RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 12 FEBBRAIO 2020 N. 3476 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - PERIODO DI RIPOSO - FERIE ANNUALI. In genere. In tema di personale dipendente degli enti locali, la disposizione con cui il datore di lavoro imponga al lavoratore la fruizione continuativa di ferie risalenti, delle quali non abbia assicurato il tempestivo godimento nell'anno di riferimento o entro il primo semestre dell'anno successivo , è illegittima per violazione dell'art. 18, commi 9 e 12, del c.c.n.l. del 6 luglio 1995, e fa sorgere, pertanto, il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, il quale non può essere sovrapposto alla parimenti dovuta retribuzione, anche laddove venga liquidato assumendo quest'ultima come parametro di riferimento. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva accolto la domanda di risarcimento del danno avanzata da due dipendenti comunali i quali, subito prima del collocamento a riposo, erano stati autoritativamente posti in ferie, per un periodo continuativo, rispettivamente, di circa sette e otto mesi . Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 20091/2018 per la quale nel rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il mero fatto del mancato godimento delle ferie non dà titolo ad un corrispondente ristoro economico se l'interessato non prova che esso è stato cagionato da eccezionali e motivate esigenze di servizio o da cause di forza maggiore. Per Cassazione 11016/2017, ai sensi dell'art. 21 del c.c.n.l. del 5 dicembre 1996 della dirigenza medica, il diritto alle ferie, in quanto irrinunciabile, non è traducibile in moneta durante il rapporto di lavoro, insorgendo il diritto all'indennità sostitutiva solo al momento della fine di quest'ultimo ne consegue che, in pendenza di rapporto, il dirigente medico non può fondare sul mancato effettivo godimento delle ferie, benché imputabile al datore di lavoro, un'azione che sia volta ad ottenere il pagamento della indennità suddetta, potendo, però, pretendere il ristoro del pregiudizio che abbia subito per non essere stato posto in condizione di reintegrare le energie psico-fisiche, giacché la disciplina settoriale non esclude la tutela risarcitoria civilistica. In argomento si veda altresì Cassazione 2496/2018 per la quale dal mancato godimento delle ferie deriva - una volta divenuto impossibile per l'imprenditore, anche senza sua colpa, adempiere l'obbligazione di consentire la loro fruizione - il diritto del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione, a norma degli artt. 1463 e 2037 c.c., del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica l'assenza di un'espressa previsione contrattuale non esclude l'esistenza del diritto a detta indennità sostitutiva, che peraltro non sussiste se il datore di lavoro dimostra di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito, venendo ad incorrere, così, nella mora del creditore . Lo stesso diritto, costituendo un riflesso contrattuale del diritto alle ferie, non può essere condizionato, nella sua esistenza, alle esigenze aziendali. SEZIONE LAVORO 7 GENNAIO 2020 N. 118 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO COLLETTIVO - IN GENERE. Determinazione concordata dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare - Fondamento e requisiti di validità - Razionalità - Fattispecie. In tema di licenziamenti collettivi, tra imprenditore e sindacati può intercorrere un accordo per la determinazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare in adempimento della funzione regolamentare delegata dall'art. 5 della l. n. 223 del 1991, stabilendo criteri anche difformi da quelli legali, purché rispondenti a requisiti di obiettività, razionalità e non discriminazione. Fattispecie in cui l'accordo raggiunto non è stato ritenuto conforme ai predetti requisiti perché individuava nell'unico addetto al reparto soppresso dall'imprenditore il lavoratore da licenziare, senza tenere conto delle molteplici professionalità documentate del dipendente, risultando così omessa ogni comparazione con gli addetti agli altri reparti rimasti in funzione . In materia di licenziamenti collettivi, secondo quanto affermato da Cassazione 4186/2013, tra imprenditore e sindacati può intercorrere, secondo quanto indicato dall'art. 5 della legge 23 Luglio 1991, n. 223, un accordo inteso a disciplinare l'esercizio del potere di collocare in mobilità i lavoratori in esubero, stabilendo criteri di scelta anche difformi da quelli legali, purché rispondenti a requisiti di obiettività e razionalità in tale ottica, deve ritenersi razionalmente giustificato il ricorso al criterio della maturazione dei requisiti per essere collocato in pensione di anzianità, trattandosi di un criterio oggettivo che permette di scegliere, a parità di condizioni, il lavoratore che subisce il danno minore dal licenziamento, potendo sostituire il reddito da lavoro con il reddito da pensione. In argomento si veda Cassazione 2694/2018 per la quale in tema di licenziamenti collettivi, la determinazione negoziale dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare che si traduce in accordo sindacale che ben può essere concluso dalla maggioranza dei lavoratori direttamente o attraverso le associazioni sindacali che li rappresentano, senza che occorra l'unanimità adempie - come evidenziato dalla sentenza 22 giugno 1994, n. 268 della Corte Cost. - ad una funzione regolamentare delegata dalla legge e, pertanto, deve rispettare non solo il principio di non discriminazione, ex art. 15 della l. n. 300 del 1970, ma anche il principio di razionalità, alla stregua del quale i criteri concordati devono avere i caratteri dell'obiettività e della generalità ed essere coerenti con il fine dell'istituto della mobilità dei lavoratori il rispetto di tali criteri obiettivi - la prova della cui inosservanza grava sul lavoratore - esclude che possa discutersi di discriminazione.