RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 20 APRILE 2011, N. 9043 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CARATTERI DEL RAPPORTO INDIVIDUALE - RAPPORTO DEL PARENTE. Prestazioni lavorative rese in ambito familiare - Giudizio finalizzato a far valere le relative pretese - Onere della prova - Subordinazione ed onerosità della prestazione - Necessità - Lavoro agricolo - Prova della prestazione - Sufficienza - Esclusione - Criteri. In tema di prestazioni lavorative rese in ambito familiare - le quali vengono normalmente compiute affectionis vel benevolentiae causa - la parte che fa valere in giudizio diritti derivanti da tali rapporti è tenuta ad una prova rigorosa degli elementi costitutivi della subordinazione e della onerosità con particolare riferimento all'attività lavorativa compiuta in agricoltura da parte di parenti o affini, poi, la mera prestazione non costituisce prova sufficiente, essendo necessaria la specifica dimostrazione della subordinazione e della onerosità delle prestazioni, in modo che risulti il nesso di corrispettività tra prestazione lavorativa e retribuzione, pur se in un quadro caratterizzato da maggiore elasticità degli orari. In tema di attività lavorativa prestata in agricoltura a favore di parenti ed affini, per Cassazione 8070/2011, la mera prestazione di detta attività non basta a configurare un rapporto di lavoro subordinato, richiedendosi la prova degli elementi sintomatici della subordinazione, cioè il rispetto dell'orario e l'inserimento nella struttura organizzativa del datore di lavoro, ovvero di elementi idonei a dimostrare almeno un nesso di corrispettività tra prestazione lavorativa e obbligazione retributiva, nonché l'esistenza di direttive e controlli datoriali. Secondo Cassazione 1218/2003 ai fini della individuazione della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato in agricoltura, costituiscono indici di subordinazione l'esistenza di un rapporto sinallagmatico tra la prestazione lavorativa e l'obbligazione retributiva del datore di lavoro, il versamento a cadenze periodiche del relativo compenso, la presenza di direttive tecniche e l'esercizio concreto del potere di controllo e disciplinare, il coordinamento dell'attività lavorativa rispetto all'assetto organizzativo aziendale, l'osservanza di un vincolo di orario, l'assenza del rischio economico in capo al lavoratore, mentre non può ritenersi che costituisca elemento ostativo alla subordinazione la non continuità del rapporto, stante la diffusione nello specifico settore, di contratti a termine anche di breve durata. Per Cassazione 7845/2003 la presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative rese in ambito familiare, che trova la sua fonte nella circostanza che tali prestazioni vengono normalmente rese affectionis vel benevolentiae causae , può essere superata dalla parte che faccia valere in giudizio diritti derivanti da tali rapporti solo con una prova rigorosa degli elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato e, in particolar modo, dei requisiti indefettibili della subordinazione e della onerosità in tale contesto, l'avvenuto pagamento dei contributi dell'assicurazione obbligatoria non può assumere, senza il riscontro di altre risultanze positive, valenza probatoria univoca e determinante. SEZIONE LAVORO 19 APRILE 2011, N. 8994 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CONTRATTO COLLETTIVO - IN GENERE. Possibilità di disdetta - Spettanza - Singolo datore di lavoro - Esclusione - Fondamento - Eccessiva onerosità sopravvenuta - Rilevanza - Esclusione - Deroga per i contratti aziendali - Fattispecie. Nel contratto collettivo di lavoro la possibilità di disdetta spetta unicamente alle parti stipulanti, ossia alle associazioni sindacali e datoriali che di norma provvedono anche a disciplinare le conseguenze della disdetta al singolo datore di lavoro, pertanto, non è consentito recedere unilateralmente dal contratto collettivo, neppure adducendo l'eccessiva onerosità dello stesso, ai sensi dell'art. 1467 cc, conseguente ad una propria situazione di difficoltà economica, salva l'ipotesi di contratti aziendali stipulati dal singolo datore di lavoro con sindacati locali dei lavoratori. Principio enunciato in relazione al contratto collettivo del settore tessile . Secondo Cassazione 18548/2009 il contratto collettivo, senza predeterminazione di un termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina, da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati, deve parametrarsi su una realtà socio economica in continua evoluzione, sicché a tale contrattazione ve estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, che risponde all'esigenza di evitare -nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto - la perpetuità del vincolo obbligatorio. Ne consegue che, in caso di disdetta del contratto, i diritti dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole, sono intangibili