RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE 18 OTTOBRE 2019, N. 42868/2019 RICORRENTE M. GIUDIZIO DI APPELLO. Sovvertimento in appello di una sentenza di assoluzione Perizia disposta in appello Necessità di confrontarsi con le consulenze tecniche su cui si è basata la pronunzia assolutoria. L'effettuazione in secondo grado di una perizia non esime il giudice di appello che riformi la sentenza di primo grado, dal dimostrare l’incompletezza o la non correttezza di quest'ultima, ovvero l'incoerenza delle relative argomentazioni, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da corretta, completa, convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, senza lasciare spazio alcuno, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. In altri termini, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato e la insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti. E quando la sentenza assolutoria si sia fondata sul sapere scientifico introdotto nel processo dai consulenti delle parti, ha il dovere di confrontarsi con tale sapere, cui sia andato eventualmente ad affiancarsi quello del perito. Cfr. Sez. Un., n. 33748/05, CED 231679 Seconda Sezione, n. 677/15, CED 261556. TERZA SEZIONE 15 OTTOBRE 2019, N. 42146/2019 RICORRENTE C. ATTI DEL GIUDICE. Atto abnorme Interesse alla impugnazione. Anche in caso di ricorso per cassazione avverso atto abnorme deve rinvenirsi l'interesse di chi lo proponga, che si identifica con l’interesse al risultato del giudizio sull'impugnazione, che deve risolversi in un vantaggio , in una utilità in senso obiettivo, per la parte impugnante. Se, dunque, l'impugnazione proposta dall'imputato non può portare ad una modificazione significativa degli effetti del provvedimento impugnato, ed in particolare non può conseguire il risultato di porre riparo al pregiudizio dedotto, non vi è interesse nella specie tale interesse è stato reputato insussistente con riguardo al provvedimento con cui il giudice monocratico aveva ravvisato un reato più grave, di competenza collegiale ed aveva rimesso gli atti al P.M. . Non risultano precedenti negli esatti termini. TERZA SEZIONE 14 OTTOBRE 2019, N. 42114/2019 RICORRENTE M. MISURE CAUTELARI REALI. Sequestro preventivo Vendita dei beni sottoposti alla misura Mezzo d'impugnazione. Il provvedimento del giudice di vendita dei beni sottoposti a sequestro preventivo è impugnabile mediante appello ex art. 322 bis cod. proc. pen., rientrando lo stesso tra le 'ordinanze in materia di sequestro preventivo' ed il termine decorre dalla data di effettiva conoscenza, da parte del titolare del diritto di impugnazione, del provvedimento emesso dal giudice, non sussistendo un diritto alla comunicazione del provvedimento all'indagato e non ricorrendo nullità dell'autorizzazione alla vendita per mancanza della comunicazione del provvedimento di autorizzazione alla vendita. La pronunzia richiama principi affermati da Terza Sezione, n. 36064/09, CED 244608. SEZIONI UNITE 10 OTTOBRE 2019, N. 41736/2019 RICORRENTE P.G. in proc. B. GIUDIZIO. Principio di immutabilità del giudice Utilizzabilità delle prove assunte dinanzi a collegio diversamente composto Rinnovazione del dibattimento Condizioni. Il principio d'immutabilità del giudice, previsto dall'art. 525, comma 2, prima parte, cod. proc. pen., impone che il giudice che provvede alla deliberazione della sentenza sia non solo lo stesso giudice davanti al quale la prova è assunta, ma anche quello che ha disposto l'ammissione della prova, fermo restando che tali provvedimenti emessi dai giudice diversamente composto devono intendersi confermati, se non espressamente modificati o revocati. L'avvenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere, ai sensi degli arti. 468 e 493 cod. proc. pen., sia prove nuove sia la rinnovazione di quelle assunte dal giudice diversamente composto, in quest'ultimo caso indicando specificamente le ragioni che impongano tale rinnovazione, ferma restando la valutazione del giudice, ai sensi degli arti. 190 e 495 cod. proc. pen., anche sulla non manifesta superfluità della rinnovazione stessa. Il consenso delle parti alla lettura ex art. 511, comma 2, cod. proc. pen. degli atti assunti dal collegio in diversa composizione, a seguito della rinnovazione del dibattimento, non è necessario con riguardo agli esami testimoniali la cui ripetizione non abbia avuto luogo perché non chiesta, non ammessa o non