RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 5 APRILE 2019 N. 9675 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - IN GENERE. Licenziamento disciplinare - Nullità della sanzione o del procedimento - Rilievo d'ufficio - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. La disciplina della invalidità del licenziamento è caratterizzata da specialità, rispetto a quella generale della invalidità negoziale, desumibile dalla previsione di un termine di decadenza per impugnarlo e di termini perentori per il promovimento della successiva azione di impugnativa, che resta circoscritta all'atto e non è idonea a estendere l'oggetto del processo al rapporto, non essendo equiparabile all'azione con la quale si fanno valere diritti autodeterminati ne consegue che il giudice non può rilevare di ufficio una ragione di nullità del licenziamento diversa da quella eccepita dalla parte. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione che non aveva rilevato d'ufficio la violazione, dedotta tardivamente dalla parte, dell'art. 55- bis d.lgs. n. 165/2001, nella parte in cui dispone che il procedimento disciplinare deve essere concluso entro il termine di 120 giorni dalla sua apertura . Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 7687/2017 la quale dopo aver ribadito il principio di cui alla massima in rassegna, tra l’altro, precisa che il fatto che il giudice non possa rilevare di ufficio una ragione di nullità del licenziamento diversa da quella eccepita dalla parte, trova riscontro nella previsione dell'art. 18, comma 7, l. n. 300/1970, come modificato dalla l. n. 92/2012, e dell'art. 4 d.lgs. n. 23/2015, nella parte in cui fanno riferimento alla applicazione delle tutele previste per il licenziamento discriminatorio, quindi affetto da nullità, sulla base della domanda formulata dal lavoratore . Per Cassazione 9167/2003 anche nel rito del lavoro, il giudizio di appello - in relazione al principio della domanda e a quello di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, imposti, rispettivamente, dall'art. 99 e dall'art. 112 c.p.c., cui fa riscontro il principio tantum devolutum quantum appellatum artt. 434 e 437 c.p.c. - ha per oggetto la medesima controversia decisa dalla sentenza di primo grado - entro i limiti, tuttavia, della devoluzione - e questa risulta affidata a specifici motivi di appello, che in nessun caso possono ampliare la materia del contendere del primo giudizio, mediante l'introduzione di domande nuove. Ne consegue che, qualora il lavoratore abbia dedotto, con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, la illegittimità del proprio licenziamento per difetto di giusta causa o giustificato motivo, il giudice d'appello non può dichiarare la illegittimità dello stesso licenziamento sotto profili diversi - ancorché dedotti con l'atto di appello - senza che ne risulti violato il principio della domanda e quello di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sempre che risulti dedotto a fondamento un fatto nuovo nella specie, la tardività della contestazione degli addebiti e la mancata affissione del codice disciplinare e non già soltanto una diversa qualificazione giuridica del fatto già dedotto nel giudizio di primo grado. Nè la eventuale nullità del licenziamento, per contrasto con norme imperative di legge, può essere rilevata d'ufficio, giacché il principio di cui all'art. 1421 c.c., che va comunque coordinato con il principio della domanda, con quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e con quello della disponibilità delle prove, di cui all'art. 115 c.p.c., non può trovare applicazione quando la parte chieda la declaratoria di invalidità di un atto a sè pregiudizievole, dovendo la pronuncia del giudice rimanere circoscritta, in tale caso, alle ragioni di illegittimità ritualmente dedotte dalla parte stessa. SEZIONE LAVORO 5 APRILE 2019 N. 9665 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - DEL RAPPORTO A TEMPO INDETERMINATO. Dirigente d'azienda - Disciplina dei licenziamenti ex l. n. 604/1966 e nello st. lav. - Applicabilità - Esclusione - Giustificatezza del recesso - Configurabilità - Sindacato giudiziale - Limiti - Fattispecie. Nell'ipotesi di licenziamento individuale del dirigente d'azienda, cui, ai sensi dell'art. 10 l. n. 604/1966, non trova applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti, la nozione di giustificatezza del recesso si discosta da quella di giustificato motivo ed è ravvisabile ove sussista l'esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario e non emerga, in base ad elementi oggettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione il giudice deve limitarsi al controllo sull'effettività delle scelte imprenditoriali poste a base del licenziamento, non potendo sindacare il merito di tali scelte, garantite dal precetto di cui all'art. 41 Cost. ella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, senza entrare nel merito delle scelte datoriali, aveva ritenuto insussistente il nesso di causalità tra la situazione rappresentata nella lettera di licenziamento e la soppressione del posto di responsabile marketing . In argomento si veda Cassazione n. 12668/2016 per la quale il licenziamento individuale del dirigente d'azienda può fondarsi su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale, che non debbono necessariamente coincidere con l'impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione, dato che il principio di correttezza e buona fede, che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall'art. 41 Cost. Secondo Cassazione 27199/2018 la disciplina limitativa del potere di licenziamento, di cui l. n. 604/1966 e st.lav., non è applicabile, ai sensi dell'art. 10 l. n. 604/1966, ai dirigenti convenzionali ne consegue che, ai fini dell'eventuale riconoscimento dell'indennità supplementare prevista per la categoria dirigenziale, occorre far riferimento alla nozione contrattuale di giustificatezza della risoluzione, che si discosta, sia sul piano soggettivo che oggettivo, da quella di giustificato motivo, trovando la sua ragion d'essere, da un lato, nel rapporto fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro in virtù delle mansioni affidate, dall'altro, nello stesso sviluppo delle strategie di impresa che rendano nel tempo non pienamente adeguata la concreta posizione assegnata al dirigente nella articolazione della struttura direttiva dell'azienda.