi effettivi non superino il limite di legge, non comporta la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che può essere disposta solo nelle ipotesi espressamente disciplinate dagli artt. 95 e 112 d.P.R, n. 115 del 2002. Le falsità o le omissioni possono comportare la revoca del beneficio solo nei casi di cui all'art. 112 d.P.R. n. 115 del 2002, se risulti provata o comunque deducibile la mancanza originaria delle condizioni reddituali ed in caso di condanna per il reato previsto dall'art. 95. Né appare contraddittoria la circostanza che sia possibile revocare il beneficio nei confronti di coloro che omettano la comunicazione di variazioni reddituali art. 112, lett. a e mantenerlo nei confronti di coloro che, sin dall'origine, hanno reso dichiarazioni false o incomplete, atteso che I' obbligo di comunicazione e le conseguenze delia sua inosservanza , è assunto a pena di inammissibilità e discende da un'espressa previsione di legge, restando comunque correlato a variazioni dei limiti di reddito ‘rilevanti’ ai sensi dell'art, 79 lett. d . SEZIONI UNITE 12 MAGGIO 2020, N. 14722/20 RICORRENTE P. DELITTI IN MATERIA DI STUPEFACENTI. Aggravante dell’ingente quantità Criteri di individuazione Invariati nonostante la novellata disciplina di base. A seguito della riforma introdotta nel sistema della legislazione in tema di stupefacenti dal d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 marzo 2014, n. 79, mantengono validità i criteri fissati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 36258 del 24 maggio 2012, Biondi, per l'individuazione della soglia oltre la quale è configurabile la circostanza aggravante dell'ingente quantità prevista dall'alt. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/90. Con riferimento alle c.d. droghe leggere la soglia rimane fissata in 2 kg. di principio attivo. Nella disciplina previgente le Sezioni Unite n. 35258/12, CED 253150, preso atto dei perduranti contrasti giurisprudenziali e difformità applicative in ordine al significato da attribuire all'espressione ingente quantità , hanno ricercato e rinvenuto la soluzione del quesito all'interno del sistema approntato dalla legislazione allora vigente in tema di stupefacenti. L’anzidetta sentenza ha dunque preso le mosse dal riferimento testuale operato dall'art. dall'art. 73, comma 1 bis, lett. a , d.P.R. n. 309/90 come introdotto dalla Fini-Giovanardi ai limiti massimi di stupefacente la cui detenzione è tendenzialmente presunta per uso personale, quantitativo definito espressamente come soglia e ricavato per ogni sostanza dal prodotto della moltiplicazione del valore della dose media singola espresso in milligrammi per un fattore individuato dal ministero competente. Dal rilievo diretto e riflesso che il sistema tabellare così delineato ha assunto all'interno della disciplina repressiva dei reati in tema di stupefacenti, le Sezioni Unite hanno considerato di potere e dovere trarre la conclusione della necessità di individuare un parametro numerico anche per la determinazione del concetto di ingente quantità se il legislatore ha infatti positivamente fissato la soglia quantitativa della punibilità dunque un limite verso il basso , consegue che l'interprete ha il compito di individuare una soglia quantitativa definita al di sotto della quale l’aggravante non è ravvisabile. Hanno quindi affermato che, sulla base di un'opera ricognitiva dei dati empirici raccolti, non possa di norma ritenersi ingente un quantitativo di sostanza stupefacente che non superi di 2000 volte il predetto valore-soglia espresso in milligrammi di principio attivo. Mutato il quadro di riferimento, si è manifestato un indirizzo minoritario che ha rimesso in discussione dette conclusioni. La pronunzia in rassegna le ha confermate sulla base dell’assunto che per effetto dell'espressa reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile ai sensi del comma 1 bis, dell'art. 75 d.P.R. n. 309/1990, come modificato dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, di conversione, con modificazioni, del d.l. 20 marzo 2014, n. 36, mantengono validità i criteri enunciati dalla sentenza Biondi basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile al fine di verificare la sussistenza della circostanza aggravante della ingente quantità, di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/90.