RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 30 NOVEMBRE 2011, N. 25379 IMPIEGO PUBBLICO - IMPIEGATI DI ENTI PUBBLICI IN GENERE - IN GENERE. Giudizio penale per fatti compiuti in servizio - Spese di difesa - Art. 20 del Dpr 335/1990 - Diritto del dipendente al rimborso - Presupposti - Assenza di conflitto di interessi con l’amministrazione e mancanza di contrarietà della condotta ai doveri funzionali - Modalità di accertamento - Valutazione preliminare della riconducibilità degli atti o fatti contestati all’adempimento dei compiti di ufficio - Necessità - Contenuto della decisione conclusiva del giudizio - Rilevanza. In relazione all’art. 20 del Dpr 335/1990, concernente l’assunzione da parte del datore di lavoro dell’onere delle spese di difesa del proprio dipendente, accusato e processato per atti o comportamenti costituenti espletamento del servizio, presupposto del diritto al rimborso è l’esclusione che la condotta sia frutto di iniziative autonome, contrarie ai doveri funzionali o in contrasto con la volontà del datore di lavoro e, inoltre, l’assenza di un conflitto di interessi con l’amministrazione, che deve essere accertata non solo sulla base della preliminare valutazione della riconducibilità dei fatti addebitati all’adempimento dei compiti di ufficio, ma anche con riferimento all’esito del giudizio, in quanto idoneo ad escludere ogni profilo di responsabilità. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 13675/2010 per la quale presupposto del diritto del dipendente al rimborso delle spese sostenute è, oltre alla predetta connessione ed all’assenza di un conflitto di interessi con l’Amministrazione, la preventiva comunicazione al proprio ente di appartenenza, da parte del dipendente coinvolto in un procedimento di responsabilità, con richiesta o sollecitazione alla nomina di un difensore, essendo tale comunicazione necessaria ai fini della valutazione ex ante” da parte dell’ente in ordine all’assunzione a proprio carico di ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento. Ne consegue che, in mancanza di qualsiasi comunicazione o sollecitazione da parte del dipendente, deve ritenersi esclusa la possibilità del rimborso delle spese relative al legale nominato dal dipendente. In senso conforme al principio di cui alla massima si veda Cassazione 23904/2007 per la quale l’assenza di un conflitto di interessi con l’amministrazione, è da accertarsi sulla base di una valutazione complessiva del provvedimento giudiziario conclusivo del giudizio che ha coinvolto il dipendente, al fine di stabilire se con esso sia stato escluso ogni profilo di responsabilità la sussistenza del diritto in questione non dipende dalla preventiva iniziativa dell’amministrazione, ai sensi del comma 1 invece della stessa disposizione, di assumere a proprio carico ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale. SEZIONE LAVORO 29 NOVEMBRE 2011, N. 25270 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - IN GENERE. Gruppi di società - Società capogruppo - Ingerenza nella gestione dei rapporti di lavoro con le società del gruppo - Assunzione in capo alla società capogruppo della qualità di datore di lavoro - Configurabilità - Fondamento. In presenza di un gruppo di società, la concreta ingerenza della società capogruppo nella gestione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle società del gruppo, che ecceda il ruolo di direzione e coordinamento generale spettante alla stessa sul complesso delle attività delle società controllate, determina l’assunzione in capo alla società capogruppo della qualità di datore di lavoro, in quanto soggetto effettivamente utilizzatore della prestazione e titolare dell’organizzazione produttiva nel quale l’attività lavorativa è inserita con carattere di subordinazione. In senso conforme si veda Cassazione 20231/2010 per la quale i n tema di divieto di demansionamento, il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società appartenenti a un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell’autonomia delle singole società, dotate di personalità giuridica distinta e alle quali, quindi, continuano a far capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le diverse imprese. Pertanto, dall’esclusione della configurabilità di un unico centro d’imputazione di rapporti diverso dalle singole società, consegue che, nel caso di passaggio del lavoratore da una società ad altra del gruppo, non è appliccabile la garanzia prevista dall’art. 2103 cc ai sensi del quale il divieto di