RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 20 LUGLIO 2012, N. 12706 PROCEDIMENTI SPECIALI PROCEDIMENTI IN MATERIA DI LAVORO E DI PREVIDENZA IMPUGNAZIONI APPELLO IN GENERE. Divieto dei nova” Eccezioni nuove Nozione Fattispecie. Nel procedimento di appello in materia di lavoro, le eccezioni nuove, vietate dall’art. 437 Cpc, sono le eccezioni in senso stretto, che introducono in giudizio un nuovo thema decidendum” e un nuovo accertamento di fatto. Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha escluso che il datore di lavoro, il quale sin dal primo grado aveva contestato lo svolgimento da parte del lavoratore di mansioni riconducibili alla superiore qualifica rivendicata, abbia sollevato un’eccezione nuova specificando in appello che tali mansioni erano state svolte in modo residuale . In argomento si vedano Sezioni Unite 15661/2005 per le quali, poiché nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale , l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della normale rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l’interruzione della prescrizione. Per Cassazione 11108/2007, posto, in generale, il principio secondo cui tutte le ragioni che possono condurre al rigetto della domanda per difetto delle sue condizioni di fondatezza, o per la successiva caducazione del diritto con essa fatto valere, possono essere rilevate anche d’ufficio, in base alle risultanze rite et recte” acquisite al processo, nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole processuali, con l’effetto che la verifica attribuita al giudice in ordine alla sussistenza del titolo che rappresenta la funzione propria della sua giurisdizione deve essere compiuta, di norma, ex officio”, in ogni stato e grado del processo, nell’ambito proprio di ognuna delle sue fasi, si deve affermare che detto principio trova il suo principale limite in relazione al disposto dell’art. 112 Cpc nell’inammissibilità della pronuncia d’ufficio sulle eccezioni, perciò denominate proprie” e specificamente previste normativamente, che possono essere proposte soltanto dalle parti, ricadendo, in virtù di una scelta proveniente dalla legge sostanziale e giustificatesi in ragione della tutela di particolari interessi di merito, nella sola loro disponibilità, ed esse si identificano, nel processo del lavoro, con quelle richiamate negli artt. 416, comma secondo, e 437, comma secondo, Cpc, rispettivamente per il giudizio di primo grado e per quello di appello. Peraltro, tale limitazione si estende anche a quelle ipotesi di eccezioni in cui l’iniziativa necessaria della parte, a prescindere dall’espressa previsione di legge, è richiesta strutturalmente”, perché il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio, come si verifica con riguardo a tipiche azioni costitutive, nelle quali la scelta del debitore di eccepire o meno il fatto o la situazione giuridica impeditiva o estintiva discende dalla tutela di un interesse di merito dello stesso debitore di adempiere comunque alla pretesa attorea. Alla luce di ciò può asserirsi che non rientra nel novero delle eccezioni che sfuggono al rilievo d’ufficio quella inerente come nella specie , nelle controversie di lavoro, alla deduzione di inapplicabilità della clausola contrattuale dedotta dal lavoratore, per la cui proposizione, quindi, non si prospetta configurabile la decadenza stabilita dai richiamati artt. 416 e 437 del codice di rito. SEZIONE LAVORO 20 LUGLIO 2012, N. 12696 LAVORO LAVORO SUBORDINATO DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO DILIGENZA NELLA PRESTAZIONE. Adibizione a mansioni non rispondenti alla qualifica Eccezione d’inadempimento da parte del lavoratore Legittimità Condizioni Rifiuto aprioristico di eseguire la prestazione richiesta Illegittimità Fondamento Limiti. Il lavoratore adibito a mansioni non rispondenti alla qualifica può chiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell’ambito della qualifica di appartenenza, ma non può rifiutarsi aprioristicamente, senza avallo giudiziario, di eseguire la prestazione richiestagli, essendo egli tenuto a osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartite dall’imprenditore ai sensi degli artt. 2086 e 2104 cc, da applicarsi alla stregua del principio sancito dall’art. 41 Cost., e potendo egli invocare l’art. 1460 cc solo in caso di totale inadempimento del datore di lavoro, a meno che l’inadempimento di quest’ultimo sia tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore medesimo. Tra i precedenti in senso conforme si veda Cassazione 29832/2008 per la quale nel rapporto di lavoro subordinato non è legittimo ed è sanzionabile con il licenziamento per giusta causa il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa dovuta, a causa di una ritenuta dequalificazione, ove il datore di lavoro adempia a tutti gli altri obblighi derivantigli dal contratto pagamento della retribuzione, copertura previdenziale ed assicurativa etc. , essendo giustificato il rifiuto di adempiere alla propria prestazione, ex” art. 1460 cc, solo se l’altra parte sia totalmente inadempiente, negli altri casi potendo il lavoratore rifiutare lo svolgimento di singole prestazioni lavorative non conformi alla propria qualifica, ma non potendo rifiutare lo svolgimento di qualsiasi prestazione lavorativa. Sull’eccezione di inadempimento si veda Cassazione 11430/2006 per la quale, il giudice, ove venga proposta dalla parte l’eccezione inadimplenti non est adimplendum”, deve procedere ad una valutazione comparativa degli opposti adempimenti avuto riguardo anche allo loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse, per cui qualora rilevi che l’inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l’eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altra parte a norma dell’art. 1455 cc, deve ritenersi che il rifiuto di quest’ultima di adempiere la propria obbligazione non sia in buona fede e, quindi, non sia giustificato ai sensi dell’art. 1460, secondo comma, cc. Tale valutazione rientra nei compiti del giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria.