RASSEGNA DELLA CASSAZIONE PENALE

di Gastone Andreazza PRIMA SEZIONE UP 27 SETTEMBRE 2011, numero 36779/11 RICORRENTE M. REATI CONTRO L'ORDINE PUBBLICO. Molestie o disturbo alle persone - Invio di posta elettronica - Configurabilità del reato - Esclusione. Non integra il reato di cui all'articolo 660 cod. pen. l'invio di numerosi messaggi di posta elettronica di carattere molesto posto che l'utilizzo di un tale mezzo non pone in essere alcuna immediata interazione tra mittente e destinatario né provoca alcuna forzata intrusione diretta del primo nelle attività del secondo, salvo che detti messaggi vengano ricevuti, non importa se con modalità sincroniche o asincroniche, dal destinatario col mezzo del telefono fisso o mobile, atteso che, in tal caso, al carattere invasivo della comunicazione non ci si può sottrarre se non dismettendo l'uso dell'apparecchio. La pronuncia, riportandosi al principio già espresso da Prima Sezione, n. 24510/10, CED 247558, secondo cui, appunto, non integra il reato di molestia o disturbo alla persona col mezzo del telefono l'invio di un messaggio di posta elettronica che provochi turbamento o fastidio nel destinatario, prende tuttavia atto anche delle nuove tecnologie che consentono la trasmissione e la ricezione anche dei messaggi di posta elettronica diversa è quindi l'ipotesi che le mail vengano ricevute tramite computer era questo il caso concreto esaminato dalla Corte , posto che in tal caso nessuna forzata intrusione vi sarebbe potendo le stesse essere lette allorquando il destinatario decida di aprire la posta elettronica, rispetto all'ipotesi che le mail vengano ricevute per mezzo del telefono, posto che in tal caso non vi sarebbe per il destinatario nessuna possibilità di sottrarsi ad un'immediata interazione con il mittente. Resta peraltro da stabilire, sotto il profilo, evidentemente, della presenza o meno dell'elemento psicologico del reato, quale rilievo possa essere assegnato al fatto che il mittente possa non avere consapevolezza del tipo di mezzo ed in particolare, per quanto detto, del telefono utilizzato dal destinatario per ricevere la posta elettronica nel senso che ai fini dell'elemento soggettivo del reato di cui all'articolo 660 cod. pen. sono necessarie la coscienza e volontà della condotta, si veda, tra le altre, Prima Sezione, n. 4053/03, CED 226992 . SESTA SEZIONE CC 23 SETTEMBRE 2011, numero 36451/11 RICORRENTE P.G. IN PROC. Z. SICUREZZA PUBBLICA. Stranieri - Ingiustificata inosservanza dell'ordine del Questore di allontanamento ex articolo 14, comma 5 quater d. lgs. n. 286 del 1998 - Nuova disposizione ex d. l. n. 89 del 2011 - Continuità normativa con la precedente fattispecie - Esclusione - Conseguenze. La nuova previsione di ingiustificata inosservanza dell'ordine di allontanamento del questore di cui all'articolo 14, comma 5 quater , del d.lgs. n. 286 del 1998, come introdotta dall'articolo 3 del d.l. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni nella l. 2 agosto 2011, n. 129 non si pone in continuità normativa con la precedente disposizione, dando luogo invece ad una nuova incriminazione, applicabile in quanto tale solo ai fatti verificatisi dopo l'entrata in vigore della normativa sopra citata. Come si ricorderà, la giurisprudenza della Corte si è recentemente più volte pronunciata nel senso che la condotta di ingiustificata inosservanza dell'ordine di allontanamento del Questore, sia in relazione al reato di cui all'articolo 14, comma quinto ter, sia in relazione al reato di cui all'articolo 14, comma quinto quater, non è più prevista dalla legge come reato, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 28 aprile 2011, El Dridi, che ha affermato l'incompatibilità della disciplina interna con la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008. Nel frattempo il legislatore è intervenuto provvedendo a modificare, con l'articolo 3 del d.l. n. 89 del 2011, convertito con modificazioni nella l. n. 129 del 2011, sia l'articolo 14, comma quinto ter, del predetto d. lgs, sia l'articolo 14 comma quinto quater. Con le pronunce qui segnalate la Corte rileva che nessuna continuità normativa tra la precedente normativa e quella appena menzionata può prospettarsi non solo per il distacco temporale intercorso tra data della direttiva e data delle nuove disposizioni, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia della condotta richiesta per integrare i due illeciti. SESTA SEZIONE CC 23 SETTEMBRE 2011, numero 36446/11 RICORRENTE P.G. IN PROC. I. SICUREZZA PUBBLICA. Stranieri - Ingiustificata inosservanza dell'ordine di allontanamento del Questore ex articolo 14, comma 5 ter d. lgs. n. 286 del 1998 - Nuova disposizione ex d.l. n. 89 del 2011 - Continuità normativa con la precedente fattispecie - Esclusione - Conseguenze . La nuova previsione di ingiustificata inosservanza dell'ordine di allontanamento del questore di cui all'articolo 14, comma 5 ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, come introdotta dall'articolo 3 del d.l. