RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 26 APRILE 2018 N. 10137 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - SUBORDINAZIONE - SANZIONI DISCIPLINARI. Pubblico impiego privatizzato - Sospensione cautelare facoltativa - Omessa conclusione del procedimento disciplinare - Conseguenze - Dimissioni del lavoratore - Diritto alla restitutio in integrum - Sussistenza. La sospensione cautelare facoltativa disposta ai sensi del d.P.R. n. 3/1957, in quanto misura cautelare ed interinale è per sua natura correlata alla definizione del procedimento disciplinare, sicché diviene priva di titolo qualora - pur all'esito del processo penale, anche conclusosi con la condanna del lavoratore - esso non venga attivato o sfoci nella irrogazione di una sanzione meno afflittiva rispetto alla sospensione patita dal dipendente. In dette ipotesi, il dipendente sospeso in via cautelare dal servizio ha diritto alla restitutio in integrum che, invece, non compete in caso di sospensione obbligatoria conseguente a provvedimento restrittivo della libertà personale, né le dimissioni del dipendente in pendenza di sospensione facoltativa dal servizio sono idonee a cristallizzare gli effetti della disposta sospensione, essendo l'amministrazione comunque tenuta ad attivare o a coltivare il procedimento disciplinare al fine di impedire che la sospensione divenga priva di titolo. Tra i precedenti in argomento si veda Cassazione 26287/13 per la quale in caso di sospensione cautelare disposta nei confronti di dipendente di ente locale condannato in sede penale, la sorte della misura è condizionata all'esito del procedimento disciplinare attivato o riattivato dopo la decisione in sede penale avente ad oggetto i medesimi fatti a carico del lavoratore stesso, con la conseguenza che, ove la P.A. non si sia conformata ai requisiti di legittimità che rendono valida la sanzione disciplinare intimata, la sospensione unilaterale del rapporto resta priva di causa e il dipendente ha diritto, detratto quanto percepito a titolo di assegno alimentare, alla restitutio in integrum . In tema di sospensione cautelare dal servizio in pendenza di procedimento penale a carico del lavoratore, per Cassazione 5147/13, il principio secondo il quale quanto corrisposto a titolo d'indennità all'impiegato nel periodo della suddetta sospensione dev'essere conguagliato con quanto dovuto se il lavoratore fosse restato in servizio, trova applicazione non solo nel caso - espressamente previsto dall'art. 27, comma 7, c.c.n.l. comparto Ministeri del 16 maggio 1995 - di proscioglimento in sede penale con formula piena, ma anche nel caso in cui la durata della sospensione cautelare ecceda quella della sanzione della sospensione irrogata a conclusione del procedimento disciplinare riattivato a seguito della sentenza penale di proscioglimento, ma con formula diversa da quella piena come poi espressamente statuito dall'art. 15 c.c.n.l. comparto Ministeri del 12 giugno 2003 , in quanto altrimenti la perdita della retribuzione dovuta non sarebbe giustificata e finirebbe per gravare il lavoratore prosciolto di una vera e propria sanzione disciplinare aggiuntiva per fatto unilaterale del datore di lavoro. SEZIONE LAVORO 27 APRILE 2018 N. 10306 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - RETRIBUZIONE - IN GENERE. Prospetti paga sottoscritti per ricevuta” - Prova dell’avvenuto pagamento - Esclusione - Conseguenze in tema di riparto dell’onere probatorio - Insussistenza. La sottoscrizione per ricevuta apposta dal lavoratore alla busta paga non implica, in maniera univoca, l'effettivo pagamento della somma ivi indicata, sicché la regolare tenuta della relativa documentazione da parte del datore di lavoro non determina alcuna conseguenza circa gli oneri probatori gravanti sulle parti. Le buste paga, ancorché sottoscritte dal lavoratore con la formula per ricevuta , costituiscono prova solo della loro avvenuta consegna ma non anche dell'effettivo pagamento, della cui dimostrazione è onerato il datore di lavoro, attesa l'assenza di una presunzione assoluta di corrispondenza tra quanto da esse risulta e la retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore, il quale può provare l'insussistenza del carattere di quietanza delle sottoscrizioni eventualmente apposte, fermo restando che l'accettazione senza riserve della liquidazione da parte di quest'ultimo al momento della risoluzione del rapporto può assumere, in presenza di altre circostanze precise, concordanti ed obiettivamente concludenti dell'intenzione di accettare l'atto risolutivo, significato negoziale Cassazione 13150/16. In tema di accertamento del passivo fallimentare, le copie delle buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro, ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest'ultimo, hanno piena efficacia probatoria del credito insinuato alla stregua del loro contenuto, obbligatorio e penalmente sanzionato, né la sottoscrizione per ricevuta apposta dal lavoratore implica, in modo univoco, l'intervenuto pagamento delle somme indicate nei menzionati prospetti Cassazione 17413/15.