RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO SENTENZA 22 SETTEMBRE 2020 N. 19846 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - SUBORDINAZIONE - SANZIONI DISCIPLINARI. Procedimento disciplinare - Difese del lavoratore - Richiesta di audizione, nel rispetto del termine di cinque giorni ex art. 7 st.lav., successiva alla presentazione di giustificazioni scritte - Obbligo datoriale di audizione - Sussistenza - Fondamento. In tema di procedimento disciplinare, nel caso in cui il lavoratore, dopo avere presentato giustificazioni scritte senza formulare alcuna richiesta di audizione orale, avanzi tale richiesta successivamente, entro il termine di cui al comma 5 dell'art. 7 della l. n. 300 del 1970, il datore di lavoro è tenuto a provvedere all'audizione - con conseguente illegittimità della sanzione adottata in mancanza di tale adempimento - senza poter sindacare la necessità o opportunità della integrazione difensiva, non sussistendo ragioni per limitare il diritto di difesa, preordinato alla tutela di interessi fondamentali del lavoratore, in assenza di un apprezzabile interesse contrario della parte datoriale, che riceve comunque adeguata tutela dalla stringente cadenza temporale che regola il procedimento disciplinare. In tema di procedimento disciplinare ex art. 7 st.lav., secondo Cassazione 32607/2018, il datore che abbia considerato erroneamente tardive le giustificazioni scritte, in realtà tempestive, rese dal lavoratore, pone in essere - risultando negato a quest'ultimo il suo diritto alla difesa e al contraddittorio - una violazione del procedimento, non dissimile da quella che si verifica quando il lavoratore medesimo abbia invano chiesto di essere ascoltato di persona. In argomento si veda Cassazione 204/2017 per la quale il datore di lavoro che intenda adottare una sanzione disciplinare nei confronti del dipendente non può omettere l'audizione del lavoratore incolpato che, nel termine di cui all'art. 7, comma 5, st. lav., ne abbia fatto espressa ed inequivocabile richiesta contestualmente alla comunicazione di giustificazioni scritte, anche se queste appaiano di per sé ampie ed esaustive. Per Cassazione 23140/2015 il termine di cinque giorni dalla contestazione dell'addebito di cui all'art. 7, comma 5, st.lav., non ha per il lavoratore natura decadenziale della facoltà di richiedere l'audizione a difesa, sicché è illegittima la sanzione disciplinare che sia stata comminata ignorando la richiesta presentata oltre detto termine ma prima dell'adozione del provvedimento disciplinare. SEZIONE LAVORO SENTENZA 25 SETTEMBRE 2020 N. 20234 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - IN GENERE. Permessi ex art. 33, comma 6, della l. n. 104 del 1992 - Spettanza - Presupposti - Esigenza di una più agevole integrazione familiare e sociale del lavoratore portatore di handicap - Sufficienza - Esigenze di cura - Necessità - Esclusione. I permessi ex art. 33, comma 6, della l. n. 104 del 1992 sono riconosciuti al lavoratore portatore di handicap in ragione della necessità di una più agevole integrazione familiare e sociale, senza che la fruizione degli stessi debba essere necessariamente funzionale alle esigenze di cura. Tra i precedenti in argomento si veda Cassazione 17968/2016 per la quale Il permesso ex art. 33 della l. n. 104 del 1992 è riconosciuto al lavoratore in ragione dell'assistenza al disabile, rispetto alla quale l'assenza dal lavoro deve porsi in relazione causale diretta, senza che il dato testuale e la ratio della norma ne consentano l'utilizzo in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza. Ne consegue che il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l'abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell'Ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari. Analogamente per Cassazione 4984/2014 il comportamento del prestatore di lavoro subordinato che, in relazione al permesso ex art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si avvalga dello stesso non per l'assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l'ipotesi di abuso del diritto, giacché tale condotta si palesa, nei confronti del datore di lavoro, come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell'affidamento riposto nel dipendente, ed integra, nei confronti dell'ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un'indebita percezione dell'indennità ed uno sviamento dell'intervento assistenziale.