RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 20 MAGGIO 2019 N. 13515 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - COSTITUZIONE DEL RAPPORTO - ASSUNZIONE - DIVIETO DI INTERMEDIAZIONE E DI INTERPOSIZIONE APPALTO DI MANO D'OPERA . Contratti di somministrazione a termine illegittimi - Costituzione del rapporto con l'utilizzatore - Successivo contratto a tempo determinato - Novazione del precedente rapporto - Configurabilità - Conseguenze. L'accertamento dell'illegittimità di un contratto di somministrazione di lavoro a termine e la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con l'utilizzatore non determinano di per sé l'illegittimità del successivo contratto di lavoro a tempo determinato tra le stesse parti e non travolgono il giudicato che si sia eventualmente formato sulla legittimità di esso, dovendosi ritenere, alla luce della diversità delle due tipologie contrattuali, che il contratto a termine abbia efficacia novativa del precedente rapporto. Per Cassazione numero 16022/18, la sopravvenuta conversione giudiziale del rapporto a tempo indeterminato full time non travolge la pattuizione dell'orario a tempo parziale già convenuta tra datore e lavoratore in virtù di autonomo atto negoziale, non subordinato, sul piano della gerarchia delle fonti dell'obbligazione, a quello etero-integrato in virtù della norma imperativa sull'illegittima apposizione del termine, occorrendo piuttosto accertare - con valutazione riservata al giudice di merito - se la nuova pattuizione sia caratterizzata dalla volontà di far sorgere un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente. Sul tema della novazione si veda Cassazione numero 17328/12 per la quale poiché la novazione oggettiva si configura come un contratto estintivo e costitutivo di obbligazioni, caratterizzato dalla volontà di far sorgere un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente con nuove ed autonome situazioni giuridiche, di tale contratto sono elementi essenziali, oltre ai soggetti e alla causa, l' animus novandi , consistente nella inequivoca, comune intenzione di entrambe le parti di estinguere l'originaria obbligazione, sostituendola con una nuova, e l' aliquid novi , inteso come mutamento sostanziale dell'oggetto della prestazione o del titolo del rapporto. L'esistenza di tali specifici elementi deve essere in concreto verificata dal giudice del merito, con un accertamento di fatto che si sottrae al sindacato di legittimità solamente se è conforme alle disposizioni contenute negli artt. 1230, commi 1 e 2, e 1231 c.c., e se risulta congruamente motivato. SEZIONE LAVORO 20 MAGGIO 2019 N. 13533 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – DISCIPLINARE. Tutela reale di cui all'art. 18, comma 4, stat. lav. novellato - Proporzionalità tipizzata dalla contrattazione collettiva - Necessità - Valutazione giudiziale di proporzionalità - Tutela indennitaria ex art. 18, comma 5, stat. lav. modificato - Disparità di trattamento - Esclusione. In tema di licenziamento disciplinare, l'accesso alla tutela reale di cui all'art. 18, comma 4, stat. lav., come modificato dalla l. numero 92/2012, presuppone una valutazione di proporzionalità fra sanzione conservativa e fatto in addebito tipizzata dalla contrattazione collettiva, mentre, laddove il CCNL rimetta al giudice la valutazione dell'esistenza di un simile rapporto di proporzione in relazione al contesto, al lavoratore spetta la tutela indennitaria di cui all'art. 18, comma 5, stat. lav., non ravvisandosi in tale disciplina una disparità di trattamento - connessa alla tipizzazione o meno operata dalle parti collettive delle condotte di rilievo disciplinare - bensì l'espressione di una libera scelta del legislatore, fondata sulla valorizzazione dell'autonomia collettiva in materia. Tra i precedenti in termini si veda Cassazione nnumero 26013/18 e 25534/18. Principio analogo a quello della massima in rassegna è affermato da Cassazione numero 12365/19 per la quale in tema di licenziamento disciplinare, ove la condotta addebitata al lavoratore abbia un pari disvalore disciplinare rispetto a quelle punite dal CCNL con sanzione conservativa, il giudice, sebbene gli sia precluso applicare la tutela reintegratoria alle ipotesi non tipizzate dalla contrattazione collettiva - giacché, nel regime introdotto dalla l. numero 92/2012, tale tutela costituisce l'eccezione alla regola rappresentata dalla tutela indennitaria, presupponendo l'art. 18, comma 4, l. numero 300/1970, l'abuso consapevole del potere disciplinare, che implica una conoscenza preventiva, da parte del datore di lavoro, della illegittimità del provvedimento espulsivo, derivante o dalla insussistenza del fatto contestato o dalla chiara riconducibilità della condotta tra le fattispecie ritenute dalle parti sociali inidonee a giustificare l'espulsione del lavoratore - se ritiene che tale condotta non costituisca comunque giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento, utilizzando la graduazione delle infrazioni disciplinari articolate dalle parti collettive come parametro integrativo delle clausole generali di fonte legale, ai sensi dell'art. 30, comma 3, d.lgs. numero 183/2010, potrà dichiarare illegittimo il recesso e, risolto il rapporto di lavoro, applicare la tutela indennitaria prevista dall'art. 18, comma 5, l. numero 300/1970.