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni nella l. 2 agosto 2011, n. 129 non si pone in continuità normativa con la precedente disposizione, dando luogo invece ad una nuova incriminazione, applicabile in quanto tale solo ai fatti verificatisi dopo l'entrata in vigore della normativa sopra citata. -- SESTA SEZIONE CC 22 SETTEMBRE 2011, numero 36265/11 RICORRENTE L. MISURE COERCITIVE. Criterio di adeguatezza - Scelta delle misure - Conseguenze - Fattispecie. In tema di misure cautelari personali il criterio di adeguatezza di cui all'articolo 275, comma primo, cod. proc. pen., dando corpo al principio del minore sacrificio necessario , impone al giudice di scegliere motivatamente la misura meno affittiva tra quelle astrattamente idonee a tutelare le esigenze cautelari ravvisabili nella specie. Fattispecie di annullamento con rinvio dell'ordinanza che, in relazione al reato di maltrattamenti, aveva disposto la misura del divieto di dimora nell'intero territorio urbano della città di Palermo senza adeguata motivazione di tale particolare estensione del divieto a fronte, da un lato, del ristretto ambito spaziale ordinariamente frequentato dalla persona offesa e, dall'altro, delle in tal modo procurate impossibilità di utile espletamento di un'attività lavorativa da parte dell'imputato e separazione dal proprio nucleo familiare . La pronuncia, non nuova sotto il profilo della necessità di bilanciare, all'atto dell'adozione di misura personale, le esigenze cautelari con le contrapposte esigenze di vita costituzionalmente protette, richiama la recente decisione della Corte costituzionale che, dichiarando illegittimo l'articolo 275, comma terzo, cod. proc. pen. nella parte in cui ha previsto, per il delitto di cui all'articolo 74 del d. P. R. 9 ottobre 1990, n. 309, l'applicazione della custodia cautelare in carcere, senza far salva l'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure, ha ribadito il principio del minore sacrificio necessario evidenziando appunto che la compressione della libertà personale deve essere contenuta entro i limiti indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto. TERZA SEZIONE UP 7 GIUGNO 2011, numero 35858/11 RICORRENTE F. ED ALTRO REATI TRIBUTARI. Reato di omessa dichiarazione - Determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa - Onere accertativo del giudice - Limiti. In tema di reato di omessa dichiarazione ai fini dell'evasione dell'imposta sui redditi, spetta al giudice penale, in relazione all'avvenuto superamento o meno della soglia di punibilità di legge, la determinazione dell'imposta evasa sempre che gli elementi in atti lo consentano. Nella specie la Corte ha rigettato il ricorso con cui si sosteneva che i giudici del merito erano pervenuti alla affermazione di responsabilità considerando unicamente i ricavi dell'attività svolta e non anche i costi e ha condiviso l'assunto secondo cui tale ultimo accertamento non era possibile poiché gli stessi imputati non avevano addotto alcun costo sulla base della mancanza di documentazione contabile . In precedenza si è affermato che, in relazione appunto al reato di cui all'articolo 5 del d. lgs. n. 74 del 2000, spetta al giudice penale la determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa procedendo d'ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto Terza Sezione, n. 5490/09, CED 243089 anche Terza Sezione, n. 21213/08, CED 239984 . Nella pronuncia qui segnalata si evidenzia che ove l' impossibilità di calcolare l'imposta evasa fosse conseguente al solo fatto della mancanza di contabilità, l'omessa tenuta di quest'ultima, sanzionata penalmente, finirebbe, in realtà, per risolversi in un inammissibile vantaggio posto che, in tal modo, non si potrebbe mai provare il superamento della soglia di punibilità.