RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 20 OTTOBRE 2014 N. 22146 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - RETRIBUZIONE – PRESCRIZIONE. Successione di contratti di lavoro a termine - Crediti di lavoro - Prescrizione - Decorrenza - Principio della non decorrenza della prescrizione durante il rapporto - Applicabilità ad arco di tempo contenente più contratti di lavoro a termine, ciascuno dei quali valido ed efficace - Esclusione. Nel caso che tra le stesse parti si succedano due o più contratti di lavoro a termine, ciascuno dei quali legittimo ed efficace, il termine prescrizionale dei crediti retributivi, di cui agli artt. 2948, numero 4, 2955, numero 2, e 2956, numero 1, cod. civ., inizia a decorrere, per i crediti che sorgono nel corso del rapporto lavorativo, dal giorno della loro insorgenza e, per quelli che maturano alla cessazione del rapporto, a partire da tale momento, dovendo - ai fini della decorrenza della prescrizione - i crediti scaturenti da ciascun contratto considerarsi autonomamente e distintamente da quelli derivanti dagli altri e non potendo assumere alcuna efficacia sospensiva della prescrizione gli intervalli di tempo correnti tra un rapporto lavorativo e quello successivo, stante la tassatività della elencazione delle cause sospensive previste dagli artt. 2941 e 2942 cod. civ., e la conseguente impossibilità di estendere tali cause al di là delle fattispecie da quest'ultime norme espressamente previste. Nel caso di pluralità di contratti a termine illegittimamente apposto in quanto stipulati in frode alla legge con conseguente conversione in unico contratto a tempo indeterminato, per Cassazione 14996/2012 il diritto al pagamento dell'indennità forfetizzata e onnicomprensiva , di cui al comma 5 dell'art. 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, si distingue da quello, imprescrittibile, a far valere la nullità del termine, ed è soggetto al termine di prescrizione ordinario, restando invece inapplicabili i termini prescrizionali di cui all'art. 2948 n. 4 cod. civ. o agli artt. 2955 n. 2 e 2956 n. 1 cod. civ., fermo restando che, in considerazione del metus del lavoratore nei confronti del datore di lavoro tipico dei rapporti senza stabilità - che non può essere valutato in base alla successiva declaratoria, pur retroattiva, di nullità del termine e di conversione del rapporto a tempo indeterminato-, durante la successione dei contratti a termine non è configurabile un decorso della prescrizione del diritto all'indennità, al pari dei diritti derivanti dalla detta conversione. In generale, in tema di prescrizione dei crediti retributivi del lavoratore, per Cassazione 7640/2012 l'onere di provare la sussistenza del requisito occupazionale della stabilità reale, ai fini della decorrenza del termine in costanza di rapporto di lavoro grava sul datore di lavoro, che tale decorrenza eccepisca, dovendosi ritenere, alla luce della tutela ex art. 36 Cost., che la sospensione in costanza di rapporto costituisca la regola e l'immediata decorrenza l'eccezione. Né, in senso contrario, rileva il diverso principio, operante nelle controversie aventi ad oggetto l'impugnativa del licenziamento, secondo il quale, a fronte della richiesta di tutela reale del lavoratore, spetta al datore di lavoro la prova dell'assenza della suddetta condizione, che rileva quale fatto impeditivo del diritto del lavoratore alla reintegrazione. SEZIONE LAVORO 17 OTTOBRE 2014 N. 22063 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - PER MUTUO CONSENSO DIMISSIONI. Dimissioni rassegnate dal lavoratore in stato di incapacità naturale - Annullamento - Diritto alle retribuzioni maturate - Decorrenza - Dalla data della sentenza di annullamento - Fondamento. Nell'ipotesi di annullamento delle dimissioni presentate da un lavoratore subordinato nella specie, perché in stato di incapacità naturale le retribuzioni spettano dalla data della sentenza che dichiara l'illegittimità delle dimissioni, in quanto il principio secondo cui l'annullamento di un negozio giuridico ha efficacia retroattiva non comporta anche il diritto del lavoratore alle retribuzioni maturate dalla data delle dimissioni a quella della riammissione al lavoro, che, salvo espressa previsione di legge, non sono dovute in mancanza della prestazione lavorativa. In senso conforme si veda Cassazione 13045/2005 per la quale, in caso di dimissioni presentate dal lavoratore in stato di incapacità naturale, il diritto a riprendere il lavoro sorge con la sentenza di annullamento ai sensi dell'art. 428 cod. civ., i cui effetti retroagiscono al momento della domanda giudiziaria in applicazione del principio generale secondo cui la durata del processo non deve andare a detrimento della parte vincitrice. Ne consegue che anche il diritto alle retribuzioni maturate sorge solo dalla data della domanda giudiziale, dovendosi escludere che l'efficacia totalmente ripristinatoria dell'annullamento del negozio unilaterale risolutivo del rapporto di lavoro si estenda al diritto alla retribuzione che, salvo diversa espressa eccezione di legge, non è dovuta in mancanza dell'attività lavorativa. In senso contrario si è invece pronunciata Cassazione 8886/2010, affermando che nell'ipotesi di annullamento delle dimissioni presentate da un lavoratore subordinato nel caso di specie, per vizi della volontà , il principio secondo cui l'annullamento di un negozio giuridico ha efficacia retroattiva non comporta il diritto del lavoratore alle retribuzioni maturate dalla data delle dimissioni a quella della riammissione al lavoro in questa ipotesi, le retribuzioni spettano dalla data della sentenza che dichiara l'illegittimità delle dimissioni. Su principio di sinallagmaticità in tema di licenziamento si veda Cassazione 18844/2010 secondo cui il licenziamento affetto da uno dei vizi formali di cui all'art. 2 della legge n. 604 del 1966 e succ. mod. non produce effetti sulla continuità del rapporto, che deve pertanto considerarsi mai interrotto. Per i rapporti non rientranti nell'area della tutela reale, la conseguenza di tale continuità consiste nel fatto che il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno, determinabile secondo le regole in materia di inadempimento delle obbligazioni, anche facendo eventualmente riferimento alle retribuzioni perdute ma sempre considerando che la natura sinallagmatica del rapporto richiede ai fini dell'adempimento dell'obbligazione retributiva che siano messe a disposizione le operae e, cioè, l'offerta, della prestazione lavorativa.