RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 3 FEBBRAIO 2011, N. 2673 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - STATUTO DEI LAVORATORI - AMBITO DI APPLICAZIONE - IN GENERE. Associazioni di tendenza - Applicabilità della tutela reale ex art. 18 statuto lavoratori - Esclusione - Limiti - Lavoro svolto presso articolazione non economica dell'ente - Attività economiche svolte dall'ente presso altre articolazioni - Rilevanza - Esclusione - Fattispecie. Ai fini dell'applicazione dell'art. 4 della legge 108/1990, che esclude l'operatività dell'art. 18 della legge 300/1970, nei confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale di istruzione ovvero di religione o di culto, lo svolgimento di attività imprenditoriali da parte di soggetti giuridici che non hanno fini di lucro, e quindi non hanno uno statuto di imprenditore come persona o soggetto giuridico complessivamente considerato, comporta l'applicazione delle normative riguardanti lo svolgimento dell'attività imprenditoriale solo relativamente a tali attività ed eventualmente alle relative strutture organizzative e non anche riguardo al soggetto complessivamente considerato e alle strutture organizzative non coinvolte nell'attività imprenditoriale. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la tutela reale, ex art. 18 citato, in favore di una lavoratrice, che svolgeva attività presso la cucina e presso la lavanderia di un istituto di ricovero di minori facente parte di una congregazione religiosa, ritenendo irrilevanti le attività imprenditoriali, poste a base del motivo di ricorso, svolte presso altre articolazioni organizzative dell'ente . In tema di licenziamento, per Cassazione 20500/2008, l'art. 4 della legge 108/1990, nel riconoscere alle cosiddette organizzazioni di tendenza l'inapplicabilità dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori, fa salva l'ipotesi regolata dall'art. 3 sull'estensione della tutela reale ai licenziamenti nulli in quanto discriminatori ne consegue che, ove il licenziamento sia stato determinato da motivo di ritorsione o rappresaglia, va ordinata, anche nei confronti di dette associazioni, la reintegra del lavoratore, restando privo di rilievo il livello occupazionale dell'ente e la categoria di appartenenza del dipendente. Ritiene Cassazione 20442/2006 che l'applicazione della disciplina prevista per le cosiddette organizzazioni di tendenza dall'art. 4 della legge 108/1990 con conseguente esclusione, nei loro confronti, della tutela reale di cui all'art. 18 della legge 300/1970, come modificato dall'art. 1 della stessa legge 108/1990 , presuppone l'accertamento in concreto, da parte del giudice di merito, della presenza dei requisiti tipici dell'organizzazione di tendenza, definita come datore di lavoro non imprenditore che svolge, senza fini di lucro, attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione, ovvero di religione e di culto, e, più in generale, qualunque attività prevalentemente ideologica purché in assenza di una struttura imprenditoriale. SEZIONE LAVORO 2 FEBBRAIO 2011, N. 2451 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO. Infortunio sul lavoro - Valutazione sulla riconducibilità all'appalto dell'operazione del dipendente e su questioni di fatto - Sindacabilità in cassazione - Esclusione - Limiti - Fattispecie. LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO. Infortunio sul lavoro - Rischio elettivo - Valutazione del giudice di merito - Sindacabilità in cassazione - Limiti - Fattispecie. - In tema di responsabilità per infortunio sul lavoro, ed al fine di accertare la responsabilità dell'impresa committente per aver richiesto al dipendente dell'appaltatrice un lavoro, non rientrante nell'appalto, in relazione al quale si sia verificato l'infortunio, la valutazione sulla riconducibilità all'appalto dell'operazione che stava svolgendo il dipendente e l'accertamento del fatto che tale operazione gli fosse richiesta dall'impresa committente, non rientrano nell'ambito del giudizio di legittimità, ove non vengano segnalati specifici vizi motivazionali e non venga precisato se, quando, come e - in questo caso - con che esito, la questione di fatto sia stata proposta nel giudizio di merito. - In tema di responsabilità per infortunio sul lavoro, la valutazione in ordine alla imprevedibilità del comportamento del lavoratore in quanto anomalo e non richiesto dal datore di lavoro rischio elettivo è riservata al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità ove logicamente e sufficientemente motivata. Nella specie, la S. C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto carente il controllo sull'attività lavorativa del dipendente - salito su una tettoia in lamiera, pur potendo rimuoverla da sotto -, osservando che la società datrice di lavoro si era dimostrata all'oscuro delle modalità operative con le quali il proprio personale agiva nel cantiere, non aveva saputo specificare quali fossero i suoi preposti sul cantiere con l'incarico di sorvegliare il personale e di curare la puntuale osservanza delle norme antinfortunistiche e non aveva provato di aver assolto alle più elementari forme di tutela antinfortunistica . - In tema di appalto, per Cassazione 9065/2006 una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall'appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso o quando si versi nella ipotesi di culpa in eligendo , la quale ricorre qualora il compimento dell'opera o del servizio siano stati affidati ad un'impresa appaltatrice priva della capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto senza che si determinino situazioni di pericolo per i terzi. Tali principi valgono anche in materia di subappalto perché il subcommittente risponde nei confronti dei terzi in luogo del subappaltatore, ovvero in via solidale con lui, quando - esorbitando dalla mera sorveglianza sull'opera oggetto del contratto al fine di pervenire alla corrispondenza tra quanto pattuito e quanto viene ad eseguirsi - abbia esercitato una concreta ingerenza sull'attività del subappaltatore al punto da ridurlo al ruolo di mero esecutore ovvero agendo in modo tale da comprimerne parzialmente l'autonomia organizzativa, incidendo anche sull'utilizzazione dei relativi mezzi. Per Cassazione 4361/2005 è di regola l'appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi ed eventualmente anche dell'inosservanza della legge penale durante l'esecuzione del contratto, attesa l'autonomia con cui egli svolge la sua attività nell'esecuzione dell'opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità ed obbligandosi a fornire alla controparte l'opera o il servizio cui si era obbligato, mentre il controllo e la sorveglianza del committente si limitano all'accertamento e alla verifica della corrispondenza dell'opera o del servizio affidato all'appaltatore con quanto costituisce l'oggetto del contratto. In tale contesto, pertanto, una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile solo allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall'appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso - tanto che l'appaltatore finisca per agire quale nudus minister privo dell'autonomia che normalmente gli compete - o allorquando risultino presenti gli estremi della culpa in eligendo , il che si verifica se il compimento dell'opera o del servizio sono stati affidati ad un'impresa appaltatrice priva della capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto senza che si determinino situazioni di pericolo per i terzi. Tali principi valgono anche in materia di subappalto perché il subcommittente risponde nei confronti dei terzi in luogo del subappaltatore solo nel caso in cui - esorbitando dalla mera sorveglianza sull'opera oggetto del contratto ai fini di pervenire alla corrispondenza tra quanto pattuito e quanto viene ad eseguirsi - abbia esercitato una ingerenza sull'attività di quest'ultimo così penetrante da ridurlo al ruolo di mero esecutore. - L'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per infortunio sul lavoro o malattia professionale opera esclusivamente nei limiti posti dall'art. 10 del Dpr 1124/1965 e per i soli eventi coperti dall'assicurazione obbligatoria, mentre, come ritenuto da Cassazione 20142/2010, qualora eventi lesivi eccedenti tale copertura abbiano comunque a verificarsi in pregiudizio del lavoratore e siano casualmente ricollegabili alla nocività dell'ambiente di lavoro, viene in rilievo l'art. 2087 cc, che come norma di chiusura del sistema antinfortunistico, impone al datore di lavoro, anche dove faccia difetto una specifica misura preventiva, di adottare comunque le misure generiche di prudenza e diligenza, nonché tutte le cautele necessarie, secondo le norme tecniche e di esperienza, a tutelare l'integrità fisica del lavoratore assicurato. Anche tale responsabilità datoriale non è, peraltro, configurabile ove il nesso causale tra l'uso di una sostanza e la patologia professionale non fosse configurabile allo stato delle conoscenze scientifiche dell'epoca, sicché non poteva essere prospettata l'adozione di adeguate misure precauzionali. Per Cassazione 19494/2009 le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l'insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo tipico ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento.