RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZ. LAVORO SENTENZA DEL13 GENNAIO 2021, N. 446 IMPIEGO PUBBLICO ACCESSO AI PUBBLICI IMPIEGHI IN GENERE IN GENERE . Pubblico impiego privatizzato Successione abusiva di contratti di somministrazione a termine Conversione in rapporto a tempo indeterminato Esclusione Danno da precarizzazione Danno presunto Liquidazione Criteri Adeguatezza Contrasto con la direttiva 2008/104/CE Esclusione Fattispecie. In materia di pubblico impiego privatizzato, nell'ipotesi di illegittima o abusiva successione di contratti di somministrazione dilavoroa termine, pur essendo esclusa, ai sensi dell'art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell'art. 86, comma 9, del d.lgs. n. 276 del 2003, la trasformazione in un rapporto a tempo indeterminato, si verifica in ogni caso la sostituzione della pubblica amministrazione-utilizzatrice nel rapporto dilavoroa termine e illavoratoreha diritto al risarcimento del danno parametrato alla fattispecie di portata generale di cui all'art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come danno comunitario , determinato tra un minimo e un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto. Tale disciplina appare conforme allo scopo della direttiva 2008/104/CE, la quale, secondo l'interpretazione datane dalla Corte di Giustizia sentenza del 14 ottobre 2020 in causa C-681/18 , è finalizzata a far sì che gli Stati membri si adoperino affinché illavorotramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per uno stessolavoratore. Principio affermato in una fattispecie in cui, essendosi concluso il rapporto dopo l'entrata in vigore della direttiva n. 2008/104/CE, ma prima della scadenza del termine fissato per la sua trasposizione nell'ordinamento interno, la S.C. ha affermato che il giudice nazionale era tenuto ad applicare il diritto interno, ma senza poterne dare un'interpretazione difforme dagli obiettivi della direttiva . In materia di pubblico impiego privatizzato, si veda Cassazione 10999/2020 per la quale l'abusiva reiterazione di contratti a termine con il medesimo lavoratore produce una situazione di incertezza sulla stabilità occupazionale, definito danno cd.daprecarizzazione, che lede la dignità della persona, quale diritto inviolabile, di cui è proiezione anche il diritto al lavoro in quanto tale, riconosciuto nel diritto interno dagli artt. 2 e 4Cost, e nel dirittoeurounitariodagli artt. 1 e 15 della cd. Carta di Nizza. In argomento si veda anche Cassazione 992/2019 per la quale nell'ipotesi di illegittima o abusiva successione di contratti di somministrazione di lavoro a termine, il lavoratore pubblico ha diritto in conformità con il canone di effettività della tutela giurisdizionale affermato dalla Corte di Giustizia UE ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13 e con i principi enunciati dalle Sezioni Unite della S.C. nella sentenza n. 5072 del 2016 a proposito della abusiva reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato al risarcimento del danno parametrato alla fattispecie di portata generale di cui all'art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come danno comunitario , determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, che non può farsi comunque derivare dalla perdita del posto , in assenza di un'assunzione tramite concorso ex art. 97Cost. SEZ. LAVORO SENTENZA 13 GENNAIO 2021, N. 438 LAVORO-LAVOROSUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DILAVOROAUTONOMO, DISTINZIONI TRASFERIMENTO D'AZIENDA IN GENERE. Azione dellavoratoreper l'accertamento del rapporto dilavoronei confronti del cedente Integrazione del contraddittorio nei confronti del cessionario Necessità Esclusione Fondamento Accertamento negativo dell'altro rapporto senza efficacia di giudicato Fondamento. In caso di trasferimento di azienda o di un suo ramo, nel giudizio promosso dallavoratoreper affermare l'esistenza del rapporto lavorativo con il datore dilavorocedente, e negare quello con il cessionario, non sussiste litisconsorzio necessario tra cedente e cessionario, in quanto illavoratorenon deduce in giudizio un rapporto plurisoggettivo, né alcuna situazione di contitolarità, ma tende a conseguire un'utilità rivolgendosi ad una sola persona, ossia il vero datore dilavoro in tal caso, l'accertamento negativo dell'altro rapporto avviene senza efficacia di giudicato e l'eventuale contrasto tra giudicati è bilanciato dalle esigenze di economia e speditezza processuale, ostacolate dalla presenza di un'altra parte nel giudizio. In senso conforme alla massima in rassegna si è espressa Cassazione 11420/2018 per la quale in caso di trasferimento di azienda o di un suo ramo, nel giudizio promosso dal lavoratore illegittimamente licenziato prima della vicenda traslativa sussiste la legittimazione passiva del cedente che ha intimato il recesso, la cui posizione, in tema di responsabilità, non è inscindibile da quella del cessionario, che, tuttavia, può essere chiamato in causa dal cedente, in quanto soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dal lavoratore, con effetto di estensione automatica della domanda nei suoi confronti.In argomento si veda Cassazione 4130/2014 per la quale il rapporto di lavoro del lavoratore, illegittimamente licenziato prima del trasferimento di azienda, continua con il cessionario dell'azienda qualora, per effetto della sentenza intervenuta tra le parti originarie del rapporto, il recesso sia stato annullato, senza che rilevi l'anteriorità del recesso rispetto al trasferimento d'azienda, salva la possibilità per il cessionario, convenuto in giudizio ai sensi dell'art. 2112 cod. civ., di opporre le eccezioni relative al rapporto di lavoro, alle modalità della sua cessazione o alla tutela applicabile al cedente avverso il licenziamento, a prescindere dalle difese spiegate da quest'ultimo e dalla formazione del giudicato nei suoi confronti ed in favore del lavoratore. SEZIONE LAVORO SENTENZA DEL 14 GENNAIO 2021, N. 522 PROCEDIMENTO CIVILE TERMINI PROCESSUALI IN GENERE. Prospectiveoverruling Nozione Nuovo indirizzo giurisprudenziale di interpretazione di norme sostanziali -Invocabilità Esclusione Fondamento Fattispecie. Il prospectiveoverruling garantisce alla parte il diritto di azione e di difesa, neutralizzando i mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo, imponendo di ritenere produttivo di effetti l'atto di parte posto in essere con modalità e forme ossequiose dell'orientamento dominante al momento del compimento dell'atto stesso, ma poi ripudiato. Non è invocabile, quindi, per il caso di mutamenti giurisprudenziali che riguardino norme sostanziali, perché in detta ipotesi non è precluso alla parte il diritto di azione ed al giudice il potere di dirimere la controversia. In applicazione del principio innanzi richiamato, la S.C. ha negato che il mutamento di orientamento della giurisprudenza di legittimità che, con riguardo all'obbligo di repechage , non ha più ritenuto necessaria l'allegazione dei posti disponibili da parte dellavoratore, concreti una ipotesi di overruling . La massima in rassegna fa applicazione del principio di diritto già sancito da Sezioni Unite 4135/2019 per le qualiil prospectiveoverruling è finalizzato a porre la parte al riparo dagli effettiprocessuali pregiudizievoli nullità, decadenze, preclusioni, inammissibilità di mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo sterilizzandoli, così consentendosi all'atto compiuto con modalità ed in forme ossequiose dell'orientamento giurisprudenziale successivamente ripudiato, ma dominante al momento del compimento dell'atto, di produrre ugualmente i suoi effetti, mentre non è invocabile nell'ipotesi in cui il nuovo indirizzo giurisprudenziale di legittimità sia ampliativo di facoltà e poteri processuali che la parte non abbia esercitato per un'erronea interpretazione delle norme processuali in sensoautolimitativo, non indotta dalla giurisprudenza di legittimità, derivando l'effetto pregiudizievole direttamente ed esclusivamente dall'errore interpretativo della parte.In argomento si veda anche Cassazione 23834/2020 per la quale la pronuncia delle Sezioni Unite che componga il contrasto sull'interpretazione di una norma processuale non configura un'ipotesi di overruling avente il carattere di imprevedibilità e, di conseguenza, non costituisce presupposto per la rimessione in termini della parte che sia incorsa nella preclusione o nella decadenza.In senso conforme si veda anche Cassazione 13522/2017 secondo cuila pronuncia delle Sezioni Unite che, componendo il contrasto sull'interpretazione di una norma processuale, opti per la conferma dell’orientamento prevalente, in applicazione del quale derivi, in danno di una parte, una decadenza o una preclusione che sarebbe invece esclusa alla stregua dell’orientamento minoritario, non configura un'ipotesi di overruling”avente il carattere di imprevedibilità e, di conseguenza, non costituisce presupposto per la rimessione in termini della parte che sia incorsa nella preclusione o nella decadenza. SEZ. LAVORO SENTENZA DEL 18 GENNAIO 2021, N. 702 LAVORO-LAVOROSUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DILAVOROAUTONOMO, DISTINZIONI COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DURATA DEL RAPPORTO A TEMPO DETERMINATO IN GENERE. Indennità ex art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010 Riferimento temporale Periodo compreso fra la scadenza del termine e il provvedimento giudiziale contenente l'ordine di ricostituzione del rapporto dilavoro Conseguenze Risarcimento del danno secondo i criteri ordinari Spettanza Dal momento di emanazione del predetto provvedimento giudiziale Fondamento Fattispecie. L'indennità di cui all'art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, come autenticamente interpretato dall'art. 1, comma 13, della l. n. 92 del 2012, ristora per intero il pregiudizio subito dallavoratorerelativamente al periodo compreso fra la scadenza del termine apposto al