RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 18 NOVEMBRE 2019 N. 29897 LAVORO - LAVORO NELLE IMPRESE ESERCITATE DA ENTI PUBBLICI - ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI. Riforma del pubblico impiego - Natura privatistica del rapporto - Ammissibilità - Ipotesi - Successiva assegnazione a mansioni inerenti l’attività amministrativa propria dell’ente - Trasformazione del rapporto in lavoro pubblico contrattualizzato - Condizioni - Fattispecie. Pur dopo la privatizzazione del pubblico impiego, non è impedita la stipula di contratti di lavoro con la P.A. regolati dalla disciplina privatistica, quando vi sia una norma speciale che lo preveda o per rapporti di lavoro cd. anomali per l'assolvimento di compiti non riconducibili alle finalità istituzionali. In dette ipotesi, la successiva assegnazione a mansioni inerenti l'attività amministrativa propria dell'ente non comporta automaticamente la trasformazione del rapporto privatistico in un rapporto pubblico contrattualizzato, a meno che detta trasformazione non sia prevista dal legislatore, in armonia con il dettato dell'art. 97 della Costituzione. Nella specie, la S.C., quanto ai portieri degli enti previdenziali che, dopo la dismissione degli immobili, sono stati addetti a mansioni inerenti l'attività amministrativa dell'ente, ha ritenuto la trasformazione del rapporto in lavoro pubblico contrattualizzato, in virtù della previsione dell'art. 43, comma 9, della l. n. 388 del 2000 . In argomento si veda Cassazione 14809/2007 per la quale l'applicazione delle norme del d.lgs. n. 165 del 2001 ai contratti di lavoro stipulati alle dipendenze di amministrazioni pubbliche non è generale, bensì limitata ai contratti mediante i quali dette amministrazioni perseguono le loro specifiche finalità istituzionali, siano esse autoritative ovvero di erogazione di servizi, mentre non riguarda quei rapporti di lavoro, marginali e sostanzialmente anomali, che l'ente pubblico intrattenga, sulla base di norme privatistiche, per finalità diverse. Per Cassazione 19626/2015 nel lavoro pubblico privatizzato gli atti di gestione del rapporto di lavoro sono adottati con i poteri e le capacità del datore di lavoro privato e devono essere valutati secondo gli stessi parametri, sicché l'atto con cui la P.A. revochi un'assunzione con contratto a tempo indeterminato sul presupposto dell'annullamento della procedura concorsuale equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto stipulato ritenendolo inefficace perché affetto da nullità, trattandosi di comportamento con cui si fa valere l'assenza di un vincolo contrattuale, rispetto al quale non è configurabile l'esercizio di un potere di autotutela in capo all'Amministrazione datrice di lavoro. SEZIONE LAVORO 18 NOVEMBRE 2019 N. 29893 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTIFICATO MOTIVO – OBIETTIVO. Sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni lavorative affidate - Obbligo di repechage” - Manifesta insussistenza del fatto - Condizioni - Conseguenze - Fattispecie. In caso di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, il tema della ricollocazione del prestatore in ambito aziendale rientra nel cd. obbligo di repêchage , la cui verifica incide sul requisito della manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento , previsto dall'art. 18, comma 7, st.lav. novellato, da intendere come una evidente e facilmente verificabile assenza dei presupposti legittimanti il recesso, che ne consenta di apprezzare la chiara pretestuosità, con accertamento di merito incensurabile, in quanto tale, in sede di legittimità. Nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione della Corte territoriale di riconoscere la tutela reintegratoria attenuata in un caso in cui il lavoratore, divenuto fisicamente inidoneo, aveva accettato di svolgere le mansioni inferiori assegnategli, sia pure contestando l'inquadramento applicato . In argomento si veda Cassazione 27502/2019 per la quale In tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore derivante da una condizione di handicap , ai fini dell'accertamento dell'obbligo, posto a carico del datore di lavoro dall'art. 3, comma 3-bis, del d.lgs. n. 216 del 2003, della verifica della possibilità di adottare adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro, il lavoratore deve allegare e provare la limitazione risultante dalle proprie menomazioni fisiche, mentali e psichiche durature e il fatto che tale limitazione, in interazione con barriere di diversa natura, si traduca in un ostacolo alla propria partecipazione, piena ed effettiva, alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori, posto che non ogni situazione di infermità fisica che renda il lavoratore inidoneo alle mansioni di assegnazione risulta ex se riconducibile alla nozione di disabilità di cui alla disposizione suddetta. Affinché possa configurarsi la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, secondo Cassazione 8661/2019 non è sufficiente accertare la sussistenza delle ragioni addotte dal datore di lavoro a sostegno della modifica organizzativa da lui attuata, essendo sempre necessario che dette ragioni incidano, in termini di causa efficiente, sulla posizione lavorativa ricoperta dal lavoratore licenziato, solo così potendosi verificare la non pretestuosità del recesso. Ancora in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per Cassazione 181/2019 l'insufficienza probatoria in ordine all'adempimento dell'obbligo di repêchage non è sussumibile nell'alveo della manifesta insussistenza del fatto, contemplata dall'art. 18, comma 7, st.lav., nella formulazione, modificata dalla l. n. 92 del 2012, ratione temporis applicabile, che va riferita solo ad una evidente, e facilmente verificabile sul piano probatorio, assenza dei presupposti di legittimità del recesso. SEZIONE LAVORO 14 NOVEMBRE 2019 N. 29626 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - MANSIONI - DIVERSE DA QUELLE DELL'ASSUNZIONE. Scelte imprenditoriali comportanti processi di riconversione o ristrutturazione aziendali - Adibizione del lavoratore a mansioni diverse ed inferiori, con immutato il livello retributivo - Contrasto con l'art. 2103 c.c. - Insussistenza. L'art. 2103 c.c. sulla disciplina delle mansioni e sul divieto di declassamento va interpretato alla stregua del bilanciamento del diritto del datore di lavoro a perseguire un'organizzazione aziendale produttiva ed efficiente e quello del lavoratore al mantenimento del posto, con la conseguenza che, nei casi di sopravvenute e legittime scelte imprenditoriali, comportanti, tra l'altro, interventi di ristrutturazione aziendale, l'adibizione del lavoratore a mansioni diverse, anche inferiori, a quelle precedentemente svolte senza modifica del livello retributivo, non si pone in contrasto con il dettato del codice civile. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 11395/2014. Per Cassazione 8596/2007 la disposizione dell'art. 2103 cod. civ. sulla regolamentazione delle mansioni del lavoratore e sul divieto del declassamento di dette mansioni va interpretata - stante le statuizioni di cui alla sentenza delle Sezioni unite n. 25033 del 2006 , ed in coerenza con la ratio sottesa ai numerosi interventi in materia del legislatore - alla stregua della regola del bilanciamento del diritto del datore di lavoro a perseguire un' organizzazione aziendale produttiva ed efficiente e quello del lavoratore al mantenimento del posto, con la conseguenza che nei casi di sopravvenute e legittime scelte imprenditoriali, comportanti l'esternalizzazione dei servizi o la loro riduzione a seguito di processi di riconversione o ristrutturazione aziendali, l'adibizione del lavoratore a mansioni diverse, ed anche inferiori, a quelle precedentemente svolte, restando immutato il livello retributivo, non si pone in contrasto con il dettato codicistico, se essa rappresenti l'unica alternativa praticabile in luogo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo principio affermato in fattispecie concernente dipendente postale .In argomento si veda altresì la più recente Cassazione 8910/2019 per la quale ai fini della verifica del legittimo esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro, l'attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve rientrare tra quelle previste dalla categoria di appartenenza, ma il lavoratore, per motivate e contingenti esigenze aziendali, può essere adibito anche a compiti inferiori purché marginali rispetto a quelli propri del suo livello.