RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE 11 OTTOBRE 2018, N. 46201/2018 RICORRENTE E. ed altri MISURE CAUTELARI REALI. Sequestro preventivo Mancato esperimento della richiesta di riesame Preclusioni e limiti dell'appello in assenza di circostanze sopravvenute Insussistenza. La mancata tempestiva proposizione, da parte dell'interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilità, neanche in assenza di fatti sopravvenuti. La questione di diritto rimessa alle Sezioni Unite era la seguente 'se la mancata tempestiva proposizione, da parte dell'interessato, della richiesta di riesame avverso ii provvedimento applicativo di una misura cautelare reale, legittimi ii tribunale de! riesame a dichiarare inammissibile il successivo appello cautelare non fondato su elementi nuovi, ma su argomenti tendenti a dimostrare, sulla base di elementi già esistenti, la mancanza delle condizioni di applicabilità della misura'. La pronunzia in rassegna è pervenuta alla suddetta conclusione attraverso un ordito logico-giuridico che si articola, essenzialmente, attraverso i seguenti passaggi a nel processo penale non esiste l'istituto dell'acquiescenza b la creazione di una tale preclusione, derivante dall'inutile decorso del termine per proporre riesame, finirebbe col rendere asimmetrico il diritto di intervento, impedito alle parti direttamente interessate, e consentito al pubblico ministero, in capo ai quale permane l'obbligo di valutare costantemente l'esigenza di persistenza della misura imposta, anche diversamente valutando quanto emergente già prima dell'applicazione della misura, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 321, comma 3, c.p.p. c la stabilità dei provvedimenti cautelari non può rapportarsi al deducibile, poiché tale lettura restrittiva non è confortata da una previsione normativa o da una ricostruzione sistematica coerente rispetto ad essa d non a caso, peraltro, l'art. 648 c.p.p. riferisce il concetto di giudicato solo alle sentenze ed ai decreti penali di condanna, il cui carattere decisorio esige la specifica perimetrazione della loro stabilità e la ricostruzione normativa rivela la sua coerenza nella materia delle misure cautelari, atteso che tali provvedimenti posseggono una forza invasiva di diritti fondamentali che prescinde da un accertamento pieno ed in contradditorio degli elementi che le giustificano f risulta in linea con la tutela di valori di rango costituzionale, il riconoscimento della libera scelta inerente alla modalità dell'esercizio del diritto alla parte di sollecitare una diversa determinazione al medesimo giudice che ha provveduto ad emettere la misura, anziché attraverso l'attivazione della procedura del riesame g a seguito dell'esercizio di tale opzione resta intangibile il diritto all'appello, la cui azionabilità generale, rispetto alle ordinanze in materia di sequestro preventivo è riconosciuto, senza alcuna preclusione, dall'art. 322 bis , comma 1, c.p.p PRIMA SEZIONE 11 OTTOBRE 2018, N. 46132/2018 RICORRENTE M. PENA. Indulto Revoca Individuazione dei presupposti. Costituisce principio di diritto consolidato quello secondo cui, in tema di indulto e salva diversa disposizione di legge, il reato continuato va scisso -sia per l'ipotesi in cui, in ragione del titolo alcuni fra gli episodi criminosi unificati risultino esclusi ed altri compresi nel relativo provvedimento, che per quella in cui alcuni siano stati commessi prima ed altri dopo il termine di scadenza ivi stabilito allo scopo di consentire che il beneficio venga riconosciuto per i singoli fatti che vi rientrano. Ne consegue che nel caso di commissione, da parte di chi abbia beneficiato dell'indulto concesso con la l. numero 421/2006, di delitti non colposi dal giudice della cognizione unificati dal vincolo della continuazione entro cinque anni dall'entrata in vigore della stessa legge numero 421, il giudice dell'esecuzione, in funzione dell'accertamento dei presupposti per la revoca di diritto di tale beneficio prevista dall'art. 1, comma 3, della medesima legge, dovrà accertare sulla base delle determinazioni del giudice della cognizione quale sia la pena rilevante allo scopo individuandola fra quelle in concreto inflitte per ciascun reato per il reato più grave e per i c.d. reati satellite dal giudice della cognizione e non alla pena risultante dal cumulo giuridico di ciascuna di tali sanzioni. La pronunzia si conforma a Prima Sezione, numero 13400/13, CED 256023, che costituisce sviluppo del principio di diritto, desumibile dalla motivazione di Sezioni Unite numero 21501/09, CED 243380. PRIMA SEZIONE 11 OTTOBRE 2018, N. 46121/2018 RICORRENTE A. REATO. Cause di giustificazione Legittima difesa Presunzione di proporzionalità tra difesa ed offesa nei casi di violazione di domicilio Estensione e limiti. La legge 13 febbraio 2006 numero 59, nel novellare l'art. 52 c.p. ha introdotto una presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa che agisce quando sia configurabile la violazione di domicilio da parte dell'aggressore. In tal caso, l'uso dell'arma legittimamente detenuta è ritenuto proporzionato per legge, se finalizzato a difendere la propria o l'altrui incolumità ovvero i beni propri o altrui quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione. In presenza di queste condizioni, dunque, non è più rimesso ad apprezzamento discrezionale il giudizio sulla proporzionalità tra l’offesa e la difesa, essendo il detto rapporto sussistente per legge. Va però precisato che non ogni pericolo che si concretizza nell'ambito del domicilio giustifica la reazione difensiva, atteso che, come suggerito all'interprete dalla collocazione della norma di nuovo conio dopo quella di cui all'art. 52, comma 1, c.p., restano fermi i requisiti strutturali stabiliti dalla disposizione generale il pericolo attuale di offesa ingiusta e la costrizione e la necessità della difesa, dai quali scaturisce l'inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell'altrui incolumità o, alle condizioni date, dei beni propri o altrui. Ne consegue che la 'novellata' legittima difesa non consente un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora, ma presuppone un attacco, nell'ambiente domestico, alla propria o altrui incolumità, o quanto meno un pericolo di aggressione. Conforme, tra le altre, Quinta Sezione, numero 35709/14, CED 260316.