RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 10 SETTEMBRE 2012, N. 15106 LAVORO LAVORO SUBORDINATO ESTINZIONE DEL RAPPORTO LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – FORMA. Licenziamento orale Inefficacia Qualità di imprenditore o del regime causale applicabile Rilevanza Esclusione Risarcimento del danno Pagamento delle retribuzioni non percepite. Il licenziamento intimato oralmente è radicalmente inefficace, per inosservanza dell’onere della forma scritta, imposto dall’art. 2 della legge 604/1966, novellato dall’art. 2 della legge 108/1990 e, come tale, è inidoneo a risolvere il rapporto di lavoro, non rilevando, ai fini di escludere la continuità del rapporto stesso, né la qualità di imprenditore del datore di lavoro, né il tipo di regime causale applicabile reale od obbligatorio , giacché la sanzione ivi prevista non opera soltanto nei confronti dei lavoratori domestici e di quelli ultrasessantenni salvo che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto . Ne consegue che la radicale inefficacia del licenziamento orale prescinde dalla natura stessa del recesso, trovando applicazione l’ordinario regime risarcitorio, con obbligo di corrispondere, trattandosi di rapporto di lavoro in atto, le retribuzioni non percepite a causa dell’inadempimento datoriale. Tra i tanti precedenti conformi sul tema si veda Cassazione 16955/2007 per la quale q uindi, la radicale inefficacia del licenziamento orale prescinde dalla natura stessa del recesso e, segnatamente, dalla sua eventuale natura disciplinare, in relazione alla quale l’osservanza del dovuto procedimento presuppone anzitutto il rispetto della forma scritta, quale prescrizione che risponde ad una fondamentale esigenza di certezza e si pone su un piano di tutela più generale. Per Cassazione 21684/2011, qualora il lavoratore deduca di essere stato licenziato oralmente e faccia valere in giudizio la inefficacia o invalidità di tale licenziamento, mentre il datore di lavoro deduca la sussistenza di dimissioni del lavoratore, il materiale probatorio deve essere raccolto, da parte del giudice di merito, tenendo conto che, nel quadro della normativa limitativa dei licenziamenti, la prova gravante sul lavoratore è limitata alla sua estromissione dal rapporto, mentre la controdeduzione del datore di lavoro assume la valenza di un’eccezione in senso stretto, il cui onere probatorio ricade sull’eccipiente ai sensi dell’art. 2697, secondo comma, cc. In argomento si veda anche Cassazione 18087/2007 per la quale nell’ipotesi di controversia in ordine al quomodo” della risoluzione del rapporto licenziamento orale o dimissioni si impone una indagine accurata da parte del giudice di merito, che tenga adeguato conto del complesso delle risultanze istruttorie, in relazione anche all’esigenza di rispettare non solo il primo comma dell’art. 2697 cod. civ., relativo alla prova dei fatti costitutivi del diritto fatto valere dall’attore, ma anche il secondo comma, che pone a carico dell’eccipiente la prova dei fatti modificativi o estintivi del diritto fatto valere dalla controparte. Sicché, in mancanza di prova delle dimissioni, l’onere della prova concernente il requisito della forma scritta del licenziamento prescritta ex lege” a pena di nullità resta a carico del datore di lavoro, in quanto nel quadro della normativa limitativa dei licenziamenti, la prova gravante sul lavoratore riguarda esclusivamente la cessazione del rapporto lavorativo, mentre la prova sulla controdeduzione del datore di lavoro avente valore di una eccezione ricade sull’eccipiente datore di lavoro ex art. 2697 cc. SEZIONE LAVORO 10 SETTEMBRE 2012, N. 15100 LAVORO LAVORO SUBORDINATO COSTITUZIONE DEL RAPPORTO ASSUNZIONE ASSUNZIONE IN PROVA IN GENERE. Patto di prova Scadenza del termine Cessazione delle prestazioni Conclusione del rapporto Decorrenza Comunicazione del recesso datoriale. In tema di lavoro con patto di prova, l’art. 2096 cc secondo il quale, scaduto il termine di durata della prova, ciascuna parte può recedere dal rapporto, divenendo in caso contrario definitiva l’assunzione si riferisce al caso in cui, alla scadenza del termine, il rapporto di lavoro continui a svolgersi e non a quello in cui le prestazioni lavorative