RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 15 MAGGIO 2014 N. 10667 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - RETRIBUZIONE - SVALUTAZIONE MONETARIA - Indennità di rischio radiologico - Interessi e rivalutazione monetaria - Divieto di cumulo di cui all'art. 22, comma 36, legge n. 724 del 1994 - Applicabilità - Fondamento. L'indennità di rischio radiologico ha natura retributiva-indennitaria, in quanto finalizzata a compensare una prestazione sanitaria resa in peculiari condizioni e ambienti lavorativi, senza che rilevino profili risarcitori derivanti dall'assorbimento delle radiazioni o dall'inadempimento di obblighi di prevenzione del datore di lavoro. Ne consegue che sulla somma corrisposta a detto titolo, qualora il relativo credito non sia maturato entro il 31 dicembre 1994, non sono cumulabili interessi e rivalutazione monetaria, in applicazione dell'art. 22, comma 36, della legge 24 dicembre 1994, n. 724. In tema di accessori dei crediti di lavoro, per Cassazione 21856/2004, il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria e interessi previsto dall'art. 22, comma trentaseiesimo, legge n. 724 del 1994, è limitato agli emolumenti per i quali il diritto alla percezione non sia maturato entro il 31 dicembre 1994, con la conseguenza che il cumulo compete per i crediti retributivi maturati prima di tale data, ancorché pagati in epoca successiva. Con riferimento all' indennità mensile di rischio radiologico, prevista dall'art. 1 della legge 27 ottobre 1988, n. 460, si veda Cassazione 18919/2013 per la quale mentre per il personale medico e tecnico di radiologia opera una presunzione assoluta di rischio avente carattere professionale, nel senso che l'esercizio dell'attività configura di per sé il rischio che dà diritto all' indennità, per il personale sanitario che sia esposto a rischio in modo discontinuo, temporaneo o a rotazione, l'accertamento della sussistenza del rischio effettivo è devoluto ad una apposita commissione tecnica, la cui verifica delle singole situazioni concrete riveste carattere costitutivo, dipendendo dal suo esito il riconoscimento dell'indennità. SEZIONE LAVORO 15 MAGGIO 2014 N. 10662 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - SUBORDINAZIONE - SANZIONI DISCIPLINARI - Contestazione dell'addebito - Funzione - Specificità - Necessità - Contestazione per relationem rispetto a procedimento penale - Ammissibilità - Condizioni. In tema di sanzioni disciplinari a carico dei lavoratori subordinati, la contestazione dell'addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l'immediata difesa e deve, conseguentemente, rivestire il carattere della specificità, senza l'osservanza di schemi prestabiliti e rigidi, purché siano fornite al lavoratore le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati. Ne consegue la piena ammissibilità della contestazione per relationem , mediante il richiamo agli atti del procedimento penale instaurato a carico del lavoratore, per fatti e comportamenti rilevanti anche ai fini disciplinari, ove le accuse formulate in sede penale siano a conoscenza dell'interessato, risultando rispettati, anche in tale ipotesi, i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio. In senso conforme al principio di cui alla massima si veda Cassazione 5115/2010. In tema di procedimento disciplinare, per Cassazione 23223/2010, il riferimento a fatti oggetto di un procedimento penale è sufficiente ad integrare una valida contestazione dell'addebito disciplinare, dovendosi ritenere che, con tale richiamo, sia rispettato il diritto di difesa dell'incolpato, il quale è posto in grado di svolgere, anche in sede disciplinare, le più opportune difese. Nel licenziamento per motivi disciplinari, per Cassazione 11933/2003, la regola della specificità della contestazione dell'addebito non richiede necessariamente - ove questo sia riferito a molteplici fatti nella specie l'essersi allontanato quotidianamente dal posto di lavoro senza alcuna giustificazione - l'indicazione anche del giorno e dell'ora in cui gli stessi fatti sono stati commessi, essendo invece sufficiente che il tenore della contestazione sia tale da consentire al lavoratore di individuare nella loro materialità i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 cod. civ., di comprendere l'accusa rivoltagli e di esercitare il diritto di difesa.