RASSEGNA DELLE SEZIONI PENALI DELLA CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CC 8 MAGGIO 2013, N. 37840/13 RICORRENTE P.G. IN PROC. G. PENA. Pene accessorie – Pubblicazione della sentenza sul sito Internet del Ministero – Retroattività – Esclusione. La pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna, nella modalità consistente nella pubblicazione sul sito Internet del Ministero della giustizia ed introdotta dall’articolo 37, comma diciottesimo, l. n. 98 del 2011, modificativo dell’articolo 36, comma secondo, cod. pen., non si applica, in virtù dell’articolo 2, comma quarto, cod. pen., alle sentenza di condanna irrogate sotto il vigore della precedente normativa. La pronuncia ribadisce le conclusioni già adottate, sulla base della attinenza della modifica alla definizione del contenuto della sanzione anche con riferimento alla funzione di prevenzione e di difesa sociale che la legge affida alla pena, da Prima Sezione, n. 26900/12, CED 253085 e da Prima Sezione, n. 43071/12, inedita. QUINTA SEZIONE CC 16 GENNAIO 2013, N. 36887/13 RICORRENTE A. MISURE COERCITIVE. Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa – Individuazione di luoghi determinati – Necessità – Presupposti. La misura coercitiva del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa richiede la necessaria indicazione di luoghi determinati ove le modalità della condotta non manifestino un campo d’azione che esuli dai luoghi in cui la vittima trascorra una parte apprezzabile del proprio tempo o costituiscano punti di riferimento della propria quotidianità di vita, quali quelli indicati dall’articolo 282 bis cod. proc. pen. nel luogo di lavoro o di domicilio della famiglia di provenienza laddove, invece, la condotta abbia i connotati della persistente ed invasiva ricerca di contatto della vittima in qualsiasi luogo la stessa si trovi, diviene irrilevante l’individuazione di luoghi di abituale frequentazione della vittima, essenziale essendo il divieto di avvicinamento a quest’ultima nel corso della sua vita quotidiana ovunque essa si svolga. Già in precedenza Quinta Sezione, n. 13568/12, CED 253296-97 ha affermato che il divieto di avvicinamento previsto dall'articolo 282 ter cod. proc. pen., riferendosi alla persona offesa in quanto tale, e non solo ai luoghi da questa frequentati, esprime una precisa scelta normativa di privilegio della libertà di circolazione del soggetto passivo ovvero di priorità dell'esigenza di consentire alla persona offesa il completo svolgimento della propria vita sociale in condizioni di sicurezza, anche laddove la condotta di persistenza persecutoria non sia legata a particolari ambiti locali, con la conseguenza che il contenuto concreto della misura in questione deve modellarsi rispetto alla predetta esigenza e che la tutela della libertà di circolazione e di relazione della persona offesa non trova limitazioni nella sola sfera del lavoro, degli affetti familiari e degli ambiti ad essa assimilabili di qui la possibilità che la misura cautelare del divieto di avvicinamento, prevista dall'articolo 282 ter cod. proc. pen., contenga anche prescrizioni riferite direttamente alla persona offesa ed ai luoghi in cui essa si trovi, aventi un contenuto coercitivo sufficientemente definito nell'imporre di evitare contatti ravvicinati con la vittima, la presenza della quale in un certo luogo è sufficiente ad indicare lo stesso come precluso all'accesso dell'indagato Su una linea difforme si è invece posta Sesta Sezione, n. 26819/11, CED 250728 secondo cui il provvedimento con cui il giudice dispone, ex articolo 282-ter, cod. proc. pen., il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa deve necessariamente indicare in maniera specifica e dettagliata i luoghi oggetto del divieto, perché solo in tal modo il provvedimento assume una conformazione completa, che ne consente l'esecuzione ed il controllo delle prescrizioni funzionali al tipo di tutela che si vuole assicurare. SESTA SEZIONE UP 9 APRILE 2013, N. 36210/13 RICORRENTE P.G. IN PROC. M. MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA . Verbale di sequestro - Utilizzabilità – Fattispecie. Il verbale di sequestro, contenendo la descrizione della situazione di fatto esistente in un preciso momento e suscettibile di modificazione successiva, deve essere annoverato tra gli atti non ripetibili ed inserito nel fascicolo per il dibattimento dovendo del medesimo essere data lettura ex articolo 511 cod. proc. pen. Ne consegue che il giudice può legittimamente utilizzare come prova il contenuto del documento in tutta la sua estensione e con riferimento sia alla individuazione dello stato dei luoghi e cose sia alle dichiarazioni rese per queste ultime, tuttavia, trova applicazione il secondo comma dell’articolo 511 cit. con la possibilità di lettura solo dopo l’esame della persona, tranne sia impossibile procedervi. Fattispecie di sequestro di coltivazione di canapa indiana nel quale si faceva riferimento all’accertamento tecnico effettuato sulle piantine . In precedenza, nel senso che, poiché il sequestro rientra nella categoria degli atti irripetibili in quanto tipico atto di margine a sorpresa, il relativo verbale può essere inserito nel fascicolo dibattimentale ai sensi dell'articolo 431 cod. proc. pen. ed essere utilizzato quale fonte di prova a norma dell’articolo 511, comma primo, cod. proc. pen, Terza Sezione, n. 3593/96, CED 204954. Nel senso poi che i verbali degli atti irripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria, tra cui il verbale di sequestro, pur dovendo essere acquisiti al fascicolo del dibattimento costituiscono però elemento di prova solo con riferimento all'attività irripetibile svolta e ai provvedimenti adottati, Terza Sezione, n. 35376/07, CED 237404. SESTA SEZIONE UP 25 GIUGNO 2013, N. 34083/13 RICORRENTE L. INDAGINI PRELIMINARI. Arresto in flagranza – Avviso all’arrestato della facoltà di nominare un difensore – Omissione – Nullità – Esclusione. L'inosservanza, da parte della polizia giudiziaria, del dovere di avvertire l'arrestato o il fermato della facoltà di nominare un difensore di cui all'articolo 386 cod. proc. pen., non essendo sanzionata sul piano processuale, non determina alcuna forma di invalidità o di inefficacia dell'atto. La pronuncia ribadisce il principio già affermato da Seconda Sezione, n. 43063/03, CED 226920.