cessino alla scadenza e la volontà di recedere del datore venga recepita successivamente dal lavoratore ne consegue che, in tale ultima ipotesi, il rapporto cessa al momento della ricezione del licenziamento. Per Cassazione 4573/2012, il decorso di un periodo di prova determinato nella misura di un complessivo arco temporale, mentre non è sospeso dalla mancata prestazione lavorativa inerente al normale svolgimento del rapporto, quali i riposi settimanali e le festività, deve ritenersi escluso, invece, stante la finalità del patto di prova, in relazione ai giorni in cui la prestazione non si è verificata per eventi non prevedibili al momento della stipulazione del patto stesso, quali la malattia, l’infortunio, la gravidanza e il puerperio, i permessi, lo sciopero, la sospensione dell’attività del datore di lavoro e, in particolare, il godimento delle ferie annuali, che, data la funzione delle stesse di consentire al lavoratore il recupero delle energie lavorative dopo un cospicuo periodo di attività, non si verifica di norma nel corso del periodo di prova. Tale principio trova applicazione solo in quanto non preveda diversamente la contrattazione collettiva, la quale può attribuire od escludere rilevanza sospensiva del periodo di prova a dati eventi, che si verifichino durante il periodo medesimo. Più in generale sull’argomento si veda anche Cassazione 10440/2012 per la quale nel lavoro subordinato, il patto di prova tutela l’interesse di entrambe le parti del rapporto a sperimentarne la convenienza, dovendosi ritenere l’illegittimità del fatto ove la suddetta verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le specifiche mansioni in virtù di prestazione resa dallo stesso lavoratore, per un congruo lasso di tempo, a favore del medesimo datore di lavoro. Ne consegue che la ripetizione del patto di prova in due successivi contratti di lavoro tra le stesse parti è ammissibile solo se essa, in base all’apprezzamento del giudice di merito, risponda alla suddetta causa, permettendo all’imprenditore di verificare non solo le qualità professionali, ma anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per l’intervento di molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute. SEZIONE LAVORO 7 SETTEMBRE 2012, N. 14996 LAVORO LAVORO SUBORDINATO COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DURATA DEL RAPPORTO A TEMPO DETERMINATO IN GENERE. Termine illegittimamente apposto Indennità di cui al comma 5 dell’art. 32 della legge 183/2010 Carattere forfetizzato” ed onnicomprensivo” Interpretazione autentica resa dall’art. 1, comma 13, della legge 92/2012 Funzione di ristoro dell’intero pregiudizio subito dal lavoratore Conseguenze Scatti di anzianità maturati fino alla sentenza che ha dichiarato il rapporto a tempo indeterminato ab origine Spettanza in via ulteriore Esclusione. LAVORO LAVORO SUBORDINATO COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DURATA DEL RAPPORTO A TEMPO DETERMINATO IN GENERE. Pluralità di contratti stipulati in frode alla legge Conversione in unico contratto a tempo indeterminato Indennità forfetizzata” e onnicomprensiva” di cui al comma 5 dell’art. 32 della legge 183/2010 Prescrizione dei crediti relativi Decorrenza in costanza di rapporto Esclusione Fondamento. · In tema di rapporto di lavoro con termine illegittimamente apposto, l’indennità di cui al comma 5 dell’art. 32 della legge 183/2010, come disciplinata dall’art. 1, comma 13, della legge 92/2012 con norma di interpretazione autentica, ha carattere forfetizzato” ed onnicomprensivo” e pertanto ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprendendo tutti i danni -retributivi e contributivi causati dalla nullità del termine ne consegue che l’indennità comprende anche gli scatti di anzianità maturati fino alla sentenza che ha dichiarato il rapporto a tempo indeterminato ab origine” . · Nel caso di pluralità di contratti a termine illegittimamente apposto in quanto stipulati in frode alla legge con conseguente conversione in unico contratto a tempo indeterminato, il diritto al pagamento dell’indennità forfetizzata” e onnicomprensiva”, di cui al comma 5 dell’art. 32 della legge 183/2010, si distingue da quello, imprescrittibile, a far valere la nullità del termine, ed