RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 23 GENNAIO 2018 N. 1631 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – DISCIPLINARE. Giusta causa - Falsa certificazione - Consapevole utilizzo - Configurabilità - Condizioni. In tema di licenziamento disciplinare, il consapevole utilizzo da parte del lavoratore di un falso certificato, al fine di poter usufruire di un giorno di riposo altrimenti non spettante, può concretare il concetto di giusta causa previsto dall'art. 2119 c.c., derogabile in senso più favorevole al lavoratore solo ove una specifica norma contrattuale collettiva preveda espressamente simile caso come meritevole di una sanzione meno grave. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 8826/2017 per la quale la valutazione in ordine alla legittimità del licenziamento disciplinare di un lavoratore per una condotta contemplata, a titolo esemplificativo, da una norma del contratto collettivo fra le ipotesi di licenziamento per giusta causa deve essere, in ogni caso, effettuata attraverso un accertamento in concreto, da parte del giudice di merito, della reale entità e gravità del comportamento addebitato al dipendente, nonché del rapporto di proporzionalità tra sanzione ed infrazione, anche quando si riscontri l'astratta corrispondenza di quel comportamento alla fattispecie tipizzata contrattualmente, occorrendo sempre che la condotta sanzionata sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, tenendo conto della gravità del comportamento in concreto del lavoratore, anche sotto il profilo soggettivo della colpa o del dolo, con valutazione in senso accentuativo rispetto alla regola della non scarsa importanza dettata dall'art. 1455 c.c. In argomento si veda Cassazione 10842/2016 per la quale la sussistenza in concreto di una giusta causa di licenziamento va accertata in relazione sia alla gravità dei fatti addebitati al lavoratore sia alla proporzionalità tra tali fatti e la sanzione inflitta, con valutazione dell'inadempimento in senso accentuativo rispetto alla regola generale della non scarsa importanza dettata dall'art. 1455 c.c SEZIONE LAVORO 15 GENNAIO 2018 N. 753 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - COSTITUZIONE DEL RAPPORTO - DURATA DEL RAPPORTO - A TEMPO DETERMINATO - IN GENERE. Clausola di contingentamento ex art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001 - Computo dei lavoratori - Rapporti part-time - Criterio del cd. full time equivalent ex art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 61 del 2000 - Applicabilità - Esclusione - Fondamento. In tema di contratto di lavoro a tempo determinato, l’art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, nel prevedere che il numero dei lavoratori assunti a termine dalle imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste non può superare il limite percentuale del quindici per cento dell'organico aziendale, si riferisce al numero complessivo dei lavoratori assunti, in base ad un criterio quantitativo per teste”, dovendosi escludere il computo dei contratti a tempo determinato part-time” fino alla concorrenza dell'orario pieno, ossia secondo il criterio cd. full time equivalent , previsto dall’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 61 del 2000 al fine di facilitare il calcolo dell’organico in sede di recepimento della direttiva 1997/81/CE e in vista della prevedibile estensione del lavoro a tempo parziale, ma non anche ai fini della disciplina dei limiti di utilizzo del contratto a tempo determinato, che ha una specifica ratio”, riconducibile alla finalità antiabusiva della direttiva 1999/70/CE. In tema di clausola di contingentamento dei contratti di lavoro a termine di cui all'art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, secondo Cassazione 4764/2015 l'onere della prova dell'osservanza del rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a termine previsto dalla contrattazione collettiva, da verificarsi necessariamente sulla base dell'indicazione del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, è a carico del datore di lavoro, sul quale incombe la dimostrazione, in forza dell'art. 3 della legge 18 aprile 1962, n. 230, dell'oggettiva esistenza delle condizioni che giustificano l'apposizione di un termine al contratto di lavoro. In argomento si veda per lo specifico caso di Poste Italiane il principio affermato da Cassazione n. 11374/2016 per la quale le assunzioni a tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal comma 1 bis dell'art. 2 del d.lgs. n. 368 del 2001, non necessitano anche dell'indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi del comma 1 dell'art. 1 del medesimo d.lgs., trattandosi di ambito nel quale la valutazione sulla sussistenza della giustificazione è stata operata ex ante direttamente dal legislatore.