RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 16 OTTOBRE 2013 N. 23528 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - SUBORDINAZIONE - SANZIONI DISCIPLINARI. Diritto del lavoratore ad essere sentito oralmente - Sussistenza - Modalità di convocazione per l’audizione - Rispetto dei criteri di buona fede e lealtà contrattuale - Necessità - Valutazione del giudice di merito - Insindacabilità - Fattispecie. In tema di procedimento disciplinare a carico del lavoratore, ove quest’ultimo eserciti il proprio diritto di difesa chiedendo espressamente di essere sentito nei termini di legge, il datore di lavoro ha l’obbligo della sua audizione e l’accertamento che le modalità di convocazione del lavoratore non siano contrarie a buona fede o alla lealtà contrattuale è rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è insindacabile se congruamente motivata. Nella specie, la S.C. ha ritenuto priva di vizi logici o giuridici la decisione del giudice di merito che aveva escluso la lesione del diritto di difesa nel caso di dipendente postale in servizio a Cremona, convocato per l’audizione presso la direzione regionale risorse umane di Milano, ove aveva sede l’organo preposto alla gestione dell’intero procedimento disciplinare . Ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, della legge 300/1970, per Cassazione 7493/2011, in caso di irrogazione di licenziamento disciplinare, il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, ad essere sentito oralmente dal datore di lavoro tuttavia, ove il datore, a seguito di tale richiesta, abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi non ha diritto ad un differimento dell’incontro limitandosi ad addurre una mera disagevole o sgradita possibilità di presenziare, poiché l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa risponda ad un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile. Il datore di lavoro che intenda adottare una sanzione disciplinare nei confronti del dipendente, per Cassazione 21899/2010, non può omettere l’audizione del lavoratore incolpato il quale, ancorché abbia inviato una compiuta difesa scritta, ne abbia fatto espressa richiesta tuttavia, tale volontà deve essere comunicata in termini univoci, a tutela dell’affidamento del datore di lavoro. Secondo Cassazione 7848/2006 l’articolo 7 della legge 300/1970 subordina la legittimità del procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare alla preventiva contestazione degli addebiti, al fine di consentire al lavoratore di esporre le proprie difese in relazione al comportamento ascrittogli, e comporta per il datore di lavoro un dovere autonomo di convocazione del dipendente per l’audizione orale ove quest’ultimo abbia manifestato tempestivamente entro il quinto giorno dalla contestazione la volontà di essere sentito di persona. Pertanto, ove l’audizione sia di fatto impedita come nella specie - e, quindi, rinviata - per lo stato di malattia del dipendente, che certo non autorizza il datore di lavoro ad omettere l’audizione dello stesso dipendente incolpato che l’abbia espressamente richiesta, il conseguente ritardo nell’intimazione del licenziamento disciplinare non inficia quest’ultimo come carente del requisito della tempestività. SEZIONE LAVORO 9 OTTOBRE 2013, N. 22965 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - COSTITUZIONE DEL RAPPORTO - DURATA DEL RAPPORTO - A TEMPO DETERMINATO - IN GENERE. Apponibilità del termine al rapporto di lavoro del dirigente d’azienda - Condizioni - Limiti - Applicabilità della disciplina limitativa della proroga - - Conversione - Esclusione. In materia di rapporto di lavoro dei dirigenti d’azienda, nel regime applicabile ratione temporis” degli artt. 2 e 4 della legge 230/1962 poi abrogata dall’articolo 11 del D.Lgs. 368/2001 , il contratto a termine non costituisce, limitatamente a detta categoria di prestatori di lavoro, deroga al principio generale della normale durata a tempo indeterminato del contratto di lavoro subordinato e, conseguentemente, la prosecuzione del rapporto a tempo determinato del dirigente d’azienda oltre il termine originario o legittimamente prorogato non dà luogo alla conversione in un contratto a tempo indeterminato. Per Cassazione 749/2006, a l rapporto di lavoro dei dirigenti non si applicano, in ragione del suo carattere particolarmente fiduciario, numerose disposizioni che disciplinano la stessa tipologia contrattuale con riferimento alle altre categorie di lavoratori. In particolare, al contratto di lavoro a termine dei dirigenti non si applica l’articolo 2, comma secondo, della legge 230/1962, e pertanto la continuazione del rapporto di lavoro a termine dopo la scadenza del termine stesso non ne comporta la conversione in contratto a tempo indeterminato. Secondo Cassazione 13326/2002, il riconoscimento ad un lavoratore della qualifica di dirigente a prescindere dalla corrispondenza della stessa alle mansioni effettivamente svolte e la successiva stipulazione con lo stesso di una clausola di durata del rapporto di lavoro non possono ritenersi in contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico. Il principio fondamentale desumibile dall’articolo 2103 cc, secondo cui la qualifica deve corrispondere alle mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto, infatti, essendo stabilito a tutela dei diritti del lavoratore, può essere derogato in suo favore, anche nel caso in cui la deroga alla contrattazione collettiva non sia totalmente favorevole al lavoratore, ma presenti aspetti a lui sfavorevoli, in quanto la deroga costituisce legittima espressione di autonomia negoziale se risponde ad un apprezzabile interesse delle parti e non ha finalità elusive di norme imperative, e in particolare di quelle concernenti il divieto di contratti di lavoro a tempo determinato.