è soggetto al termine di prescrizione ordinario, restando invece inapplicabili i termini prescrizionali di cui all’art. 2948 n. 4 cc o agli artt. 2955 n. 2 e 2956 n. 1 cc, fermo restando che, in considerazione del metus” del lavoratore nei confronti del datore di lavoro tipico dei rapporti senza stabilità che non può essere valutato in base alla successiva declaratoria, pur retroattiva, di nullità del termine e di conversione del rapporto a tempo indeterminato-, durante la successione dei contratti a termine non è configurabile un decorso della prescrizione del diritto all’indennità, al pari dei diritti derivanti dalla detta conversione. · Quanto alla prima massima, in tema di risarcimento del danno per i casi di conversione del contratto di lavoro a tempo determinato, si veda Cassazione 3056/2012 per la quale lo ius superveniens” ex art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge 183/2010 applicabile nel giudizio pendente in grado di legittimità qualora pertinente alle questioni dedotte nel ricorso per cassazione configura, alla luce dell’interpretazione adeguatrice offerta dalla Corte costituzionale con sentenza 303/2011, una sorta di penale ex lege” a carico del datore di lavoro che ha apposto il termine nullo pertanto, l’importo dell’indennità è liquidato dal giudice, nei limiti e con i criteri fissati dalla novella, a prescindere dall’intervenuta costituzione in mora del datore di lavoro e dalla prova di un danno effettivamente subito dal lavoratore senza riguardo, quindi, per l’eventuale aliunde perceptum” , trattandosi di indennità forfetizzata” e onnicomprensiva” per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto intermedio” dalla scadenza del termine alla sentenza di conversione . In argomento si veda anche Cassazione 16266/2011 per la quale nel giudizio di legittimità, lo ius superveniens”, che introduca una nuova disciplina del rapporto controverso, può trovare applicazione alla condizione, necessaria, che la normativa sopraggiunta sia pertinente rispetto alle questioni agitate nel ricorso, posto che i principi generali dell’ordinamento in materia di processo per cassazione e soprattutto quello che impone che la funzione di legittimità sia esercitata attraverso l’individuazione delle censure espresse nei motivi di ricorso e sulla base di esse richiedono che il motivo del ricorso, con cui è investito, anche indirettamente, il tema coinvolto nella disciplina sopravvenuta, oltre che sussistente sia ammissibile secondo la disciplina sua propria. Ne consegue che ove sia invocata l’applicazione dell’art. 32, commi 5, 6 e 7, legge 183/2010 con riguardo alle conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro è necessario che i motivi del ricorso investano specificamente le conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine, che non siano tardivi, generici o affetti da altra causa di inammissibilità, ivi compresa la mancata osservanza del precetto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. nella specie, applicabile ratione temporis” , determinandosi, in caso contrario, la stabilità ed irrevocabilità delle statuizioni di merito contestate. · Quanto al principio di cui alla seconda massima si vedano Sezioni Unite575/2003 per le quali n el caso che tra le stesse parti si succedano due o più contratti di lavoro a termine, ciascuno dei quali legittimo ed efficace, il termine prescrizionale dei crediti retributivi, di cui agli artt. 2948, numero 4, 2955, numero 2, e 2956, numero 1, cc, inizia a decorrere, per i crediti che sorgono nel corso del rapporto lavorativo dal giorno della loro insorgenza e, per quelli che si maturano alla cessazione del rapporto, a partire da tale momento, dovendo ai fini della decorrenza della prescrizione i crediti scaturenti da ciascun contratto considerarsi autonomamente e distintamente da quelli derivanti dagli altri e non potendo assumere alcuna efficacia sospensiva della prescrizione gli intervalli di tempo correnti tra un rapporto lavorativo e quello successivo, stante la tassatività della elencazione delle cause sospensive previste dagli artt. 2941 e 2942 cc, e la conseguente impossibilità di estendere tali cause al di là delle fattispecie da quest’ultime norme espressamente previste.