RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 25 NOVEMBRE 2019 N. 30679 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO. Infortunio sul lavoro - Responsabilità del datore di lavoro - Concorso di colpa del lavoratore - Riduzione della misura del risarcimento - Esclusione - Limiti e Condizioni. In materia di infortuni sul lavoro, al di fuori dei casi di rischio elettivo, nei quali la responsabilità datoriale è esclusa, qualora ricorrano comportamenti colposi del lavoratore, trova applicazione l'art. 1227, comma 1, c.c., tuttavia, la condotta incauta del lavoratore non comporta un concorso idoneo a ridurre la misura del risarcimento ogni qual volta la violazione di un obbligo di prevenzione da parte del datore di lavoro sia munita di incidenza esclusiva rispetto alla determinazione dell'evento dannoso in particolare, tanto avviene quando l'infortunio si sia realizzato per l'osservanza di specifici ordini o disposizioni datoriali che impongano colpevolmente al lavoratore di affrontare il rischio, quando l'infortunio scaturisca dall'integrale impostazione della lavorazione su disposizioni illegali e gravemente contrarie ad ogni regola di prudenza o, infine, quando vi sia inadempimento datoriale rispetto all'adozione di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili ex ante ed idonee ad impedire, nonostante l'imprudenza del lavoratore, il verificarsi dell'evento dannoso. In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, per Cassazione 7649/2019 il rischio elettivo, che delimita l'ambito della tutela assicurativa, è riferito al comportamento del lavoratore e si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi a presenza di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive b direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali c mancanza di nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa. In argomento si veda altresì Cassazione 798/2017 per la quale in tema di infortuni sul lavoro e di cd. rischio elettivo, premesso che la ratio” di ogni normativa antinfortunistica è quella di prevenire le condizioni di rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia degli stessi lavoratori, destinatari della tutela, la responsabilità esclusiva del lavoratore sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, cosi da porsi come causa esclusiva dell'evento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere. In assenza di tale contegno, l'eventuale coefficiente colposo del lavoratore nel determinare l'evento è irrilevante sia sotto il profilo causale che sotto quello dell'entità del risarcimento dovuto. SEZIONE LAVORO 22 NOVEMBRE 2019 N. 30580 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - MANSIONI - SVOLTE EFFETTIVAMENTE. Attribuzione di qualifica superiore - Procedimento cd. trifasico - Modalità - Violazione - Conseguenze - Sindacato in sede di legittimità - Fattispecie. Il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell'accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte, nell'individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra i risultati di tali due indagini. Ai fini dell'osservanza di tale procedimento, è necessario che, pur senza rigide formalizzazioni, ciascuno dei suddetti momenti di ricognizione e valutazione trovi ingresso nel ragionamento decisorio, configurandosi, in caso contrario, il vizio di cui all'art. 360 n. 3 c.p.c., per l'errata applicazione dell'art. 2103 c.c. ovvero, per il pubblico impiego contrattualizzato, dell'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001. Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva riconosciuto alla segretaria del direttore di un Conservatorio musicale il diritto alle differenze retributive corrispondenti al profilo dell'assistente amministrativo, di cui all'area B del c.c.n.l. comparto delle Istituzioni di alta Formazione e Specializzazione, senza esaminare le declaratorie contrattuali relative al livello ed al profilo professionale di inquadramento della lavoratrice, né individuare il tratto qualificante del livello di inquadramento rispetto a quello rivendicato, né analizzare le mansioni della qualifica di appartenenza rispetto all'attività svolta, né, infine, indagare sulla prevalenza, dal punto di vista quantitativo, dei compiti assunti come svolti rispetto a quelli riferibili al livello ed alla