RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 13 FEBBRAIO 2019 N. 4232 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - PER MUTUO CONSENSO DIMISSIONI. Dimissioni rassegnate dal lavoratore in stato di incapacità naturale - Annullamento - Conseguenze risarcitorie - Decorrenza - Dalla data della domanda giudiziale - Fondamento. In caso di annullamento, ex art. 428 c.c., delle dimissioni presentate dal lavoratore in stato di incapacità naturale, le conseguenze risarcitorie decorrono dalla data della domanda giudiziaria, secondo il principio generale per cui la durata del processo non deve andare a detrimento della parte vincitrice. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 8886/2010 per la quale in caso di dimissioni presentate dal lavoratore in stato di incapacità naturale, il diritto a riprendere il lavoro sorge con la sentenza di annullamento ai sensi dell'art. 428 c.c., i cui effetti retroagiscono al momento della domanda giudiziaria in applicazione del principio generale secondo cui la durata del processo non deve andare a detrimento della parte vincitrice. Ne consegue che anche il diritto alle retribuzioni maturate sorge solo dalla data della domanda giudiziale, dovendosi escludere che l'efficacia totalmente ripristinatoria dell'annullamento del negozio unilaterale risolutivo del rapporto di lavoro si estenda al diritto alla retribuzione che, salvo diversa espressa eccezione di legge, non è dovuta in mancanza dell'attività lavorativa. In senso difforme dalla massima in rassegna si è espressa Cassazione 21701/2018 per la quale nell'ipotesi di annullamento delle dimissioni presentate da un lavoratore subordinato nella specie, perché in stato di incapacità naturale , le retribuzioni spettano dalla data della sentenza che dichiara l'illegittimità delle dimissioni, in quanto il principio secondo cui l'annullamento di un negozio giuridico ha efficacia retroattiva non comporta anche il diritto del lavoratore alle retribuzioni maturate dalla data delle dimissioni a quella della riammissione al lavoro, che, stante la natura sinallagmatica del rapporto di lavoro, non sono dovute in mancanza della prestazione, salvo espressa previsione di legge. SEZIONE LAVORO 20 FEBBRAIO 2019 N. 4843 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ASSOCIAZIONI SINDACALI - IMMUNITA' - SINDACATI POSTCORPORATIVI - ATTIVITA' SINDACALE CONCILIAZIONE DELLE PARTI - PERMESSI - DIRIGENTI PROVINCIALI E NAZIONALI. Permessi retribuiti - Utilizzazione - Partecipazione alle riunioni degli organi direttivi - Altri usi - Legittimità - Esclusione - Fondamento - Conseguenze - Risoluzione del rapporto - Liceità. I permessi sindacali retribuiti previsti dall'art. 30 st.lav. per i dirigenti provinciali e nazionali delle organizzazioni sindacali possono essere utilizzati soltanto per la partecipazione a riunioni degli organi direttivi, come risulta dal raffronto con la disciplina dei permessi per i dirigenti interni, collegati genericamente all'esigenza di espletamento del loro mandato, e come è confermato dalla possibilità per i dirigenti esterni di fruire dell'aspettativa sindacale ne consegue che l'utilizzo per finalità diverse dei permessi, comportando una assenza del dipendente da cui deriva una mancanza della prestazione per causa a lui imputabile, può giustificare la risoluzione del rapporto. In argomento si veda Cassazione 11759/2003 per la quale poiché i permessi sindacali di cui all'art. 30 l. n. 300/1970 costituiscono oggetto di un diritto potestativo del dirigente sindacale, dal cui esercizio discende una situazione di soggezione del datore di lavoro, non essendo previsto il suo consenso per produrre l'effetto giuridico di esonero della prestazione lavorativa, allo stesso datore di lavoro spetta il diritto al controllo per accertare l'effettiva partecipazione dei sindacalisti, fruitori di tali permessi, alle riunioni degli organi direttivi, nazionali o provinciali. Tale diritto, tuttavia, non può accompagnarsi a formalismi o adempimenti che, per le loro modalità, potrebbero limitare l'attività sindacale e impedire ai dirigenti di svolgere, in piena libertà e autonomia, i propri compiti, sicché, mentre non può essere consentito far dipendere la concessione dei permessi da un preliminare esame della relativa domanda e da una positiva valutazione del suo contenuto, le parti sociali possono stabilire regole comportamentali che, pur agevolando il controllo, non incidano in maniera sostanziale sull'esercizio del il diritto ai permessi sindacali è pieno ed incondizionato, non essendo configurabile alcun potere discrezionale di concessione o autorizzazione da parte del datore di lavoro, ed anche quando come nel caso di specie sia fissato un monte ore , il lavoratore può far uso dei permessi per un periodo prolungato ed ininterrotto, senza neppure essere tenuto a far sì che la propria, benché limitata, prestazione lavorativa, conservi una sua utilità nell'ambito del rapporto contrattuale tuttavia, non è consentito l'utilizzo dei permessi sindacali per fini personali o diversi da quelli per i quali essi vengono attribuiti, ne' tanto meno è consentita la strumentalizzazione del potere di fruire dei permessi per una finalità diversa dalla tutela sindacale consistente, nel caso di specie, nella semplice volontà di sottrarsi all'attività lavorativa, praticando un dissimulato ostruzionismo alle direttive del datore di lavoro .