RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZ. LAVORO 1 MARZO 2021, N. 5540 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - OBBLIGO DI FEDELTA' - DIVIETO DI CONCORRENZA - PATTO DI NON Disciplina limitatrice - Pattuizione del corrispettivo - Requisiti - Determinatezza o determinabilità - Necessità - Manifesta iniquità o sproporzione - Rilevanza - Fondamento - Conseguenze - Nullità del patto - Configurabilità. Al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza, in riferimento al corrispettivo dovuto, si richiede, innanzitutto, che, in quanto elemento distinto dalla retribuzione, lo stesso possieda i requisiti previsti in generale per l'oggetto della prestazione dall'art. 1346 c.c. se determinato o determinabile, va verificato, ai sensi dell'art. 2125 c.c., che il compenso pattuito non sia meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato, conseguendo comunque la nullità dell'intero patto alla eventuale sproporzione economica del regolamento negoziale. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 9790/2020 per la quale, al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza previsto dall'art. 2125 c.c., occorre osservare i seguenti criteri a il patto non deve necessariamente limitarsi alle mansioni espletate dal lavoratore nel corso del rapporto, ma può riguardare qualsiasi prestazione lavorativa che possa competere con le attività economiche svolte dal datore di lavoro, da identificarsi in relazione a ciascun mercato nelle sue oggettive strutture, ove convergano domande e offerte di beni o servizi identici o comunque parimenti idonei a soddisfare le esigenze della clientela del medesimo mercato b non deve essere di ampiezza tale da comprimere la esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in termini che ne compromettano ogni potenzialità reddituale c quanto al corrispettivo dovuto, il patto non deve prevedere compensi simbolici o manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato. In argomento si veda altresì Cassazione 8715/2017 per la quale deve ritenersi illegittima la clausola di opzione, accedente al patto di non concorrenza, che il lavoratore attribuisce al datore di lavoro a fronte di un corrispettivo per la formazione professionale ricevuta, in quanto tale formazione costituisce già la causa del contratto di lavoro subordinato stipulato, sicché quella clausola determina un’illecita sperequazione della posizione delle parti nell'ambito dell'assetto negoziale e la violazione della natura contrattuale dell’opzione. SEZ. LAVORO 2 MARZO 2021, N. 5651 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - CONTRATTO COLLETTIVO - DISCIPLINA EFFICACIA - DURATA - ULTRATTIVITA' - SUCCESSIONE DI CONTRATTI Rapporti tra contrattazione collettiva e contrattazione aziendale – Autonomia – Indipendenza dei fatti costitutivi ed estintivi di ciascun contratto – Fattispecie. Il rapporto fra contratti collettivi di diverso ambito territoriale nella specie, provinciale e aziendale è improntato al principio dell'autonomia, in virtù del quale l'effettiva volontà delle parti sociali dev'essere desunta attraverso il coordinamento delle diverse disposizioni delle fonti collettive, aventi tutte pari dignità e forza vincolante, con la conseguenza che i rispettivi fatti costitutivi ed estintivi non interagiscono, rispondendo ciascuna disciplina a regole proprie in ragione dei diversi agenti contrattuali e del loro diverso ambito territoriale. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, in applicazione della disciplina collettiva provinciale, aveva disposto la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro di un operaio agricolo che era stato impiegato per più di 180 giorni nell'anno solare, ritenendo che tale esito non confliggesse con la previsione della contrattazione aziendale, secondo cui il datore era tenuto a garantire al lavoratore, nei primi dodici mesi di attività, almeno 51 giornate lavorative con un contratto di durata semestrale, e nei successivi dodici mesi almeno 180 giornate, da calcolarsi all'interno dell'anno solare . In argomento si veda Cassazione 12098/2010 per la quale il contrasto fra contratti collettivi di diverso ambito territoriale nella specie, nazionale e regionale va risolto non in base a principi di gerarchia e di specialità proprie delle fonti legislative, ma sulla base della effettiva volontà delle parti sociali, da desumersi attraverso il coordinamento delle varie disposizioni della contrattazione collettiva, aventi tutte pari dignità e forza vincolante, sicché anche i contratti territoriali possono, in virtù del principio dell'autonomia negoziale di cui all'art. 1322 cod. civ., prorogare l'efficacia dei contratti nazionali e derogarli, anche in pejus senza che osti il disposto di cui all'art. 2077 cod. civ., fatta salva solamente la salvaguardia dei diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori, che non possono ricevere un trattamento deteriore in ragione della posteriore normativa di eguale o diverso livello. Analogo principio è affermato da Cassazione 19351/2007 per la quale, dalla reciproca autonomia delle discipline contrattuali nazionali ed aziendali, consegue che, seppure il trattamento economico e normativo dei singoli lavoratori è nella sua globalità costituito dall'insieme delle pattuizioni dei due diversi livelli contrattuali, la disciplina nazionale e quella aziendale, egualmente espressione dell'autonomia privata, si differenziano tra di loro per la loro distinta natura e fonte negoziale con la conseguenza che i rispettivi fatti costitutivi ed estintivi non interagiscono, rispondendo ciascuna disciplina a regole proprie in ragione dei diversi agenti contrattuali e del loro diverso ambito territoriale.