RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 26 APRILE 2011, N. 9345 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - MANSIONI - TRASFERIMENTI. Previsione contrattuale di un preavviso di determinata durata - Trasferta presso la medesima sede disposta prima della scadenza del termine - Illegittimità - Inosservanza dell'ordine relativo - Conseguenze. Qualora la disciplina collettiva nella specie, art. 31 del c.c.n.l. del 2001 dei dipendenti dell'ente Poste Italiane preveda che il trasferimento del dipendente ad altra sede debba essere preceduto da un preavviso di determinata durata, è illegittimo il provvedimento con cui il datore di lavoro, prima della scadenza del termine, incarichi il medesimo dipendente di una trasferta presso la stessa sede di destinazione finale, venendo in tal modo compromessa la finalità della disposizione, intesa a ridurre al minimo i disagi del trasferimento ed a consentire al lavoratore di provvedere tempestivamente ad ogni bisogno individuale e familiare, anche abitativo, derivante dal mutamento di sede. Ne consegue che il lavoratore, il quale ometta di adempiere all'ordine di recarsi in trasferta, non può essere considerato assente ingiustificato, relativamente al periodo di durata del preavviso predetto. Identico principio di diritto è già stato espresso da Cassazione 6984/2001. In tema di trasferimento nullo, da ultima Cassazione 7350/2010 ricorda che il lavoratore, ove non abbia assolto l'onere probatorio in ordine al danno, patrimoniale o non patrimoniale, cagionato dal trasferimento illegittimo, non può richiedere un risarcimento corrispondente all'indennità di trasferta per il periodo in cui il trasferimento ha avuto esecuzione, attesa la disomogeneità tra gli istituti del trasferimento e della trasferta, e restando esclusa la conversione del negozio, ai sensi dell'art. 1424 cc, in difetto della prova che il datore di lavoro, se fosse stato consapevole della nullità del trasferimento, avrebbe disposto la trasferta. Sulla differenza intercorrente tra l'ipotesi di trasferimento e quella di distacco si veda Cassazione 24658/2008 per la quale in caso di trasferimento del lavoratore da una unità produttiva all'altra, si realizza un mutamento definitivo e non temporaneo del luogo di lavoro, in ciò differenziandosi dall'istituto della trasferta, che resta caratterizzato dalla temporaneità dell'assegnazione del lavoratore medesimo ad una sede diversa da quella abituale ne consegue che, ove la nuova assegnazione di sede del lavoratore sia giustificata, nella prospettiva aziendale, da esigenze non transitorie, la modifica del luogo di lavoro costituisce trasferimento, rilevante ai sensi dell'art. 2103 cc. SEZIONE LAVORO 22 APRILE 2011, N. 9294 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - COSTITUZIONE DEL RAPPORTO - ASSUNZIONE - TIROCINIO APPRENDISTATO - IN GENERE. Contratto di formazione lavoro - Divergenza fra obblighi contrattuali e concreto svolgimento del rapporto - Conversione in rapporto a tempo indeterminato - Condizioni - Valutazione del giudice di merito - Incensurabilità in cassazione. Nel contratto di formazione e lavoro la divergenza fra obblighi contrattuali ed il concreto svolgimento del rapporto non realizza un inadempimento del datore di lavoro sanzionabile con la conversione del rapporto medesimo in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ove detto svolgimento - secondo la valutazione del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivata - avvenga con modalità tali da non compromettere la funzione del contratto, che, diversamente dall'apprendistato, non tende a consentire il mero conseguimento delle nozioni base per l'esecuzione della prestazione professionale, ma a favorire, attraverso l'acquisizione di specifiche conoscenze, l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale in funzione dell'accesso nel mondo del lavoro. In difetto di predeterminazione legislativa di specifici modelli di formazione, il giudice, per accertare che non vi sia stato inadempimento degli obblighi formativi, può e deve fare riferimento al progetto formativo approvato, indipendentemente dal fatto che il lavoratore abbia o meno tempestivamente dedotto la mancanza di formazione anche in relazione al progetto. