RASSEGNA DELLA CASSAZIONE PENALE

QUARTA SEZIONE UP 2 FEBBRAIO 2012, N. 4927/12 RICORRENTE A. CIRCOLAZIONE STRADALE. Guida in stato di ebbrezza – Lavoro di pubblica utilità – Modalità di svolgimento – Individuazione – Spetta al giudice. In tema di sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con la sanzione del lavoro di pubblica utilità per il reato di guida in stato di ebbrezza ex articolo 186, comma nono bis, cod. strad. come introdotto dall’articolo 33 della l. n. 120 del 2010, spetta al giudice determinare le modalità di esecuzione dello stesso, sicché deve ritenersi illegittimo il provvedimento di rigetto della istanza di sostituzione sul presupposto del mancato assolvimento di tali oneri da parte dell’imputato. L’assunto appare discendere da un’attenta ricostruzione delle caratteristiche dell’istituto della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità disciplinato dall’articolo 186, comma nono bis, cod. strad., non del tutto sovrapponibili a quelle dell’analogo istituto già presente nell’articolo 54 del d. lgs. n. 274 del 2000 in particolare, oltre a richiamare quanto già previsto dall’articolo 3 del d.m. 26 marzo 2001 di determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità di cui al predetto articolo 54 secondo cui con la sentenza di condanna con la quale viene applicata la pena del lavoro di pubblica utilità, il giudice individua il tipo di attività, nonché l’amministrazione, l’ente o l’organizzazione convenzionati presso il quale deve essere svolta”, la Corte evidenzia altresì il fatto che lo stesso comma nono bis dispone che la pena può essere sostituita se non vi è opposizione da parte dell’imputato”, senza che, dunque, neppure con riguardo all’an della applicazione, incomba sull’imputato alcun onere. La decisione parrebbe peraltro porsi in difformità rispetto alla pronuncia della Quarta Sezione, n. 31145/11, CED 250908, secondo cui, invece, laddove la richiesta venisse formulata, in concreto, dall’imputato, spetterebbe a questi, onde evitare il rigetto della stessa per indeterminatezza, il compito di individuare specificamente le modalità di espiazione della pena attraverso la presentazione di un progetto di svolgimento del lavoro sostitutivo. SESTA SEZIONE UP 31 GENNAIO 2012, N. 3881/12 RICORRENTE D. DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA. Condotte di cui ai commi primo e secondo dell’articolo 570 cod. pen. – Continenza – Esclusione – Concorso di reati. Le condotte di mancata assistenza morale e di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, previste, rispettivamente, nel primo e secondo comma dell'articolo 570 cod. pen., non sono in rapporto di continenza o di progressione criminosa, ma sono del tutto eterogenee nella loro storicità e nella loro considerazione sociale, sicché concorrono tra loro. La pronuncia ribadisce la recente affermazione di cui alla sentenza della Sesta Sezione, n. 3016/11, CED 249210. Nel senso, invece, che le diverse ipotesi previste dall'articolo 570 cod. pen. non configurano una pluralità di reati distinti, ma, pur nella varietà dei fatti incriminabili, si riferiscono ad un unico titolo di reato, avente come contenuto fondamentale tipico l'inosservanza cosciente e volontaria dei vari obblighi di assistenza familiare scaturenti dal vincolo matrimoniale e dal rapporto di parentela, Sesta Sezione, n. 479/92, CED 188949 su questa stessa linea va ricordata la risalente pronuncia di Sesta Sezione, n. 6232/73, CED 124928, con cui si è a suo tempo precisato che nell'art 570 cod. pen. sono previste due diverse ipotesi, di cui la prima relativa alla violazione degli obblighi di assistenza morale, e la seconda alla mancata assistenza materiale, che, se pur distinte tra loro, costituiscono sempre il medesimo reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare a ciò conseguirebbe, dunque, che l'agente, quando commette sia fatti previsti dalla prima parte, sia fatti previsti dal capoverso dell'articolo 570, commette un solo reato ed è punibile con la sanzione stabilita per la più grave forma dell'unico reato. SESTA SEZIONE CC 12 GENNAIO 2012, N. 429/12 RICORRENTE M. ED ALTRO INDAGINI PRELIMINARI. Decreto di archiviazione – Contestuale ordine al P.M. di formulare l’imputazione per fatto non oggetto della notitia criminis - Abnormità – Sussistenza. E’ abnorme l’ordine, impartito dal Gip al P.M. in sede di decreto di archiviazione, di formulazione dell’imputazione in relazione ad un fatto non oggetto della notitia criminis nella specie, per il reato di calunnia conseguente alla ravvisata insussistenza del fatto archiviato” esorbitando lo stesso dalla funzione di controllo che il giudice svolge in sede di archiviazione, ovvero quello di impedire l’elusione del precetto che impone al P.M. di esercitare l’azione penale, nei casi in cui il processo non appaia superfluo, funzione pur sempre circoscritta, infatti, al fatto materiale per cui si procede. La pronuncia muove dal presupposto che, pur investendo il sindacato del giudice in sede di archiviazione l’integralità dei risultati di indagine, sicché, una volta formulata la richiesta da parte del P.M., il thema decidendum è rappresentato non già dalla specifica domanda” a lui rivolta bensì dall’apprezzamento globale della esaustività o meno delle risultanze delle indagini al fine di legittimare l’inazione del P.M., tale sindacato non può tuttavia estendersi sino a considerare fatti non oggetto della notitia criminis. Di qui, dunque, ben diversamente da altri casi, contrassegnati dalla medesimezza del fatto materiale valutato ad esempio, ordine di iscrizione nel registro delle notizie di reato di altri soggetti mai prima indagati, ovvero ordine di formulazione dell’imputazione per il medesimo fatto ma in relazione ad altro titolo di reato , la qualifica dell’atto come abnorme effettuata nella specie dalla Corte. QUINTA SEZIONE CC 15 DICEMBRE 2011, N. 2982/12 RICORRENTE P.G. IN PROC. J. PROCEDIMENTI SPECIALI. Procedimento per decreto – Diversa qualificazione del fatto da parte del Gip– Restituzione degli atti al P.M. – Necessità – Proscioglimento per il fatto contestato – Abnormità. E’ abnorme, e conseguentemente ricorribile per cassazione, la sentenza del Gip che, investito di richiesta di decreto penale, ravvisando una diversa qualificazione giuridica del fatto, in luogo di limitarsi a restituire gli atti al P.M., pronunci anche sentenza di proscioglimento in ordine al reato contestato, dando luogo, in tal modo, all’effetto preclusivo di cui all’articolo 649 cod. proc. pen. La Corte richiama, a fondamento dell’obbligo per il Gip di limitarsi alla restituzione degli atti, l’articolo 459, comma terzo, cod. proc. pen. Nel senso che al Gip, che proceda a restituire gli atti, è precluso altresì, sempre al fine di evitarsi la formazione della preclusione all’esercizio dell’azione penale, di pronunciare sentenza in ordine al fatto diversamente qualificato, si veda Prima Sezione, n. 47515/03, CED 226468. Va invece ricordato che, secondo Sesta Sezione, n. 8652/93, CED 195282, l'articolo 459, comma terzo, cod. proc. pen., consente al Gip che non abbia accolto la richiesta di emissione del decreto di restituire gli atti al P.M. solo quando non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento qualora, viceversa, sussistano le condizioni previste dall'articolo 129 cod. proc. pen. in relazione al reato per il quale la richiesta è stata avanzata, il giudice deve pronunciare sentenza di proscioglimento anche se individua, nella fattispecie, la sussistenza di un reato diverso.