RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 11 LUGLIO 2012, N. 11676 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DONNE - DIRITTO ALLA CONSERVAZIONE DEL POSTO. Dimissioni del lavoratore padre presentate durante il periodo di divieto di licenziamento - Estensione delle tutele previste per il caso di licenziamento - Condizioni - Fruizione del congedo di paternità - Fondamento. In tema di dimissioni del lavoratore padre, l’estensione delle tutele previste per il caso di licenziamento in periodo di fruizione del congedo e fino al compimento di un anno di età del bambino anche al padre lavoratore, per il caso di dimissione volontarie presentate durante il periodo di divieto di licenziamento, è condizionata alla fruizione del congedo di paternità, in quanto altrimenti il datore di lavoro, che normalmente non conosce la situazione familiare del dipendente se non a seguito della fruizione del congedo, non potrebbe, in contrasto con il principio della certezza dei rapporti giuridici, accettare le dimissioni del lavoratore senza cautelativamente disporne la convalida dinanzi al Servizio ispettivo del Ministero del Lavoro. Sul tema si veda Cassazione 10994/2000, per la quale la previsione dell’art. 2 della legge 1204/1971, che in caso di dimissioni volontarie nel periodo di divieto di licenziamento garantisce alla lavoratrice il diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento, è fondata sulla presunzione di non completa spontaneità delle dimissioni, dovute alla necessità di occuparsi esclusivamente del bambino o, comunque, con una dedizione tale da poter ostacolare la migliore esecuzione della prestazione lavorativa. Tale presunzione, peraltro, non può operare in modo assoluto, in quanto l’imposizione indiscriminata di obblighi indennitari al datore di lavoro contrasterebbe col principio costituzionale di ragionevolezza art. 3, comma secondo, Cost. , che si concreta in tal caso in quello di responsabilità e nella necessità che all’indennizzo corrisponda almeno un pericolo” di danno, e realizzerebbe una sorta di premio di maternità a carico non già del sistema previdenziale ma dell’imprenditore, con ingiustificata riduzione della sua libertà di iniziativa economica art. 41 Cost. . Conseguentemente, le suddette indennità non sono dovute, perché contrarie alla ratio legis”, quando il datore di lavoro provi che la lavoratrice abbia, senza intervallo di tempo, iniziato un nuovo lavoro dopo le dimissioni e la medesima, a sua volta, non provi che il nuovo lavoro sia per lei meno vantaggioso sul piano sia patrimoniale sia non patrimoniale ad es. per gravosità delle mansioni o per maggiore distanza della sede di lavoro dall’abitazione ecc. . SEZIONE LAVORO 10 LUGLIO 2012, N. 11545 PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO E LE MALATTIE PROFESSIONALI - INFORTUNIO - OCCASIONE DI LAVORO - INFORTUNIO IN ITINERE. Infortunio derivato da eventi dannosi imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell’assicurato - Tutela assicurativa - Sussistenza - Fattispecie. In tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pur nel regime precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. 38/2000, è indennizzabile l’infortunio occorso al lavoratore in itinere” , ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell’assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell’attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo. Fattispecie in tema di lesioni subite a causa di scippo subito dal lavoratore in itinere” . In senso conforme si veda Cassazione 3776/2008. Per Cassazione 2642/2012, il requisito della occasione di lavoro” implica la rilevanza di ogni esposizione a rischio, indipendentemente dal grado maggiore o minore di questo, in relazione al quale il lavoro assuma il ruolo di fattore occasionale, mentre il limite della copertura assicurativa è costituito esclusivamente dal rischio elettivo”, intendendosi per tale quello che, estraneo e non attinente alla attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento. Per Cassazione 20221/2010, in tema di infortunio in itinere”, indipendentemente dall’applicazione dell’art. 2, comma terzo, del Dpr 1124/1965 aggiunto dall’art. 12 del D.Lgs. 38/2000 , per rischio elettivo, che esclude la cosiddetta occasione di lavoro”, si intende una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell’attività lavorativa a prescindere da essa, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata. Ne consegue che l’infortunio che sia occorso al lavoratore nel tragitto prescelto dal lavoratore per raggiungere il posto di lavoro non è escluso dalla copertura assicurativa per il solo fatto che non fosse il più breve”, dovendosi verificare la normalità” della percorrenza dell’itinerario seguito e la sua non riconducibilità a ragioni personali, estranee all’attività lavorativa”. SEZIONE LAVORO 10 LUGLIO 2012, N. 11544 PROCEDIMENTO CIVILE - DOMANDA GIUDIZIALE - IN GENERE. Fattispecie costituente reato dal quale sia derivato un infortunio sul lavoro - Giudizio civile relativo alla responsabilità civile del datore di lavoro - Proposizione entro tre anni dalla sentenza penale di non doversi procedere per morte dell’imputato o per amnistia - Natura del termine - Perentorietà - Interruzione del termine - Deposito del ricorso - Sufficienza - Notifica del ricorso - Necessità - Esclusione. A norma dell’art. 10 comma 5 del Dpr 1124/1965, il giudizio civile relativo alla responsabilità civile del datore di lavoro per fatto costituente reato dal quale sia derivato un infortunio sul lavoro deve essere proposto nel termine di tre anni dalla sentenza di non doversi procedere per morte dell’imputato o per amnistia. Il decorso di tale termine è interrotto dalla proposizione della domanda, e dunque, risultando applicabili i principi generali dello speciale rito del lavoro,dal semplice deposito del ricorso introduttivo v. sentenza della Corte costituzionale 129/1986 , ricollegandosi ad esso la pendenza del giudizio, mentre, nel silenzio della legge, resta escluso che per impedire l’effetto preclusivo sia necessaria la notifica dello stesso ricorso all’ente previdenziale nel termine. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 21540/2007. In tema di infortunio sul lavoro per il quale sia stata esercitata l’azione penale, per Cassazione 5947/2008, ove il relativo processo si sia concluso con sentenza di non doversi procedere, il termine triennale di decadenza previsto per l’esercizio dell’azione di regresso dell’INAIL, di cui all’art. 112 del Dpr 1124/1965, decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale e non dalla mera emanazione della sentenza, non essendovi stato un accertamento dei fatti-reato da parte del giudice penale.