RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SESTA SEZIONE 7 DICEMBRE 2018, N. 54792/2018 RICORRENTE R. MISURE CAUTELARI REALI. Sequestro preventivo Divieto di restituzione nei casi in cui sia prevista la confisca obbligatoria Presupposti e limiti. Il divieto di restituzione delle cose sottoposte a sequestro, stabilito dall'art. 324, comma 7, c.p.p. per i casi attinenti a cose per le quali sia prevista la confisca obbligatoria ai sensi dell'art. 240, comma 2, c.p., non riguarda le ipotesi in cui l'obbligo di confisca sorga soltanto a seguito della pronuncia di una sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta. La confisca obbligatoria richiamata dall'art. 324 c.p.p., comma 7, si riferisce salva la particolare ipotesi dell'art. 240 c.p., comma 2, n. 1, a cose intrinsecamente pericolose o illecite, la cui mera detenzione, o il cui mero uso, assume carattere criminoso, sicché la restituzione delle stesse determinerebbe la prosecuzione ovvero la ripresa dell'attività illecita, che, pertanto, il divieto di restituzione mira ad impedire. Va quindi disatteso l'orientamento secondo cui il divieto di restituzione delle cose sottoposte a confisca obbligatoria si riferisce anche alle ipotesi particolari di confisca obbligatoria e, pertanto, anche alla confisca obbligatoria ex art. 12 sexies l. n. 356/1992 perchè la individuazione di una comune finalità repressiva delle varie forme di confisca obbligatoria da un lato non può assurgere a criterio ermeneutico idoneo ad attribuire all'art. 240, comma 2, c.p. uno spettro di applicazione più ampio di quello testualmente previsto dall'altro, osta a siffatta operazione ermeneutica il divieto di applicazione analogica della norma riguardante un istituto che come pure riconosce l'orientamento avversato ha finalità sanzionatorie. Questione controversa. La pronunzia aderisce all'indirizzo maggioritario, espresso, tra le altre da Quarta Sezione, n. 34459/11, CED 251102. Contra, per tutte, Seconda Sezione, n. 16523/17, CED 269701. QUARTA SEZIONE 3 DICEMBRE 2018, N. 54024/2018 RICORRENTE T. ed altro CONFISCA. Confisca obbligatoria ex art. 600-septies c.p. Reati contemplati dalla norma Caporalato Esclusione. Nei casi di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera i beni non possono essere confiscati sulla base della norma a carattere sanzionatorio di cui all'art. 600 septies c.p., ma solo in ragione della specifica previsione di cui all'art. 603 bis, comma 2. c.p., e con esclusivo riferimento ai fatti commessi a decorrere dal 4.11.2016, vale a dire dalla data di entrata in vigore di tale ipotesi di confisca, non potendo detta norma sanzionatoria essere applicata retroattivamente, in virtù del noto principio 'nulla poena sine lege' di cui all'art. 25, comma 2, Cost. e di cui all'art. 7 CEDU. La pronunzia chiarisce che il mero dato formale, costituito dal fatto che l'ultima versione dell'art. 600 septies c.p. sia entrata in vigore in epoca successiva alla introduzione della norma di cui all'art. 603 bis c.p., che sanziona il reato di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera c.d. caporalato , non comporta l'automatica applicabilità a tale specifico reato di quella ipotesi di confisca, sulla base del mero richiamo, ivi contenuto, ai 'delitti previsti dalla presente sezione'. Ciò in quanto, sulla base di una interpretazione storica e sistematica della norma, della sua 'ratio' e della chiara intenzione del Legislatore di circoscrivere la confisca di cui alla norma citata al di là del dato letterale-topografico in essa riportato ai delitti finalizzati alla tutela di minori vittime di abusi, non è possibile estenderne la portata applicativa al reato di cui all'art. 603 bis c.p. la portata applicativa della confisca prevista dall'art. art. 600 septies c.p Non risultano precedenti in termini. TERZA SEZIONE 4 DICEMBRE 2018, N. 54191/2018 RICORRENTE P.G. in proc. N. CONFISCA Confisca per equivalente in materia di reati fiscali – Obbligatorietà Insussistenza di beni in capo al prevenuto Irrilevanza. In caso di condanna conseguente all'accertamento della violazione della normativa in materia penaltributaria, va obbligatoriamente disposta la confisca del profitto del reato. Laddove il giudice debba procedere alla confisca per equivalente del profitto conseguito a seguito della perpetrazione del reato egli non è tenuto ad individuare concretamente i beni da sottoporre alla misura ablatoria, ma può limitarsi a determinare la somma di danaro che costituisce il profitto o, a seconda dei casi, il prezzo del reato o il valore ad essi corrispondente, posto che la individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del valore di questi all'importo del profitto o del prezzo del reato è operazione riservata alla fase esecutiva della sentenza, spettante all'organo del Pubblico ministero. Conforme, tra le altre, Sesta Sezione, 53832/17 non mass. TERZA SEZIONE 4 DICEMBRE 2018, N. 54177/2018 RICORRENTE M. IMPUGNAZIONI . Interesse dell'imputato ad impugnare Contestazione di una aggravante ritenuta dal giudice sub valente Esclusione. E' inammissibile per carenza di interesse, l’impugnazione dell'imputato volta esclusivamente ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante, quando la stessa sia già stata ritenuta subvalente rispetto alle circostanze attenuanti concorrenti e i fatti posti a suo fondamento non siano stati in alcun modo valutati dal giudice in un'ottica di maggiore gravità dell'addebito, dovendo quindi escludersi qualsiasi possibilità di effetti pregiudizievoli per l'imputato, perché l'interesse alla proposizione della impugnazione non consiste nella mera aspirazione all'esattezza tecnico-giuridica del provvedimento, dovendo essere rivolto a conseguire un concreto vantaggio. Principio controverso. La pronunzia aderisce all'indirizzo maggioritario cfr. Quarta Sezione, n. 20328/17, CED 2699420 . Contrarie, tra le altre, Prima Sezione, n. 35429/14, non mass., secondo cui detto interesse sussiste anche quando con il provvedimento impugnato siano state concesse circostanze attenuanti con giudizio di prevalenza sull' aggravante, poichè costituisce diritto dell'imputato vedersi riconoscere colpevole di una condotta meno grave di quella contestatagli.