solo in quanto siano già entrati nel patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa o di una fase del rapporto già esaurita, e non anche quando vengano in rilievo delle mere aspettative sorte alla stregua della precedente più favorevole regolamentazione. Il recesso unilaterale dell'imprenditore dal contratto collettivo a tempo indeterminato per Cassazione 3296/2002, comporta soltanto l'insussistenza del vincolo in sede di stipulazione di nuovi contratti individuali, ma non comporta la risoluzione dei contratti individuali in corso in caso contrario sarebbe vanificato il fondamentale principio di stabilità dei vincoli dell'autonomia privata sancito dall'art. 1372, primo comma cc. In argomento si ricorda infine Sezioni Unite 11325/2005 secondo le quali i contratti collettivi di diritto comune, costituendo manifestazione dell'autonomia negoziale degli stipulanti, operano esclusivamente entro l'ambito temporale concordato dalle parti, atteso che l'opposto principio di ultrattività sino ad un nuovo regolamento collettivo - secondo la disposizione dell'art. 2074 cc -, ponendosi come limite alla libera volontà delle organizzazioni sindacali, sarebbe in contrasto con la garanzia prevista dall'art. 39 Cost. conseguentemente, le clausole di contenuto retributivo non hanno efficacia vincolante diretta per il periodo successivo alla scadenza contrattuale, anche se, sul piano del rapporto individuale di lavoro, opera la tutela assicurata dall'art. 36 Cost., in relazione alla quale può prospettarsi una lesione derivante da una riduzione del trattamento economico rispetto al livello retributivo già goduto. SEZIONE LAVORO 18 APRILE 2011, N. 8832 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - DIRITTO ALLA CONSERVAZIONE DEL POSTO - INFORTUNI E MALATTIE - IN GENERE. Sopravvenuta inidoneità fisica - Conseguente impossibilità sopravvenuta della prestazione - Giustificato motivo di recesso - Condizioni - Ineseguibilità della attuale attività lavorativa - Sufficienza - Esclusione - Assegnazione del dipendente ad altra attività di livello equivalente ed eventualmente a mansioni inferiori - Necessità - Limiti. Nel rapporto di lavoro subordinato del personale marittimo navigante, la sopravvenuta inidoneità fisica alla navigazione non impedisce la ricostituzione del rapporto, bensì solo la utilizzabilità del marittimo in mansioni incompatibili con l'accertata inidoneità, in quanto la sopravvenuta inidoneità fisica e la conseguente impossibilità della prestazione lavorativa, quale giustificato motivo di recesso, non possono essere ravvisate nella sola ineseguibilità dell'attività attualmente svolta dal prestatore e restano escluse dalla possibilità di svolgere un'altra attività riconducibile alle mansioni assegnate o ad altre equivalenti ovvero, qualora ciò non sia possibile, a mansioni inferiori, sempre che questa attività sia utilizzabile all'interno dell'impresa. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 15593/2002. L'esercizio dell'attività economica privata, garantito dall'art. 41 Cost., non é sindacabile nei suoi aspetti tecnici dall'autorità giurisdizionale ma deve svolgersi nel rispetto dei diritti al lavoro e alla salute. Ne consegue che non viola la norma citata il giudice che dichiara illegittimo il licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni assegnate, senza che il datore di lavoro abbia accertato se il lavoratore potesse essere addetto a mansioni diverse e di pari livello, evitando trasferimenti di altri lavoratori o alterazioni dell'organigramma aziendale Cassazione 21710/2009. In argomento, per Cassazione 15500/2009, in caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, non si realizza un'impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo oggettivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato artt. 1 e 3 della legge 604/1966 e artt. 1463 e 1464 cc qualora il lavoratore possa essere adibito a mansioni equivalenti o, se impossibile, anche a mansioni inferiori, purché da un lato tale diversa attività sia utilizzabile nell'impresa, secondo l'assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall'imprenditore, e dall'altro, l'adeguamento sia sorretto dal consenso, nonché dall'interesse dello stesso lavoratore. Ne consegue che, nel caso in cui il lavoratore abbia manifestato, sia pur senza forme rituali, il suo consenso a svolgere mansioni inferiori, il datore di lavoro è tenuto a giustificare l'eventuale recesso, considerato che egli non è tenuto ad adottare particolari misure tecniche per porsi in condizione di cooperare all'accettazione della prestazione lavorativa di soggetti affetti da infermità, che vada oltre il dovere di sicurezza imposto dalla legge. L'onere della prova circa l'impossibilità di assegnare il lavoratore a mansioni diverse spetta al datore di lavoro, ma deve, in ogni caso, tenersi conto dei concreti aspetti della vicenda e delle allegazioni del dipendente attore in giudizio.