RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

TERZA SEZIONE 18 MAGGIO 2018, N. 21997 RICORRENTE I. NE BIS IN IDEM INTERNAZIONALE. Reato commesso da un sacerdote Sanzione della dimissione dello stati clericale inflitta in base all’ordinamento canonico Preclusione processuale ex articolo 649 c.p.p. Esclusione. Pur essendo astrattamente qualificabile la sanzione della dimissione dallo stato clericale come sanzione penale”, non è ipotizzabile la preclusione processuale di cui all’articolo 649 c.p.p., non essendo ravvisabile il bis in idem internazionale, non essendo applicabile né l’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’accordo Schengen non avendovi aderito la Santa Sede , né l’articolo 4 protocollo n. 7 della Convenzione e.d.u. non essendo Stato parte della Convenzione europea la Santa Sede, ma essendo solo uno dei cinque Paesi che godono dello status d’osservatore presso il Consiglio d’Europa , né esistendo accordi bilaterali tra Italia e Santa Sede che deroghino alle regole di cui all’articolo 11 c.p. né tantomeno, può ritenersi che il principio del ne bis in idem costituisca principio generale del diritto internazionale riconosciuto ed automaticamente recepito ex articolo 10 Cost Nella pronunzia si richiama l’orientamento secondo cui, quando sia stata ravvisata la giurisdizione italiana in base alle norme di diritto interno artt. 6 e 11 c.p. queste possono recedere rispetto a quelle internazionali che prevedono ‘ne bis in idem’, solo in presenza di Convenzione tra Stati, ratificate e rese esecutive, che vincolano unicamente i Paesi contraenti, nei limiti dell’accordo raggiunto tra le altre, Prima Sezione, n. 29664/14, CED 260537 . SESTA SEZIONE 15 MAGGIO 2018, N. 21533 RICORRENTE P. GRATUITO PATROCINIO. Parte civile ammessa al patrocinio a carico dello Stato Condanna dell’imputato al pagamento delle spese in favore dello Stato Liquidazione del quantum nel dispositivo della sentenza Irritualità. L'articolo 110, comma 3, d.P.R. n. 115/2002 Testo Unico sulle spese di giustizia, dispone che il giudice, con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, se condanna l'imputato non ammesso al beneficio al pagamento delle spese in favore della parte civile ammessa al beneficio, ne dispone il pagamento in favore dello Stato. Il Testo unico delinea un'unica procedura di liquidazione degli onorari spettanti al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato che è il decreto di liquidazione del giudice che procede articolo 82 cit. . La liquidazione però non avviene in sentenza questa regola vale per tutti i processi, inclusi i penali, ed anche in favore del difensore della parte civile ivi costituita. Il provvedimento di liquidazione è infatti soggetto ad un sistema autonomo d'impugnazione artt. 84 e 170 T.U. cit. cui è legittimato anzitutto il professionista che ha prestato la propria opera in favore del soggetto ammesso al beneficio e che resterebbe paralizzato se la liquidazione venisse trasferita in sentenza. Ed invero come prescrive l'articolo 110, comma 3, T.U. cit. la sentenza deve condannare l'imputato soccombente a pagare, invece che in favore della parte civile, in favore dello Stato questa sola è la statuizione che essa deve contenere in base alla disposizione speciale, che non parla affatto di liquidazione. La sentenza deve quindi pronunciare solo sull'an ed il quantum sarà definito con separato decreto emesso dallo stesso giudice, di primo o secondo grado, che pronuncia la sentenza penale. Lineare conseguenza dell'indicata esegesi è quella che il giudice penale, allorquando si trovi a liquidare le spese processuali sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, deve sempre pronunciare in dispositivo solo sull'an della pretesa, riservando ad un separato contesto, e quindi al decreto di cui all'articolo 83, comma 2, T.U. cit., la sua liquidazione, che il comma 3 bis dell'articolo 83, introdotto con legge n. 208 del 2015, vuole contestuale ossia pronunciato assieme alia sentenza. Poichè la costituzione di parte civile nel processo penale introduce una lite civile, le statuizioni relative devono conformarsi ai modelli del processo civile rispetto al quale non vi alcun dubbio che il T.U. cit. osti alla liquidazione in sentenza altrimenti prescritta dall'articolo 91 c.p.c. e che debba pertanto provvedersi per separato decreto. Ove il giudice penale proceda in un unico contesto e quindi nel dispositivo della sentenza penale alla liquidazione del dovuto, si realizza invero, per ciò stesso, una impropria commistione di piani da un canto quello generale dell'impugnazione della sentenza articolo 568 e ss. c.p.p. e dall'altro quello special dell'impugnazione della liquidazione articolo 170, T.U. Spese giustizia . Non risultano precedenti in termini. QUINTA SEZIONE 15 MAGGIO 2018, N. 21530 RICORRENTE S. REATO. Aggravante del ‘metodo mafioso’ Connotazioni. La circostanza aggravante dell'utilizzo del metodo mafioso non presuppone necessariamente l'esistenza di un'associazione ex articolo 416 bis c.p., né che l'agente ne faccia parte, essendo sufficiente, ai fini della sua configurazione, il ricorso a modalità della condotta che evochino la forza intimidatrice tipica dell'agire mafioso basta, cioè, che l'associazione appaia sullo sfondo, perché evocata dall'agente, sicché la vittima sia spinta ad adeguarsi al volere dell'aggressore o ad abbandonare ogni velleità di difesa per timore di più gravi conseguenze. La ratio della disposizione di cui all'articolo 7 d.l. 152/1991, invero, non è soltanto quella di punire con pena più grave coloro che commettono reati utilizzando metodi mafiosi o con il fine di agevolare le associazioni mafiose, ma essenzialmente quella di contrastare in maniera più decisa, stante la loro maggiore pericolosità e determinazione criminosa, l'atteggiamento di coloro che, siano essi partecipi o meno in reati associativi, si comportino da mafiosi, oppure ostentino in maniera evidente e provocatoria una condotta idonea ad esercitare sui soggetti passivi, quella particolare coartazione o quella conseguente intimidazione, propria delle organizzazioni della specie considerata. Conforme, tra le altre, Sesta Sezione, n. 41772/17, CED 271103.