più possibile. L'ordito logico della pronunzia, che richiama e specifica alcuni principi affermati nella nota sentenza Sezioni Unite n. 2/1999, CED 212395, si articola attraverso i seguenti passaggi a seguito del mutamento della composizione del collegio giudicante, il procedimento regredisce nella fase degli atti preliminari al dibattimento, e pertanto ferma restando l'improponibilità di questioni preliminari in precedenza non sollevate il giudice, nella composizione sopravvenuta, ha il potere di valutare ex novo le questioni tempestivamente proposte dalle parti e decise dal giudice diversamente composto nella nozione di dibattimento ex art. 525, comma 2, prima parte, rientra anche la dichiarazione della sua apertura ex art. 492 cod. proc. pen., anche se non è necessario che il giudice rinnovi formalmente l'ordinanza ammissiva delle prove chieste dalle parti, perché i provvedimenti in precedenza emessi dal giudice diversamente composto e non espressamente revocati o modificati conservano efficacia la garanzia dell'immutabilità del giudice attribuisce alle parti il diritto, non di vedere inutilmente reiterati attività già svolte e provvedimenti già emessi, con immotivata dilazione dei tempi di definizione del processo, bensì di poter nuovamente esercitare, a seguito del mutamento della composizione del giudice, le facoltà previste dalle predette disposizioni la prevista necessità di legittimare le parti, a seguito del mutamento della composizione del giudice, ad esercitare nuovamente le facoltà ad esse attribuite dagli artt. 468 e 493 cod. proc, pen., comporta la facoltà di presentare nuove richieste di prova, il che può rendere necessario concedere, se la parte interessata ne faccia richiesta, un breve termine per consentire l'eventuale presentazione di una nuova lista nei tempi e nei modi indicati dall'art. 468 cod. proc. pen. ne consegue che la parte che non abbia indicato il nominativo del dichiarante da esaminare nuovamente e le circostanze sulle quali il nuovo esame deve vertere in una lista tempestivamente depositata ex art. 468, non ha diritto all'ammissione, ma può soltanto sollecitare il giudice, all'esito dell'istruzione dibattimentale, a disporre la nuova assunzione delle prove già precedentemente assunte dal collegio diversamente composto ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen. tutte, od anche una soltanto , sempre che ricorrano le condizioni di assoluta necessità -anche in caso di rinnovazione del dibattimento, peraltro, al giudice è attribuito il potere-dovere di valutare, ai sensi degli articoli 495, comma 1, e 190, comma 1, cod. proc. pen., l'eventuale manifesta superfluità della reiterazione degli esami in precedenza svolti dinanzi al giudice diversamente composto come, ad esempio, quando venga richiesta la pedissequa ripetizione dell’esame già svolto quando è stato sentito un operante che si è avvalso degli atti a sua firma quando il teste già alla prima audizione ricordava poco o nulla potrà, invece, rivelarsi non manifestamente superflua la rinnovazione dell'esame nel caso in cui le parti si siano avvalse del potere di indicare circostanze in precedenza riferite in modo insoddisfacente perché incompleto, od anche nuove, purché rilevanti ai fini della decisione, in ordine alle quali esaminare nuovamente il dichiarante, o abbiano allegato elementi dai quali desumere la sua inattendibilità anche se limitatamente ad alcuni punti della deposizione resa , e la conseguente necessità che egli venga nuovamente esaminato. TERZA SEZIONE 7 OTTOBRE 2019, N. 41064/2019 RICORRENTE C. ed altro. RITI ALTERNATIVI. Patteggiamento Rinnovazione della richiesta rigettata in sede di udienza preliminare Contenuto. In materia di patteggiamento, il legislatore del 1999 ha previsto che a fronte di un esito negativo della richiesta per dissenso da parte del pubblico ministero o rigetto da parte del giudice dell'udienza preliminare , l'imputato possa rinnovarla prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado tale possibilità, tuttavia, è subordinata ad una condizione essenziale, ossia che proprio di rinnovazione si tratti, ossia di una riproposizione della stessa richiesta in precedenza avanzata, senza alcuna modifica. Principio controverso. Contra, tra le altre, Sesta Sezione, n. 42775/14, CED 260449, secondo cui la lettera della norma -'rinnovare' evoca il significato di 'nuova domanda', ossia diversa nei contenuti.