RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 27 NOVEMBRE 2013, N. 26520 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - RETRIBUZIONE - CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI. Attività lavorativa spiegata dal cassintegrato - Decadenza dal diritto - Art. 8, comma 5, del Dl 86/1988 - Interpretazione letterale e ratio legis” - Decadenza dal globale trattamento salariale - Fondamento - Diversa opzione interpretativa - Effetti. In tema di decadenza dal diritto al trattamento di integrazione salariale, l’ interpretazione letterale dell’art. 8, comma 5, del Dl 86/1988, convertito nella legge 160/1988, induce a ritenere che l’espressione diritto al trattamento di integrazione salariale” faccia riferimento al globale trattamento salariale, senza alcuna distinzione all’interno del periodo di cassa integrazione o rilievo, ai fini della decadenza, della collocazione temporale dell’attività di lavoro autonomo o subordinato spiegata dal cassintegrato, in coerenza con la ratio legis” della disposizione, volta ad assicurare la massima efficacia ai controlli dell’INPS al fine di ridurre l’area del lavoro nero e garantire l’effettiva destinazione, a sostegno dei disoccupati, delle risorse disponibili. Una diversa opzione interpretativa, che limiti la decadenza dall’integrazione solo al periodo successivo all’inizio dell’attività lavorativa da parte del cassintegrato, comporterebbe la soppressione della sanzione prevista dalla norma e finirebbe, ingiustamente, per equiparare i cassaintegrati che svolgono un lavoro retribuito senza informarne l’INPS e quelli che, invece, correttamente assolvono l’obbligo di comunicazione. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 4004/2007. In tema di integrazione salariale, secondo Cassazione 14196/2010, l’incompatibilità del trattamento con qualsiasi attività di lavoro autonomo - stabilita dall’art. 8, comma 4, del Dl 86/1988, convertito in legge 160/1988 - trova applicazione anche con riferimento alla partecipazione ad attività di impresa, ancorché questa non sia inquadrabile nel lavoro autonomo di cui agli artt. 2222 cc e ss. Ne consegue che, anche con riferimento all’anzidetta situazione, si applica il principio di cui al comma 5 del medesimo articolo, secondo il quale il lavoratore che non adempia all’obbligo di comunicazione preventiva all’INPS dello svolgimento di attività lavorative che possono risultare incompatibili con la percezione del trattamento economico decade dal beneficio rispondendo detta comunicazione alle finalità di consentire all’INPS la verifica circa la compatibilità dell’attività svolta con il perdurare del rapporto di lavoro, che costituisce il presupposto dell’integrazione salariale. SEZIONE LAVORO 25 NOVEMBRE 2013, N. 26287 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - SUBORDINAZIONE - SANZIONI DISCIPLINARI. Procedimento disciplinare a carico di lavoratore sottoposto a giudizio penale - Sospensione cautelare dal servizio - Illegittimo esercizio dell’iniziativa disciplinare - Conseguenza - Inefficacia della sospensione unilaterale del rapporto di lavoro - Diritto del dipendente alla restitutio in integrum” - Limiti. In caso di sospensione cautelare disposta nei confronti di dipendente di ente locale condannato in sede penale, la sorte della misura è condizionata all’esito del procedimento disciplinare attivato o riattivato dopo la decisione in sede penale avente ad oggetto i medesimi fatti a carico del lavoratore stesso, con la conseguenza che, ove la P.A. non si sia conformata ai requisiti di legittimità che rendono valida la sanzione disciplinare intimata, la sospensione unilaterale del rapporto resta priva di causa e il dipendente ha diritto, detratto quanto percepito a titolo di assegno alimentare, alla restitutio in integrum” . In tema di sospensione cautelare dal servizio in pendenza di procedimento penale a carico del lavoratore, per Cassazione 5147/2013il principio secondo il quale quanto corrisposto a titolo d’indennità all’impiegato nel periodo della suddetta sospensione dev’essere conguagliato con quanto dovuto se il lavoratore fosse restato in servizio, trova applicazione non solo nel caso - espressamente previsto dall’art. 27, comma 7, c.c.n.l. comparto Ministeri del 16 maggio 1995 - di proscioglimento in sede penale con formula piena, ma anche nel caso in cui la durata della sospensione cautelare ecceda quella della sanzione della sospensione irrogata a conclusione del procedimento disciplinare riattivato a seguito della sentenza penale di proscioglimento, ma con formula diversa da quella piena” come poi espressamente statuito dall’art. 15 c.c.n.l. comparto Ministeri del 12 giugno 2003 , in quanto altrimenti la perdita della retribuzione dovuta non sarebbe giustificata e finirebbe per gravare il lavoratore prosciolto di una vera e propria sanzione disciplinare aggiuntiva per fatto unilaterale del datore di lavoro. In argomento si veda anche Cassazione 18528/2011 per la quale lo stato di carcerazione preventiva o di custodia cautelare del lavoratore subordinato - che, non rientrando tra le ipotesi, tutelate dalla legge, di impossibilità temporanea della prestazione, quale la malattia e le altre situazioni contemplate dall’art. 2110 cc, comporta la perdita del diritto alla retribuzione per tutto il tempo in cui si protrae la carcerazione medesima - analogamente determina la cessazione del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni cui sia stato ammesso il lavoratore medesimo, trattamento che, per il fatto di sostituirsi alla retribuzione altrimenti dovuta dal datore di lavoro, presuppone la spettanza di questa e l’obbligo di pronta disponibilità del lavoratore sia a riprendere servizio alla chiamata dell’azienda, sia a svolgere lavori socialmente utili o a partecipare a corsi di formazione, che resta inibita dallo stato di carcerazione. Né può essere invocato il principio della cosiddetta priorità della causa sospensiva della prestazione lavorativa, secondo il quale si considera prevalente ai fini del trattamento retributivo la causa verificatasi prima, atteso che esso si riferisce unicamente alle suddette cause legali di sospensione con diritto alla retribuzione.