demansionamento opera esclusivamente all’interno di un rapporto di lavoro con un unico datore. Per Cassazione 5496/2006 qualora tra più società vi sia un collegamento economico-funzionale è da ravvisare un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti quando si accerti l’utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte delle varie società titolari delle distinte imprese. In argomento si veda infine Cassazione 22972/2005 secondo cui il collegamento economico - funzionale tra persone giuridiche nel caso di specie, associazioni artigianali dotate di personalità giuridica facenti parte di un medesimo gruppo non è di per sè solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre in presenza dei seguenti requisiti a unicità della struttura organizzativa e produttiva b integrazione tra le attività esercitate dalle varie persone giuridiche del gruppo e il correlativo interesse comune c coordinamento tecnico e amministrativo - finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune d utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie persone giuridiche distinte, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori. SEZIONE LAVORO 28 NOVEMBRE 2011, N. 25045 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - QUALIFICHE - CARRIERA - CONCORSI INTERNI. Lavoro pubblico privatizzato - Concorso interno - Natura ed effetti del bando - Diritti del vincitore di concorso - Derogabilità - Per effetto di successiva disposizione generale della P.A. - Esclusione - Fattispecie. In tema di lavoro pubblico privatizzato, qualora la P.A. abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti di una determinata qualifica attraverso il sistema del concorso interno e abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali, prevedendo il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata a operare giuridicamente l’attribuzione della nuova posizione, sono rinvenibili in un tale comportamento gli estremi dell’offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro pubblico non solo al rispetto della norma con la quale ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l’obbligazione secondo correttezza e buona fede. Il superamento del concorso pertanto consolida nel patrimonio dell’interessato l’acquisizione di una situazione giuridica individuale non disconoscibile alla stregua della natura del bando né espropriabile per effetto di diversa successiva disposizione generale volta, come nella specie, a posticipare la decorrenza giuridica ed economica dell’inquadramento. Ne deriva che non può ravvisarsi alcun profilo di nullità contrattuale nell’art. 19, comma 5, del ccnl integrativo del 21 settembre 2000, secondo cui, in coerenza con i suddetti principi, la decorrenza giuridica ed economica del personale riqualificato è da considerarsi la data di pubblicazione del bando”, posto altresì che non si verte in ipotesi di nuova assunzione e di conseguente ed eventuale violazione dell’art. 35 del D.Lgs. 165/2001, né, a fortiori” , della disciplina pubblicistica inerente alle assunzioni o agli inquadramenti superiori. In tema di procedure concorsuali per l’assunzione di pubblici dipendenti, Sezioni Unite 23327/2009 hanno affermato che il potere di approvare la graduatoria finale è attribuito alla P.A. dal bando esclusivamente in funzione del controllo della regolarità e della verifica dell’esito della procedura, dovendosi ritenere inammissibile una clausola che condizioni l’assunzione alle successive determinazioni dell’ente circa la necessità di procedere all’assunzione medesima e del tutto inefficace, in assenza di un contrarius actus”, la volontà dell’amministrazione di annullare o revocare il bando, risultando l’autotutela esercitata in carenza di potere e con atti, sotto il profilo sostanziale, affetti da nullità per difetto dell’elemento essenziale della forma e tali, quindi, da giustificare la disapplicazione da parte del giudice. In senso conforme si vedano anche Cassazione 14478/2009 e Cassazione 16501/2004 per la quale è tuttavia legittimo il patto con il quale, dopo l’espletamento del concorso, i vincitori sottoscrivano un nuovo contratto di lavoro che, secondo l’accertamento del giudice di merito, comporti lo scioglimento del precedente contratto per mutuo consenso e la sostituzione con quello nuovo, atteso che l’art. 2103 cc non vieta che le parti novino l’intero rapporto di lavoro, a condizione che il contratto novativo non dissimuli un patto contrario al divieto di assegnazione a mansioni inferiori previsto dalla norma citata.