RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE CC 23 NOVEMBRE 2016, N. 6790/17 RICORRENTE D. MISURE CAUTELARI. Misure coercitive personali – Arresti domiciliari – Sostituzione con le misure congiunte dell’obbligo di presentazione e dell’obbligo di dimora – Legittimità - Ragione. In caso di sostituzione della misura degli arresti domiciliari ex art. 299, comma secondo, cod. proc. pen. è legittima l’applicazione congiunta dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con quella dell’obbligo di dimora nel comune di residenza sempre che le misure congiuntamente applicate non determinino una condizione di maggior afflittività per l'imputato. La decisione, prendendo le mosse dalle innovazioni introdotte dalla legge n. 47 del 2015, e in particolare dall'art. 3 che ha modificato il primo periodo del comma 3 dell'art. 275, stabilendo che la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente , risultino inadeguate e dall'art. 9 che ha modificato il comma 4 dell'art. 299 cod. proc. pen. stabilendo che, fermo quanto previsto dall'art. 276, quando le esigenze cautelari risultino aggravate, il giudice, su richiesta del p.m., sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose o applica congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva , pone l’accento sulla valenza sistematica di tali modifiche e sulla necessità di privilegiare l'interpretazione che, attraverso l'ampliamento della gamma graduata delle misure cautelari adottabili, assicuri una più pregnante valorizzazione del canone dell'adeguatezza e, con essa, una migliore garanzia al principio del minor sacrificio della libertà personale di qui, dunque, la conclusione che la collocazione della modifica di cui all'art. 9 della nel corpo del solo comma 4 dell'art. 299 cod. proc. pen. non può essere di ostacolo all'applicabilità congiunta di altre misure cautelari anche nel caso di sostituzione della misura di cui al comma 2 dello stesso art. 299 cod. proc. pen. una diversa interpretazione, si aggiunge, metterebbe in luce profili di tensione della disciplina della revoca e della sostituzione delle misure già sul piano della ragionevolezza della differenziazione tra la disciplina della sostituzione per aggravamento delle esigenze cautelari arricchita dalla possibile applicazione congiunta di più misure e quella della sostituzione ex art. 299, comma 2, cod. proc. pen. che di tale possibilità non potrebbe giovarsi . SESTA SEZIONE UP 10 GENNAIO 2017, N. 5837/17 RICORRENTE O. IMPUGNAZIONI. Giudizio di legittimità - Prescrizione del reato – Mancato esercizio del dovere di verifica da parte della Corte – Ricorso straordinario – Ammissibilità. Il mancato accertamento della prescrizione del reato, fondato su un errore di fatto e non di natura valutativa, rientra tra le ipotesi di ricorso straordinario di cui all'art. 625 bis cod. proc. pen. che può condurre, ove accertato, alla revoca della pronuncia viziata da errore, ed alla decisione rescissoria conseguente anche laddove l'errore abbia riguardato non solo la corretta determinazione aritmetica del periodo da considerare, ma anche, pur in assenza di eccezioni difensive al riguardo, il mancato esercizio stesso del dovere del giudice di verificare, prima della pronuncia, l'intervento della causa estintiva, secondo quanto imposto dall'art. 129 cod. proc. pen Nel generale senso secondo cui il mancato rilievo della prescrizione costituisce errore percettivo che può dare luogo alla procedura ex art. 625 bis, cod. proc. pen., tra le altre, Sez. Un., n. 37505/11, CED 250528 e successivamente Quarta Sezione, n. 3319/14 CED 262028. Nel senso, poi, in generale, che ove è concesso un potere d'ufficio al giudice, questo non consiste in una facoltà esercitabile secondo un'insindacabile e imperscrutabile discrezionalità, bensì in un potere che diventa dovere in presenza delle condizioni di legge, del cui esercizio o mancato esercizio il giudice deve dare conto nella motivazione del provvedimento, che costituisce ad un tempo una garanzia processuale essenziale e uno dei connotati tipici della giurisdizione , Sesta Sezione, n. 32966/01, CED 220729. In motivazione la pronuncia qui segnalata ha precisato che a fronte del dovere di controllo attribuito al giudice, la dimostrazione del suo concreto svolgimento al riguardo, e l'intervenuto esercizio di un potere valutativo sul punto può essere dimostrato esclusivamente dalla motivazione, che identifica l'espressione di tale attività, poiché è l'unica locuzione che concede la possibilità di una verifica da parte dell'interessato sulle modalità di esercizio di tale potere. TERZA SEZIONE UP 04 LUGLIO 2016, N. 4916/17 RICORRENTE B. IMPUGNAZIONI. Giudizio di cassazione – Decreto di riduzione dei termini di comparizione - Mancata allegazione all’avviso di fissazione dell’udienza – Nullità- Esclusione – Ragioni. La mancata allegazione del decreto di abbreviazione dei termini ex art. 169 disp. att. cod. proc. pen. all'avviso di fissazione dell'udienza da notificarsi alle parti, non è causa di nullità dell’avviso stesso prevedendo la norma la sola menzione del provvedimento nell’avviso stesso finalizzata a consentire alle parti, laddove lo ritengano necessario, di verificare che la procedura di abbreviazione dei termini di comparizione sia stata correttamente seguita, in quanto rientra invece, certamente, nel novero delle nullità di ordine generale la mancata osservanza del termine. Vedi nel senso che la riduzione dei termini di comparizione disposta ai sensi della norma processuale citata è atto discrezionale del Presidente sulla base di quanto richiesto da una delle parti, Quinta Sezione, n. 39736/03, CED 226660 e Quinta Sezione, n. 8260/07, CED 241748. SESTA SEZIONE UP 15 DICEMBRE 2016, N. 4461/17 RICORRENTE Q. CIRCOSTANZE DEL REATO. Circostanza aggravante - Contestazione - Modalità - Specifica indicazione della norma - Necessità - Esclusione - Indicazione concreta - Sufficienza - Fattispecie. Ai fini della contestazione di una circostanza aggravante è sufficiente la precisa enunciazione in fatto della stessa, al di là della sua espressa indicazione in termini normativi, di per sé non necessaria, così che l'imputato possa avere piena cognizione degli elementi descrittivi che la integrano. L’affermazione è espressione di un consolidato principio della Corte tra le altre, da ultimo, Seconda sezione, n. 14651/2013, CED 255793 Sesta Sezione, n. 40283/12, CED 253776 Seconda Sezione, n. 47863/03, CED 227076.