RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

SESTA SEZIONE 4 MAGGIO 2018, N. 19484 RICORRENTE B. ed altri REATI CONTRO LA P.A Distrazione di denaro o altre risorse Integrazione del delitto di peculato Casi in cui, invece, ricorre il delitto di abuso d'ufficio. Il concetto di appropriazione per distrazione è ancora idoneo ad integrare il peculato atteso che l'eliminazione della parola distrazione dal testo dell'art. 314 c.p., operata dalla l. n. 86/1990, non ha determinato puramente e semplicemente il transito di tutte le condotte distrattive poste in essere dall'agente pubblico nell'area di rilevanza penale dell'abuso d'ufficio. Qualora, infatti, mediante la distrazione dei denaro o della cosa mobile altrui, tali risorse vengano sottratte da una destinazione pubblica ed indirizzate al soddisfacimento di interessi privati, propri dello stesso agente o di terzi, viene comunque integrato il delitto di peculato. La condotta distrattiva, invece, può rilevare come abuso d'ufficio nei casi in cui la destinazione del bene, pur viziata per opera dell’agente, mantenga la propria natura pubblica e non vada a favorire interessi estranei alla p.a Conforme, tra le altre, Sesta Sezione, n. 43133/17, CED 271379. SESTA SEZIONE 3 MAGGIO 2018, N. 19127 RICORRENTE S. ATTI. Revoca non formale della richiesta di archiviazione da parte del PM Ordine del G.i.p. di formulazione coatta della imputazione Atto abnorme Esclusione. L'ordine d'imputazione coatta è legittimamente formulato dal GIP ove la richiesta di archiviazione non sia formalmente revocata dal p.m. procedente. La richiesta di formulazione dell'imputazione coatta, avanzata in sede di udienza camerale dallo stesso ufficio del p.m., ha, di fatto, il significato di revoca dell'originaria istanza di archiviazione, in funzione della successiva richiesta di rinvio a giudizio, onde il GIP che abbia pronunciato ordinanza conforme a detta ultima richiesta non pone in essere alcun atto abnorme, poiché esercita il potere suo proprio. Non risultano precedenti in termini. SESTA SEZIONE 2 MAGGIO 2018, N. 18833 RICORRENTE B. DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA . Maltrattamenti Violenza assistita Configurabilità Condizioni. Il delitto di maltrattamenti può essere configurato anche nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano solo indirettamente quali involontari spettatori delle feroci liti e dei brutali scontri fra i genitori che si svolgano all'interno delle mura domestiche, cioè allorquando essi siano vittime di c.d. violenza assistita. La condotta di chi costringa minore, suo malgrado, a presenziare quale mero testimone alle manifestazioni di violenza, fisica o morale, è certamente suscettibile di realizzare un'offesa al bene tutelato dalla norma la famiglia , potendo comportare gravi ripercussioni negative nei processi di crescita morale e sociale della prole interessata. D'altronde, costituisce approdo ormai consolidato della scienza psicologica che anche bambini molto piccoli, persino i feti ancora nel grembo materno, siano in grado di percepire quanto avvenga nell'ambiente in cui si sviluppano e, dunque, di comprendere e di assorbire gli avvenimenti violenti che ivi si svolgano, in particolare le violenze subite dalla madre, con ferite psicologiche indelebili ed inevitabili riverberi negativi per lo sviluppo della loro personalità. Peraltro il delitto di maltrattamenti scaturente da una condotta riportabile alla c.d. violenza assistita, proprio perché fondato su di una relazione non diretta, ma indiretta fra il comportamento dell'agente e la vittima postula una prova rigorosa che l'agire, per un verso, sia connotato dalla c.d. abitualità per altro verso, sia idoneo ad offendere il bene giuridico protetto dall'incriminazione, id est abbia cagionato secondo un rapporto di causa-effetto uno stato di sofferenza di natura psicofisica nei minori spettatori passivi. Non risultano precedenti in termini. QUINTA SEZIONE 24 APRILE 2018, N. 18139 RICORRENTE B. MISURE CAUTELARI. Divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa Obbligo di indicazione specifica dei luoghi oggetto del divieto Insussistenza. Deve considerarsi legittima l'ordinanza che dispone, ex art. 282 ter c.p.p., oltre al divieto di avvicinamento all'abitazione e al luogo di lavoro della vittima, anche l'obbligo di mantenere una determinata distanza, in caso di incontro occasionale con la persona offesa, in quanto l'indicazione specifica nel titolo cautelare dei luoghi oggetto del divieto attiene solo a quelli in cui l'accesso è inibito in via assoluta all'indagato. La misura cautelare in questione deve contenere l'indicazione specifica dei luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa solo quando le modalità della condotta criminosa non manifestino un campo di azione che esuli dai luoghi che costituiscono punti di riferimento della propria quotidianità di vita, dovendo, invece, il divieto di avvicinamento essere riferito alla stessa persona offesa, e non ai luoghi da essa frequentati, laddove la condotta, di cui è temuta la reiterazione, si connoti per la persistente ed invasiva ricerca di contatto con la vittima, in qualsiasi luogo questa si trovi. Conformi, Sesta Sezione, n. 42021/16, CED 267898 Quinta Sezione, n. 30926/16, CED 267792.