RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 20 FEBBRAIO 2012 N. 2419 PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - CONTRIBUTI ASSICURATIVI - RETRIBUZIONE IMPONIBILE. Determinazione - Onere probatorio a carico del datore di lavoro - Rimborsi per spese di viaggio - Contenuto - Documentazione specifica ed analitica relativa a ciascun viaggio - Necessità - Esclusione - Ragioni. In materia di determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali, l'onere probatorio gravante sul datore di lavoro che invochi l'esclusione, dall'imponibile contributivo, delle erogazioni ai propri dipendenti per il rimborso di spese di viaggio è assolto documentando, per ciascun mese di riferimento, il numero di chilometri percorsi in detta unità di tempo, il tipo di automezzo utilizzato dal lavoratore e l'importo corrisposto per chilometro sulla base della tariffa ACI, senza che occorra produrre documentazione recante, con scheda mensile per ciascun dipendente, l'analitica indicazione dei viaggi giornalmente compiuti, delle località di partenza e di destinazione, dei clienti visitati, nonché il riepilogo giornaliero dei chilometri percorsi, atteso quanto si evince dal disposto di cui all'art. 48, quinto comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall'art. 3, comma 1, del d.lgs. 22 settembre 1997, n. 314, applicabile anche in materia previdenziale a norma dell'art. 6 del medesimo d.lgs In tema di determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali, per Cassazione 461/2011, attese, da un lato, la generale presunzione di cui all'art. 12, primo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 secondo cui si considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve in denaro o in natura in dipendenza del rapporto di lavoro e, dall'altro, la tassatività dell'elencazione delle voci che, in base al secondo comma dello stesso art. 12, sono parzialmente o totalmente escluse dalla contribuzione, il riparto dell'onere probatorio è che l'ente previdenziale deve provare che il lavoratore ha ricevuto dal datore di lavoro somme a qualunque titolo, purché in dipendenza del rapporto di lavoro, mentre è onere del datore di lavoro provare che ricorre una delle cause di esclusione di cui al citato secondo comma. Identico principio di diritto è affermato da Cassazione 1077/1999 secondo cui da ciò consegue che per i rimborsi a piè di lista - totalmente esclusi se costituiscono rimborsi di spese sostenute dal lavoratore per l'esecuzione o in occasione di lavoro - è onere del datore di lavoro di provarne la natura. Tale onere è limitato alla prova della causa del rimborso che può essere fornita con qualsiasi mezzo e che non necessita della produzione della documentazione delle spese presentata dal lavoratore per ottenere il rimborso. SEZIONE LAVORO 13 FEBBRAIO 2012 N. 2013 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTA CAUSA. Condotta del lavoratore avente rilievo disciplinare - Valutazione - Proporzionalità della sanzione - Criteri di giudizio - Fattispecie. In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva, non sulla base di una valutazione astratta dell'addebito, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto del fatto, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità, rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi rilievo alla configurazione delle mancanze operata dalla contrattazione collettiva, all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla durata dello stesso, all'assenza di pregresse sanzioni, alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo. Nella specie, 1a S.C., in applicazione del principio, ha cassato la decisione del giudice di merito, che, affermando la congruità del licenziamento disciplinare di un funzionario di banca, aveva omesso di valutare come questi non avesse riportato sanzioni nel corso di un rapporto durato oltre quindici anni ed avesse evaso le pratiche di erogazione del credito secondo una prassi lungamente tollerata dall'azienda e censurata soltanto all'emergere delle sofferenze . In senso conforme si vedano tra le precedenti Cassazione 17514/2010 e 14586/2009 per la quale la valutazione del giudice di merito ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso deve tener conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi a tal fine preminente rilievo alla configurazione che della mancanze addebitate faccia la contrattazione collettiva, ma pure all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto ed alla sua durata ed all'assenza di precedenti sanzioni , alla sua particolare natura e tipologia. SEZIONE LAVORO 13 FEBBRAIO 2012 N. 1994 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO. Infortunio sul lavoro - Responsabilità del datore di lavoro - Concorso di colpa del lavoratore - Imprudenza commessa per eseguire uno specifico ordine di servizio - Rilevanza ex art. 1227 cod. civ. - Esclusione - Fondamento - Fattispecie relativa a caduta da tettoia. Il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme poste a tutela dell'integrità fisica del lavoratore, è interamente responsabile dell'infortunio che ne sia conseguito e non può invocare il concorso di colpa del danneggiato, avendo egli il dovere di proteggere l'incolumità di quest'ultimo nonostante la sua imprudenza o negligenza pertanto, la condotta imprudente del lavoratore attuativa di uno specifico ordine di servizio, integrando una modalità dell'iter produttivo del danno imposta dal regime di subordinazione, va addebitata al datore di lavoro, il quale, con l'ordine di eseguire un'incombenza lavorativa pericolosa, determina l'unico efficiente fattore causale dell'evento dannoso. Nella specie, relativa ad infortunio per caduta, la S.C., in applicazione del principio, ha respinto il ricorso, avendo il giudice di merito correttamente addebitato al datore di lavoro l'imprudenza del lavoratore che, per raggiungere un motore elettrico, si era recato su una tettoia inclinata e ghiacciata, scavalcando il parapetto, in quanto comandato ad eseguire il lavoro malgrado la pericolosità del luogo e senza adozione di cautele . Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro per Cassazione 4656/2011 sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento, essendo necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione dell'indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, e, con essa, dell'estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere. Per Cassazione 22818/2009, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di responsabilità del datore di lavoro la condotta del lavoratore è abnorme, divenendo unico elemento causale del fatto, solo quando assume le connotazioni dell'inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo, non già quando sia caratterizzata da imprudenza, imperizia o negligenza.