RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE 5 OTTOBRE 2018, N. 44591/2018 RICORRENTE C. IMPUGNAZIONI. Revisione Investigazioni difensive preventive Autorizzazione del giudice dell'esecuzione al prelievo di campioni su reperti sequestrati ed in custodia dell'autorità giudiziaria Condizioni. Il giudice dell'esecuzione, chiamato a decidere sull'istanza con la quale il condannato, a mezzo del proprio difensore, chieda l'autorizzazione a svolgere attività investigativa finalizzata a richiesta di revisione, ai sensi dell'art. 327 bis , c.p.p., legittimamente perviene a decisione di rigetto, nei casi in cui si tratti di istanze meramente esplorative ovvero mirate ad accertamenti che appaiano, all'evidenza, superflui o inidonei a determinare modificazioni sostanziali del quadro probatorio. La pronunzia chiarisce che, se è vero che non è consentito al giudice dell'esecuzione, adito per il rilascio dell'autorizzazione a svolgere attività investigativa preventiva, effettuare una negativa delibazione della possibilità della revisione, non può sostenersi che il giudice dell'esecuzione adito non possa che rilasciare l'autorizzazione. Un'interpretazione del genere, così radicale, non sarebbe in ogni caso proponibile, perché negherebbe in radice la stessa ragion d'essere del concetto di 'autorizzazione', che mai potrebbe farsi coincidere con quello di atto dovuto . Del resto, 'attività investigativa preventiva richiesta determina, per il necessario rispetto del principio del contraddittorio, il coinvolgimento del P.M. e della struttura giudiziaria nel suo complesso, con i correlati oneri economici per lo Stato, sicché non è consentito ritenere che essa si possa svolgere senza nessun controllo e che tale potere sia esercitabile 'ad libitum' lasciando la parte libera in ogni momento di instare per il compimento delle indagini che stimi utili. Si deve, quindi affermare che spetta alla parte dedurre la decisività dello specifico atto di indagine difensiva richiesto e l'utilità che si mira a conseguire attraverso l'esercizio del diritto. Non possono reputarsi consentite, invece, quelle investigazioni che appaiano, all'evidenza, superflue o inidonee a determinare modificazioni sostanziali del quadro probatorio. Non si rinvengono precedenti in termini. La pronunzia rivisita accuratamente Prima Sezione, n. 16798/08, CED 23958 e ne chiarisce i principi che, massimati in termini generici, sono stati talvolta travisati TERZA SEZIONE 5 OTTOBRE 2018, N. 44562/2018 RICORRENTE P.M. in proc, S. REATI FISCALI. Sequestro preventivo Presunzioni legali previste dalle norme tributarie Applicabilità ai fini della misura cautelare reale. In tema di accertamento, anche dopo l'entrata in vigore dei decreto-legge n. 193 dei 2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 225 dei 2016, che ha eliminato, dal disposto dell'art. 32, comma 1, n. 2 , del d.P.R. n. 600/1973, il riferimento ai compensi, resta invariata la presunzione legale posta dallo stesso art. 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l'estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili. La base legale della presunzione per i versamenti è rappresentata, infatti, dal secondo periodo del n. 2 del comma 1 dell'art. 32 richiamato, che non opera alcuna distinzione fra le varie categorie di contribuenti e non è stato toccato né dalla sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, né dal d.l. n. 193/2016. Non si rinvengono precedenti nei termini di cui al principio, opinabile, sopra testualmente riportato. Sul valore indiziario delle presunzioni tributarie, valorizzabile ai fini dell'applicazione di una misura cautelare reale, cfr. Terza Sezione, n. 6942/17. SECONDA SEZIONE 5 OTTOBRE 2018, N. 44315/2018 RICORRENTE F. REATO E PENA. Sospensione condizionale Subordinata alla restituzione dei beni conseguiti Illegittimità, in assenza di parte civile. Il giudice non può subordinare la sospensione condizionale della pena, in difetto di costituzione di parte civile, all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni di beni conseguiti per effetto del reato, perché queste, come il risarcimento, riguardano solo il danno civile e non anche il danno criminale, che si identifica con le conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma penale e che assumono rilievo, a norma dell'art. 165 c.p., solo se i loro effetti non sono ancora cessati. Trattasi di questione controversa. Conforme, tra le altre, Seconda Sezione, n. 12895/15, CED 262932. In senso contrario l'indirizzo che, facendo leva sul tenore letterale dell'art. 165 c.p. ritiene che il vincolo costituito dalla necessità della esistenza di una preventiva domanda giudiziale spiegata dalla parte civile, concerna la subordinazione all'obbligo del risarcimento e non anche quello delle restituzioni cfr. Terza Sezione, n. 1324/15 TERZA SEZIONE 5 OTTOBRE 2018, N. 44529/2018 RICORRENTE M. REATI PREVIDENZIALI. Omesso versamento delle ritenute contributive Causa di non punibilità Eccezione formalistica di irrituale comunicazione della facoltà di avvalersene Abuso del processo. In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell'avviso di accertamento della violazione ed il decreto di citazione non ne contenga l'indicazione di tutti gli elementi, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva che ben può completarsi nel corso del giudizio, il 'dies a quo', del termine di tre mesi previsto al fine di poter effettuare il pagamento delle ritenute omesse al fine di fruire della causa di non punibilità di cui all'art. 2, comma 1 bis , d.t. n. 463 del 1983, conv. in l. n. 638/1983, decorre dal momento in cui si sia verificata la conoscenza da parte dell'imputato di tutti gli elementi essenziali del suddetto avviso di accertamento. Nel caso in esame evidenzia la Corte il ricorrente, da anni a conoscenza della facoltà di fruire della causa di non punibilità di cui all'art, 2, comma 1 -bis , l. n. 638/1983 avendo il medesimo proposto appello sul punto non ha in realtà mai inteso veramente fruirne e si è limitato, nel giudizio di appello prima, e nel ricorso per cassazione poi, a contestare di non aver mai formalmente ricevuto l'avviso di accertamento dell'INPS. Accogliere le conclusioni del ricorso rassegnate sul punto 'annullare con rinvio la sentenza impugnata per consentire all'imputato di fruire della facoltà concessa dalla legge' significherebbe, pertanto, assecondare un'evidente tattica dilatoria integrante gli estremi dell'abuso del processo, situazione che si verifica allorquando una richiesta processuale non risponda ad alcuna reale esigenza difensiva e l'effettivo esercizio del diritto dell'imputato non abbia subito alcuna lesione o menomazione. Conforme, quanto alla prima affermazione di principio, Terza Sezione, n. 46169/14, CED 260912, quanto all' 'abuso del processo', tra le altre, Sezioni Unite, n. 155/12, CED 251497.