qualifica superiori . In argomento si veda Cassazione 18943/2016 per la quale nel giudizio relativo all' attribuzione di una qualifica superiore, l'osservanza del cd. criterio trifasico , da cui non si può prescindere nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento del lavoratore, non richiede che il giudice si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio, concorrendo a stabilirne le conclusioni. Per Cassazione 7576/2018 le sentenze che accertano il diritto del lavoratore a una qualifica superiore e condannano il datore di lavoro all' attribuzione di detta qualifica non sono suscettibili di esecuzione forzata, non potendo l' attribuzione della qualifica e il conferimento delle relative mansioni avvenire senza la cooperazione del debitore ne consegue che, pur essendo ammissibile un'azione di condanna del datore di lavoro alla prestazione di un facere infungibile, attesa l'idoneità della relativa decisione a produrre i suoi normali effetti mediante l'eventuale esecuzione volontaria dell'obbligato e a costituire inoltre il presupposto per ulteriori conseguenze giuridiche derivanti dall'inosservanza dell'ordine in essa contenuto, resta esclusa in capo al lavoratore la titolarità dell'azione esecutiva. SEZIONE LAVORO 20 NOVEMBRE 2019 N. 30226 IMPIEGO PUBBLICO - IMPIEGATI DELLO STATO - DISCIPLINA - PROCEDIMENTO DISCIPLINARE - IN GENERE. Competenza dell’organo disciplinare - Individuazione - Criteri - Massimo della sanzione irroganda - Rilevanza - Violazione - Conseguenze - Fattispecie. In tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, l'attribuzione della competenza al dirigente della struttura cui appartiene il dipendente o all'Ufficio per i procedimenti disciplinari, ai sensi dell'art. 55-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, si definisce esclusivamente sulla base delle sanzioni edittali massime stabilite per i fatti contestati, e non sulla base della misura che la P.A. possa prevedere di irrogare la misura applicata in violazione delle predette regole di competenza interna è invalida qualora la sanzione sia irrogata dal dirigente e responsabile della struttura nella specie, dirigente scolastico in luogo dell'U.P.D., per le minori garanzie di terzietà offerte al lavoratore, stante l'identificazione fra la figura di chi è preposto al dipendente e di chi lo giudica in sede amministrativa. In tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, Per Cassazione 20845/2019 la contestazione dell'infrazione, per essere valida, deve contenere l'indicazione dei fatti addebitati, mentre non è necessaria quella della sanzione per essi prevista in ogni caso l'attribuzione della competenza al Dirigente della struttura cui appartiene il dipendente o all'Ufficio per i procedimenti disciplinari, ai sensi dell'art. 55-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, si definisce esclusivamente sulla base delle sanzioni edittali massime stabilite per i fatti contestati, e non sulla base della misura che la P.A. possa prevedere di irrogare, né è ragione di invalidità la circostanza che l'U.P.D, presso cui si è radicato il procedimento nei termini di cui sopra, fruendo dell'intero margine edittale, applichi una sanzione inferiore a quella che ha costituito il discrimine di tale competenza, qualora ciò sia conseguenza della necessaria proporzionalità rispetto ai fatti addebitati. In argomento si veda altresì Cassazione 20271/2019 per la quale in tema di pubblico impiego contrattualizzato, il carattere imperativo delle regole dettate dalla legge sulla competenza per i procedimenti disciplinari, stabilito dagli artt. 55, comma 1, e 55-bis, comma 4, ora comma 2 , del d.lgs. n. 165 del 2001, va riferito al principio di terzietà ivi espresso e postula solo la distinzione, sul piano organizzativo, fra detto ufficio e la struttura nella quale opera il dipendente, senza attribuire natura imperativa riflessa al complesso delle regole procedimentali interne che regolano la costituzione e il funzionamento dell'U.P.D ne consegue che, qualora non sia dimostrata la violazione del predetto principio di terzietà o del diritto di difesa, non costituiscono ragione di nullità della sanzione le modalità attraverso cui, nel corso del procedimento disciplinare, si sia proceduto alla sostituzione di taluno dei componenti dell'ufficio stesso.