RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 2 GENNAIO 2020 N. 1 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO COLLETTIVO - RIDUZIONE E CRITERI DI SCELTA DEL PERSONALE. Giudizi antidiscriminatori - Regime probatorio - Riparto ex art. 2729 c.c. - Esclusione - Regime speciale dell'agevolazione probatoria - Presunzione di discriminazione indiretta - Presupposti - Conseguenze - Fattispecie. Nei giudizi antidiscriminatori, i criteri di riparto dell'onere probatorio non seguono i canoni ordinari di cui all'art. 2729 c.c., bensì quelli speciali di cui all'art. 4 del d.lgs. 216 del 2003 applicabile ratione temporis , che non stabiliscono un'inversione dell'onere probatorio, ma solo un'agevolazione del regime probatorio in favore del ricorrente, prevedendo una presunzione di discriminazione indiretta per l'ipotesi in cui, specie nei casi di coinvolgimento di una pluralità di lavoratori, abbia difficoltà a dimostrare l'esistenza degli atti discriminatori ne consegue che il lavoratore deve provare il fattore di rischio, e cioè il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe e non portatori del fattore di rischio, ed il datore di lavoro le circostanze inequivoche, idonee a escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria della condotta, in quanto dimostrative di una scelta che sarebbe stata operata con i medesimi parametri nei confronti di qualsiasi lavoratore privo del fattore di rischio, che si fosse trovato nella stessa posizione. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che, applicando i criteri presuntivi ordinari, aveva addossato l'onere probatorio sul sindacato ricorrente senza tener conto che i trasferimenti, che avevano interessato il 6% degli addetti allo stabilimento, avessero tuttavia colpito per l'80% gli iscritti al sindacato medesimo . LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO COLLETTIVO - RIDUZIONE E CRITERI DI SCELTA DEL PERSONALE. Discriminazioni in materia di occupazione e condizioni di lavoro - Convinzioni personali” ex artt. 1 e 4 del d.lgs. n. 216 del 2003 - Discriminazioni per motivi sindacali - Inclusione - Fondamento. In tema di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, nell'espressione convinzioni personali , richiamata dagli artt. 1 e 4 del d.lgs. 216 del 2003, caratterizzata dall'eterogeneità delle ipotesi di discriminazione ideologica estesa alla sfera dei rapporti sociali, va ricompresa la discriminazione per motivi sindacali, tenuto conto che l'affiliazione sindacale rappresenta la professione pragmatica di una ideologia, di natura diversa da quella religiosa, connotata da specifici motivi di appartenenza ad un organismo socialmente e politicamente qualificato a rappresentare opinioni, idee e credenze, suscettibili di tutela in quanto oggetto di possibili atti discriminatori vietati. LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ASSOCIAZIONI SINDACALI - IMMUNITA' - SINDACATI POSTCORPORATIVI - LIBERTA' SINDACALE - REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE. Repressione della condotta antisindacale - Procedimento - Legittimazione attiva - Requisito della diffusione sul territorio nazionale - Nozione - Stipula o partecipazione a contratti collettivi nazionali - Necessità - Esclusione - Fattispecie. In tema di repressione della condotta antisindacale, ai fini del riconoscimento della legittimazione ad agire ex art. 28 dello Statuto alle associazioni sindacali nazionali , è necessario e sufficiente lo svolgimento di un'effettiva azione sindacale non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale, senza che sia indispensabile che l'associazione faccia parte di una confederazione, né che sia maggiormente rappresentativa o che abbia stipulato contratti collettivi a livello nazionale. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto la legittimazione attiva dello S.L.A.I. Cobas, desumendola da una serie di elementi, quali la costituzione di comitati provinciali su circa la metà del territorio nazionale e lo svolgimento di attività di rilievo nazionale, come la presentazione del referendum popolare sull'art. 19 st.lav. o la richiesta di ripristino degli automatismi della contingenza . Sul tema di cui alla prima massima si veda Cassazione 20204/2019 per la quale in tema di comportamenti datoriali discriminatori, nel caso di discriminazione diretta la disparità di trattamento è determinata dalla condotta, nel caso di discriminazione indiretta la disparità vietata è l'effetto di un atto, di un patto, di una disposizione, di una prassi in sé legittima ne consegue che, essendo diversi i presupposti di fatto e, conseguentemente, le allegazioni che devono sorreggere le rispettive azioni, viola il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato il giudice che senza una specifica richiesta, ed in mancanza di specifiche allegazioni, pur nell'identità del petitum , muti la causa petendi e qualifichi come diretta la discriminazione indiretta prospettata dalla parte. Per Cassazione 25543/2018, l'art. 40 del d.lgs. n. 198 del 2006 - nel fissare un principio applicabile sia nei casi di procedimento speciale antidiscriminatorio che di azione ordinaria, promossi dal lavoratore ovvero dal consigliere di parità - non stabilisce un'inversione dell'onere probatorio, ma solo un'attenuazione del regime probatorio ordinario in favore del ricorrente, prevedendo a carico del datore di lavoro, in linea con quanto disposto dall'art. 19 della Direttiva CE n. 2006/54 come interpretato da Corte di Giustizia Ue 21 luglio 2011, C-104/10 , l'onere di fornire la prova dell'inesistenza della discriminazione, ma a condizione che il ricorrente abbia previamente fornito al giudice elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, anche se non gravi, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso. Sul tema di cui alla seconda massima si veda Cassazione 22893/2008 per la quale la condotta vessatoria consapevolmente posta in essere dal datore di lavoro finalizzata ad isolare od espellere il dipendente dal contesto lavorativo cosiddetto mobbing si differenzia, pur potendola ricomprendere, da quella discriminatoria per motivi sindacali richiedendosi, nel primo caso, una pluralità di atti e comportamenti eventualmente anche leciti in sé considerati unificati dall'intento di intimorire psicologicamente il dipendente e funzionali alla sua emarginazione, attuandosi, invece, la discriminazione per motivi sindacali, anche attraverso un unico atto o comportamento e connotandosi di illiceità di per sé, in quanto diretta a realizzare una diversità di trattamento o un pregiudizio in ragione della partecipazione del lavoratore ad attività sindacali, a prescindere da un intento di emarginazione. Ne consegue che la domanda con cui si deduca, quale autonomo motivo di illegittimità della condotta datoriale, il mobbing ha una causa petendi differente rispetto alla domanda diretta alla repressione di atti discriminatori per ragioni sindacali e, ove venga introdotta per la prima volta in appello, va dichiarata inammissibile. Su tema di cui alla terza massima Cassazione 5321/2017 ha affermato che la legittimazione a promuovere l'azione prevista dall'art. 28 st.lav. deve riconoscersi agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali , per la cui identificazione è necessario e sufficiente lo svolgimento di un'effettiva azione sindacale non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale, senza che sia indispensabile che l'associazione faccia parte di una confederazione, né che sia maggiormente rappresentativa.