contratto e la pronuncia del provvedimento contenente l'ordine giudiziale di ricostituzione del rapporto, con la conseguenza che il risarcimento del danno secondo gli ordinari criteri, che presuppone il persistente inadempimento del datore all'obbligo di ripristino del rapporto a seguito dell'ordine in questione, spetta allavoratoresolo dal momento di emanazione di detta pronuncia, la quale elimina ogni incertezza circa la sussistenza dell'obbligo datoriale di riammissione dellavoratoremedesimo in servizio. Nella specie, il giudice di merito aveva emesso declaratoria di accertamento della nullità del termine con conseguente riconoscimento di un rapporto dilavoroa tempo indeterminato, senza ordinarne attesa la ritenuta estinzione del rapporto stesso al momento di emanazione della pronunzia la ricostituzione, invece disposta, a seguito del giudizio di legittimità, con sentenza del giudice del rinvio, contenente altresì la condanna del datore al pagamento dell'indennità per il periodo compreso tra la scadenza del termine e la sentenza la S.C., nel rigettare il ricorso dellavoratore, ha ritenuto che il risarcimento secondo i criteri ordinari fosse dovuto per il periodo successivo alla predetta sentenzadel giudice del rinvio, poiché solo con la stessa era stata ordinata la ricostituzione del rapporto dilavoro . Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 16052/2019 per la quale in tema di contratti di lavoro a tempo determinato, nell'ipotesi di cessazione del rapporto prima della scadenza del termine nullo, va escluso il riconoscimento, in favore del lavoratore che abbia conseguito la declaratoria di conversione in contratto di lavoro a tempo indeterminato, dell'indennità ex art. 32 della legge n. 183 del 2010, poiché quest'ultima spetta solo per il periodo cosiddetto intermedio , ossia quello compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.In argomento si veda anche Cassazione 8385/2019 per la qualela sentenza che accerta la nullità della clausola appositiva del termine e ordina la ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto, cui è connesso l'obbligo del datore di riammettere in servizio il lavoratore, ha natura dichiarativa e non costitutiva ne consegue che la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera con effetto extunc dalla illegittima stipulazione del contratto a termine sicché non è configurabile un recesso datoriale intervenuto antetempus in costanza di un rapporto di lavoro a tempo determinato , mentre l'indennità di cui all'art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010 ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, per il periodo fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro. SEZ. LAVORO SENTENZA DEL 20 GENNAIO 2021, N. 944 LAVORO-LAVOROSUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DILAVOROAUTONOMO, DISTINZIONI RETRIBUZIONE DETERMINAZIONE SCATTI DI ANZIANITA' MINIMI SALARIALI. Retribuzione applicabile ex art. 36Cost. Determinazione Rapporti non tutelati da contratto collettivo Disciplina collettiva adottata come parametro di raffronto Limiti Minimo costituzionale Rilevanza Altri istituti contrattuali Esclusione. In tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell'art. 36Cost.,il giudice, per i rapporti non tutelati da contratto collettivo, può utilizzare, quale parametro di raffronto, la retribuzione tabellare prevista dal contratto nazionale del settore corrispondente a quello dell'attività svolta dal datore dilavoroovvero, in mancanza, da altro contratto che regoli attività affini e prestazioni lavorative analoghe, dovendo considerare le sole componenti integranti il cd.minimocostituzionale anche con riguardo alle imprese di non rilevanti dimensioni -, con esclusione delle voci retributive legate all'autonomia contrattuale, come ad esempio i compensi aggiuntivi, gli scatti di anzianità e la quattordicesima mensilità. In argomento si veda Cassazione 17421/2018 per la quale ai fini del giudizio di adeguatezza della retribuzione dei lavoratori subordinati ai princìpi di proporzionalità e sufficienza, la valutazione deve essere compiuta sulla base del solo art. 36Cost., che costituisce parametro esterno al contratto, restando irrilevanti sia la disciplina economica prevista dalla contrattazione collettiva nazionale, ancorché più favorevole, sia l'eventuale disparità di trattamento tra lavoratori della medesima posizione.Per Cassazione 26953/2016 ai fini del giudizio circa l'adeguatezza della retribuzione ai sensi dell'art. 36Cost., il giudice del merito deve accertare la natura e l'entità qualitativa e quantitativa delle prestazioni lavorative del dipendente, nonché le effettive esigenze del medesimo edella sua famiglia per un'esistenza libera e dignitosa a tale scopo, può fare riferimento, come espressione parametrica delle condizioni di mercato, al contratto collettivo di categoria, ove questo non sia direttamente applicabile, o ad altro contratto che concerna prestazioni lavorative affini o analoghe.