RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 17 MAGGIO 2019 N. 13425 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - PERIODO DI RIPOSO - FERIE ANNUALI. Ferie annuali - Retribuzione dovuta nel periodo - Nozione europea - Sussistenza - Determinazione - Criteri - Rapporto di funzionalità con le mansioni - Rilevanza. In tema di retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, sussiste una nozione europea di retribuzione che comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore. In argomento si veda Cassazione 28937/2018 per la quale in tema di retribuzione nel lavoro subordinato, ai fini della determinazione della base di calcolo degli istituti indiretti tredicesima mensilità, ferie, festività, ex festività soppresse e permessi retribuiti , non vige nell'ordinamento un principio di omnicomprensività, sicché il compenso per lavoro straordinario va computato, a tali fini, solo ove previsto da norme specifiche o dalla disciplina collettiva. Ne consegue che, laddove l'art. 14 del c.c.n.l. per i lavoratori addetti all'industria metalmeccanica del 7 maggio 2003 prevede che le ferie e la tredicesima mensilità siano retribuite con la retribuzione globale di fatto e con esclusione dei compensi accidentali per prestazioni svolte in particolari condizioni di ambiente, luogo e tempo, va computato il lavoro straordinario reso con continuità, restando irrilevante il richiamo al moltiplicatore 173 - contenuto nell'art. 12 del citato c.c.n.l. - in quanto afferente al criterio contabile di proporzionamento della retribuzione. SEZIONE LAVORO 14 MAGGIO 2019 N. 12777 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTA CAUSA. Rifiuto della prestazione lavorativa - Legittimità - Condizioni - Buona fede - Necessità - Conseguenze in tema di licenziamento - Fattispecie. In tema di licenziamento per giusta causa, il rifiuto del lavoratore di adempiere la prestazione secondo le modalità indicate dal datore di lavoro è idoneo, ove non improntato a buona fede, a far venir meno la fiducia nel futuro adempimento e a giustificare pertanto il recesso, in quanto l'inottemperanza ai provvedimenti datoriali, pur illegittimi, deve essere valutata, sotto il profilo sanzionatorio, alla luce del disposto dell'art. 1460, comma 2, c.c., secondo il quale la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto non risulti contrario alla buona fede, avuto riguardo alle circostanze concrete. Nella specie, relativa a un contratto di lavoro part-time in cui la prestazione, pur fissata nella durata settimanale, non era collocata temporalmente, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che, senza attivare la procedura ex art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 61 del 2000, si era rifiutato reiteratamente di adempiere alla prestazione nei giorni e secondo l'orario richiesto, pur osservato pacificamente per sette mesi . In argomento si veda Cassazione 14905/2012 per la quale non costituisce giusta causa di licenziamento il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione, quando esso sia motivato dall'inadempimento del datore di lavoro, salvo il limite della buona fede. In tema di trasferimento adottato in violazione dell'art. 2103 c.c., Per Cassazione 434/2019, l'inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore ad eseguire la prestazione lavorativa in quanto, vertendosi in ipotesi di contratto a prestazioni corrispettive, trova applicazione il disposto dell'art. 1460, comma 2, c.c., alla stregua del quale la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto, avuto riguardo alle circostanze concrete, non risulti contrario alla buona fede e sia accompagnato da una seria ed effettiva disponibilità a prestare servizio presso la sede originaria, con valutazione rimessa al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se espressa con motivazione adeguata ed immune da vizi logico-giuridici.