RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 3 SETTEMBRE 2015, N. 17516 PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - CONTRIBUTI ASSICURATIVI - SOGGETTI OBBLIGATI - IN GENERE. Interposizione nelle prestazioni di lavoro - Obbligazione contributiva del datore di lavoro apparente - Esclusione - Pregresso versamento dei contributi da parte di questi - Efficacia satisfattiva - Configurabilità - Fondamento. In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, non è configurabile una obbligazione concorrente del datore di lavoro apparente per i contributi dovuti agli enti previdenziali, fatta salva l’incidenza satisfattiva dei pagamenti eventualmente eseguiti da terzi, ai sensi dell’art. 1180, comma 1, cc, ovvero dallo stesso datore di lavoro fittizio, senza che assuma rilievo la consapevolezza dell’altruità del debito, atteso che, in caso di indebito soggettivo, anche il pagamento effettuato per errore è qualificabile, in forza del coordinamento tra gli artt. 1180 e 2036 cc, come pagamento di debito altrui, con efficacia estintiva dell’obbligazione in presenza delle condizioni di cui all’art. 2036, comma 3, cc. Tra i precedenti in argomento si veda Cassazione 23844/2011 per la quale in tema di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, non è configurabile una concorrente obbligazione del datore di lavoro apparente con riferimento ai contributi dovuti agli enti previdenziali, rimanendo tuttavia salva l’incidenza satisfattiva ai sensi dell’art. 1180, primo comma, cc, dei pagamenti eventualmente eseguiti, dal datore di lavoro fittizio, nei confronti del quale, per la sua posizione di corresponsabile della violazione dell’art. 1 della legge 1369/1960, deve essere esclusa la scusabilità dell’errore sull’identità dell’effettivo debitore, con conseguente irripetibilità della somma eventualmente versata a titolo di contributi. Analogamente per Cassazione 28061/2011, è fatta salva l’incidenza satisfattiva di pagamenti eseguiti da terzi, ai sensi dell’art. 1180, primo comma, cc, e quindi anche di quelli effettuati dal datore di lavoro apparente, la cui conseguente responsabilità per il pagamento dei contributi previdenziali, che si aggiunge in via autonoma a quella del datore di lavoro effettivo in dipendenza dell’apparenza del diritto e dell’affidamento dei terzi di buona fede, non può tuttavia derogare al principio che l’unico rapporto di lavoro rilevante verso l’ente previdenziale è quello intercorrente con il datore di lavoro effettivo. Nel caso di azione dell’INPS per il recupero di contributi non versati, l’accertamento della natura fittizia del rapporto con il datore di lavoro interposto costituisce oggetto di questione pregiudiziale conosciuta dal giudice in via incidentale, non suscettibile di giudicato e, quindi, inidonea a vincolare il terzo e a lederne il diritto di difesa Cassazione 16681/2015. SEZIONE LAVORO 2 SETTEMBRE 2015, N. 17433 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - LAVORO DOMESTICO - IN GENERE NOZIONE, DISTINZIONI . Tutela della maternità - Rapporto delle lavoratrici domestiche - Applicabilità - Limiti - Divieto di licenziamento - Esclusione - Fondamento. In tema di lavoro domestico non opera il divieto di licenziamento della lavoratrice in stato di gravidanza atteso che l’art. 62, comma 1, del D.Lgs. 151/2001, richiama gli artt. 6, comma 3, 16, 17, 22 commi 3 e 6 con il relativo trattamento economico e normativo , ma non anche l’art. 54 dello stesso decreto. In senso contrario si è pronunciata Cassazione 6199/1998 per la quale, attesa l’applicabilità al rapporto di lavoro domestico della tutela della maternità prevista dall’art. 2110 cc, anche per tale rapporto di lavoro, in occasione della maternità, deve ritenersi sussistente il divieto di licenziamento per un periodo che, non essendo applicabile né la legge 1204/1971 non estensibile in toto allo speciale rapporto delle collaboratrici familiari in quanto presupponente un’organizzazione del lavoro capace di consentire la sostituzione per lunghi periodi della lavoratrice in gravidanza e puerperio , né le convenzioni internazionali in materia non direttamente operanti atteso il rinvio, in esse contenuto, a interventi complementari del legislatore nazionale , dovrà essere individuato dal giudice che, in mancanza di usi normativi e in caso di non applicabilità del contratto collettivo di categoria, determinerà equitativamente le modalità temporali del divieto di licenziamento della lavoratrice domestica in maternità, definendo i diritti e gli obblighi delle parti durante il periodo in cui tale divieto sia ritenuto operante legittimo parametro di riferimento di tale giudizio equitativo, per la sua coerenza con le norme della legge 1204/1971 applicabili anche alle lavoratrici domestiche, può essere individuato in quel periodo due mesi prima e tre mesi dopo il parto in cui è vietato adibire al lavoro tutte le lavoratrici dipendenti, riconoscendo alle stesse una indennità giornaliera adeguata alla retribuzione, indennità corrisposta, nel caso delle collaboratrici familiari, direttamente dall’Inps. In materia di tutela della maternità, per Cassazione 10179/2004,anche nella più avanzata normativa nazionale di cui al D.Lgs. 151/2001, è esclusa la estensione in favore delle lavoratrici autonome del divieto di risoluzione del rapporto di lavoro operante per le lavoratrici subordinate, senza che tale esclusione possa sollevare dubbi di illegittimità costituzionale, emergendo dalla stessa giurisprudenza costituzionale v. sent. 150/1994 il principio della non comparabilità tra le posizioni del lavoratore subordinato e del lavoratore autonomo, e quello della legittimità della mancata estensione del divieto di cui si tratta a particolari categorie di lavoratrici subordinate, quali le addette ai servizi domestici v. sentt. 86/1994, 9/1987 e 27/1974 . Né l’ordinamento comunitario, che pure ha imposto l’estensione del principio della parità di trattamento e della tutela antidiscriminatoria a tutti i lavoratori, compresi quelli autonomi, contiene precetti che impongano agli Stati membri di vietare il recesso dal rapporto in essere con lavoratrici madri, neanche con riferimento alle lavoratrici subordinate.