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 11365/2008. Per Cassazione 7737/2003, una divergenza, anche di non lieve entità, fra gli obblighi previsti dal contratto di formazione e lavoro e il concreto svolgimento del rapporto non si traduce in un inadempimento del datore di lavoro sanzionabile con la conversione del rapporto stesso in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ove detto svolgimento avvenga con modalità tali - secondo la valutazione del giudice di merito che è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata - da non compromettere la funzione del suindicato contratto, che, diversamente dall'apprendistato, tende non già alla mera acquisizione della professionalità ma all'attuazione di una sorta d'ingresso guidato del giovane nel mondo del lavoro. Ai fini della trasformazione del rapporto di formazione in rapporto a tempo indeterminato per effetto dell'adibizione definitiva del lavoratore alle mansioni la cui professionalità avrebbe dovuto acquisirsi con il contratto di formazione, detta definitiva adibizione necessita di una estrinsecazione formale, non essendo al riguardo utilizzabili i fatti concludenti. SEZIONE LAVORO 20 APRILE 2011, N. 9049 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ASSOCIAZIONI SINDACALI - SINDACATI POSTCORPORATIVI - ATTIVITÀ SINDACALE - CONTRIBUTI. Referendum parzialmente abrogativo dell'art. 26 statuto dei lavoratori - Effetti - Sopravvenuto divieto di operare trattenute sulle retribuzioni dei lavoratori in favore dei sindacati - Esclusione - Venir meno dell'obbligo legale di effettuare tali ritenute - Configurabilità - Cessione di credito da parte dei lavoratori in favore del sindacato - Ammissibilità - Eccessiva onerosità per l'azienda - Onere probatorio gravante sull'azienda - Numero elevato dei dipendenti - Sufficienza - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. Il referendum del 1995, abrogativo del secondo comma dell'art. 26 dello statuto dei lavoratori, e il susseguente Dpr 313/1995 non hanno determinato un divieto di riscossione di quote associative sindacali a mezzo di trattenuta operata dal datore di lavoro, essendo soltanto venuto meno il relativo obbligo, sicché i lavoratori, nell'esercizio della autonomia privata e mediante la cessione del credito in favore del sindacato, possono chiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi sindacali da accreditare al sindacato. Qualora il datore di lavoro affermi che la cessione comporta in concreto, a suo carico, un onere aggiuntivo insostenibile in rapporto all'organizzazione aziendale e perciò inammissibile ex art. 1374 e 1375 cc, deve provarne l'esistenza, dovendosi escludere, atteso il carattere di proporzionalità insito in tale valutazione, che possa ritenersi provata la suddetta eccessiva gravosità solamente in ragione dell'elevato numero di dipendenti dell'azienda, la cui esclusiva considerazione comporterebbe l'iniquo risultato di ritenere soggette all'onere di operare le ritenute sindacali richieste dai lavoratori le imprese di medie e piccole dimensioni e di escludere quelle più grandi. Nella specie, la S.C., in applicazione dell'anzidetto principio, ha ritenuto insufficiente la motivazione della corte territoriale che aveva giustificato l'inadempimento delle Poste Italiane Spa, ed escluso l'antisindacalità della relativa condotta, in relazione al numero, circa centocinquantamila, dei dipendenti . Tra i precedenti conformi al principio espresso dalla massima si veda Cassazione 21368/2008. Entrambe le pronunce applicano la statuizione delle Sezioni Unite 28269/2005 nella quale si legge anche a tal proposito che qualora il datore di lavoro affermi che la cessione comporti in concreto, a suo carico, un nuovo onere aggiuntivo insostenibile in rapporto alla sua organizzazione aziendale e perciò inammissibile ex art. 1374 e 1375 cc, deve provarne l'esistenza. L'eccessiva gravosità della prestazione, in ogni caso, non incide sulla validità e l'efficacia del contratto di cessione del credito, ma può giustificare l'inadempimento del debitore ceduto, finché il creditore non collabori a modificare le modalità della prestazione in modo da realizzare un equo contemperamento degli interessi. Il rifiuto del datore di lavoro di effettuare tali versamenti,qualora sia ingiustificato, configura un inadempimento che, oltre a rilevare sul piano civilistico, costituisce anche condotta antisindacale, in quanto pregiudica sia i diritti individuali dei lavoratori di scegliere liberamente il sindacato al quale aderire, sia il diritto del sindacato stesso di acquisire dagli aderenti i mezzi di finanziamento necessari allo svolgimento della propria attività.