RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 1 OTTOBRE 2019 N. 24480 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - IN GENERE. Contratto a progetto - Domanda di accertamento della subordinazione - Domanda in appello di nullità per mancanza di progetto - Novità - Ragioni. Il lavoratore che, con il ricorso introduttivo, deduca la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e la simulazione di un contratto a progetto non ne può far valere la nullità per mancanza del progetto nel corso del giudizio di appello, in quanto tale ulteriore prospettazione costituisce domanda nuova, con una diversa causa petendi , per l'inserimento di un fatto nuovo a fondamento della pretesa e di un diverso tema di indagine e di decisione. In argomento si veda Cassazione 9471/2016 per la quale posto che nel rito speciale del lavoro l'unica modifica della domanda consentita è quella che integra una emendatio libelli , in caso di domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro proposta ex art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, costituisce violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato la sentenza emessa ai sensi del comma 1 del predetto articolo, in quanto le ipotesi contemplate nei rispettivi commi poggiano su distinte causae petendi e introducono diversi temi di indagine. Nel rito del lavoro, secondo Cassazione 17176/2014, la disciplina della fase introduttiva del giudizio - e a maggior ragione quella del giudizio d'appello - risponde ad esigenze di ordine pubblico attinenti al funzionamento stesso del processo, in aderenza ai principi di immediatezza, oralità e concentrazione che lo informano, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 437 cod. proc. civ., non sono ammesse domande nuove, né modificazioni della domanda già proposta, sia con riguardo al petitum che alla causa petendi , neppure nell'ipotesi di accettazione del contraddittorio ad opera della controparte, e non è, pertanto, consentito addurre in grado di appello, a sostegno della propria pretesa, fatti diversi da quelli allegati in primo grado, anche quando il bene richiesto rimanga immutato, essendo nella fase di appello precluse le modifiche salvo quelle meramente quantitative che comportino anche solo una emendatio libelli , permessa solo all'udienza di discussione di primo grado, previa autorizzazione del giudice e della ricorrenza dei gravi motivi previsti dalla legge. SEZIONE LAVORO 2 OTTOBRE 2019 N. 24612 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ASSOCIAZIONI SINDACALI - IMMUNITA' - SINDACATI POSTCORPORATIVI - ATTIVITA' SINDACALE CONCILIAZIONE DELLE PARTI – CONTRIBUTI. Cessione di credito da parte dei lavoratori in favore del sindacato - Ingiustificato rifiuto dell'azienda di accreditare le relative somme - Condotta antisindacale - Configurabilità - Ragioni. I lavoratori, nell'esercizio della autonomia privata e mediante la cessione del credito in favore del sindacato, possono chiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi sindacali da accreditare il rifiuto ingiustificato del datore di lavoro di effettuare tali versamenti integra inadempimento rilevante sotto il profilo civilistico e costituisce condotta antisindacale poiché limita il diritto dei lavoratori di scegliere lo strumento più utile per partecipare all'attività dei sindacati e priva gli stessi della possibilità di percepire, con regolarità, la fonte primaria di sostentamento per la loro attività, ponendoli in una situazione di debolezza verso il datore di lavoro e le altre organizzazioni sindacali. Secondo Cassazione 2314/2012, in tema di riscossione di quote associative sindacali dei dipendenti pubblici e privati a mezzo di trattenuta ad opera del datore di lavoro, l'art. 52 del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, come modificato dall'art. 13-bis del d.l. 14 marzo 2005 n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005 n. 80, nel disciplinare tutte le cessioni di credito da parte dei lavoratori dipendenti, non prevede limitazioni al novero dei cessionari, in ciò differenziandosi da quanto stabilito dall'art. 5, del medesimo d.P.R., per le sole ipotesi di cessioni collegate all'erogazione di prestiti. Ne consegue che è legittima la suddetta trattenuta del datore di lavoro, attuativa della cessione del credito in favore delle associazioni sindacali, atteso, altresì, che una differente interpretazione sarebbe incoerente con la finalità legislativa antiusura posta a garanzia del lavoratore che, altrimenti, subirebbe un'irragionevole restrizione della sua autonomia e libertà sindacale. In argomento si veda Cassazione 21368/2008 per la quale il referendum del 1995, abrogativo del secondo comma dell'art. 26 dello statuto dei lavoratori, e il susseguente d.P.R. n. 313 del 1995 non hanno determinato un divieto di riscossione di quote associative sindacali a mezzo di trattenuta operata dal datore di lavoro, essendo soltanto venuto meno il relativo obbligo, sicché i lavoratori, nell'esercizio della autonomia privata e mediante la cessione del credito in favore del sindacato, possono chiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi sindacali da accreditare al sindacato. Qualora il datore di lavoro affermi che la cessione comporta in concreto, a suo carico, un onere aggiuntivo insostenibile in rapporto all'organizzazione aziendale e perciò inammissibile ex art. 1374 e 1375 cod. civ., deve provarne l'esistenza. L'eccessiva gravosità della prestazione, in ogni caso, non incide sulla validità e l'efficacia della cessione del credito, ma può giustificare l'inadempimento del debitore ceduto, mentre il rifiuto del datore di lavoro di effettuare tali versamenti, qualora sia ingiustificato, configura un inadempimento che, oltre a rilevare sul piano civilistico, costituisce anche condotta antisindacale.