RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 10 GIUGNO 2013, N. 14511 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ASSOCIAZIONI SINDACALI - SINDACATI POSTCORPORATIVI - LIBERTÀ SINDACALE - REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE. Sostituzione di un nuovo contratto collettivo e applicazione, da parte del datore di lavoro, del nuovo contratto collettivo anche ai lavoratori iscritti a sindacato non stipulante - Condotta antisindacale - Configurabilità - Esclusione. Non costituisce condotta antisindacale, ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori, il comportamento del datore di lavoro il quale abbia sottoscritto un nuovo contratto collettivo, sostituendo il trattamento in precedenza applicato, frutto di accordo con alcune organizzazioni sindacali, con il trattamento concordato con altri sindacati, ed imponendo tale nuovo trattamento agli iscritti al sindacato non stipulante nonostante l’esplicito diniego espresso infatti, non sussiste, nel nostro ordinamento, un obbligo a carico del datore di lavoro di trattare e stipulare contratti collettivi con tutte le organizzazioni sindacali, rientrando nell’autonomia negoziale da riconoscere alla parte datoriale la possibilità di sottoscrivere un nuovo contratto collettivo con organizzazioni sindacali anche diverse da quelle che hanno trattato e sottoscritto il precedente. Principio conforme è espresso da Cassazione 1504/1992. P er Cassazione 21368/2008 il referendum del 1995, abrogativo del secondo comma dell’art. 26 dello statuto dei lavoratori, e il susseguente Dpr 313/1995 non hanno determinato un divieto di riscossione di quote associative sindacali a mezzo di trattenuta operata dal datore di lavoro, essendo soltanto venuto meno il relativo obbligo, sicché i lavoratori, nell’esercizio della autonomia privata e mediante la cessione del credito in favore del sindacato, possono chiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi sindacali da accreditare al sindacato. Qualora il datore di lavoro affermi che la cessione comporta in concreto, a suo carico, un onere aggiuntivo insostenibile in rapporto all’organizzazione aziendale e perciò inammissibile ex art. 1374 e 1375 cc, deve provarne l’esistenza. L’eccessiva gravosità della prestazione, in ogni caso, non incide sulla validità e l’efficacia della cessione del credito, ma può giustificare l’inadempimento del debitore ceduto, mentre il rifiuto del datore di lavoro di effettuare tali versamenti,qualora sia ingiustificato, configura un inadempimento che, oltre a rilevare sul piano civilistico, costituisce anche condotta antisindacale. SEZIONE LAVORO 7 GIUGNO 2013, N. 14468 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO. Obbligo di prevenzione ex art. 2087 cc - Oggetto - Misure non specificamente prescritte dalla legge ma imposte dalle condizioni di rischio connesse all’utilizzo di attrezzi e macchinari ed all’ambiente di lavoro - Inclusione - Fondamento - Fattispecie relativa ad azione risarcitoria proposta da tecnico di reparto di radiologia di una struttura ospedaliera per malattia tumorale contratta a causa dell’attività lavorativa. L’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 cc impone all’imprenditore di adottare non soltanto le misure tassativamente prescritte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, che rappresentano lo standard minimale fissato dal legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche le altre misure richieste in concreto dalla specificità dei rischi connessi tanto all’impiego di attrezzi e macchinari, quanto all’ambiente di lavoro, dovendosi verificare, in caso di malattia derivante dall’attività lavorativa, le misure in concreto adottate dal datore di lavoro per evitare l’insorgenza della malattia. Nella specie la S.C., in relazione ad azione risarcitoria proposta da tecnico di reparto di radiologia di una struttura ospedaliera per malattia tumorale contratta a causa di guasti ed eccessiva emissione di radiazioni dei macchinari, ha respinto il ricorso del datore di lavoro avverso la decisione di merito che ne aveva affermato la responsabilità, non avendo egli fornito la prova di avere adottato tutte le misure utili a prevenire i rischi legati alla prestazione lavorativa . In argomento si veda Cassazione 6337/2012 per la quale l’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 cc impone all’imprenditore di adottare non soltanto le misure tassativamente prescritte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, che rappresentano lo standard minimale fissato dal legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche le altre misure richieste in concreto dalla specificità del rischio, atteso che la sicurezza del lavoratore è un bene protetto dall’art. 41, secondo comma, Cost. In tema di responsabilità datoriale per infortunio sul lavoro, per Cassazione 10819/2013 l’art. 2087 cc impone all’imprenditore di adottare non soltanto le misure tassativamente prescritte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, le quali rappresentano lo standard” minimale fissato dal legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche le altre cautele richieste in concreto dalla specificità del rischio, sicché, ove il lavoratore proponga domanda risarcitoria sulla base delle norme indicate, non è comunque ravvisabile l’introduzione nel processo di un petitum” diverso e più ampio, oppure di una causa petendi” basata su situazioni giuridiche non prospettate in precedenza o su un differente fatto costitutivo, allorché si individui l’inosservanza dell’indicato standard” minimale in circostanze comunque emerse dagli atti di causa.