RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 9 DICEMBRE 2010, N. 24897 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - INDENNITÀ - DI FINE RAPPORTO DI LAVORO - DI ANZIANITÀ. Contratti di assicurazione ex art. 4 Rd legge 5/1942 - Rinuncia al rendimento dei premi - Successivo congelamento del capitale assicurato - Conseguenze sul diritto al rendimento dei premi per i lavoratori assunti successivamente al cosiddetto congelamento . In relazione ai contratti di assicurazione stipulati dal datore di lavoro nella specie, un istituto bancario in favore dei propri dipendenti ai sensi dell'art. 4 Rd legge 5/1942, in sostituzione dell'iscrizione al Fondo per l'indennità agli impiegati, previsto dal medesimo decreto , qualora la Banca stipulante abbia cessato di ricomprendere negli accantonamenti gli aumenti stipendiali via via succedutisi ed abbia omesso, con conseguente diminuzione del capitale assicurato e, quindi, del rendimento dei premi ceduto, con convenzione aggiuntiva, ai dipendenti , la riliquidazione delle spettanze di fine rapporto mediante inclusione nell'indennità di buonuscita delle differenze del rendimento dei premi di polizza non compete ai dipendenti assunti dopo il suddetto congelamento del capitale, che costituisse revoca del contratto a favore di terzi a suo tempo stipulato, efficace nei confronti di coloro che, assunti successivamente alla stipula della convenzione, non potessero aver dichiarato di volerne profittare. La pronuncia trova un precedente assolutamente conforme in Cassazione 17270/2004. In argomento si vedano anche Sezioni Unite 8182/1993 secondo cui i contratti di assicurazione stipulati dal datore di lavoro in relazione all'art. 4 del Rd legge 5/1942 sul Fondo per l'indennità agli impiegati per garantire ai singoli dipendenti un sistema di liquidazione dell'indennità di anzianità superiore al minimo legale hanno natura di contratti a favore di terzi, rispetto ai quali, però, la facoltà, attribuita dall'art. 1411 cc allo stipulante, di revocare o modificare la stipulazione prima che il terzo dichiari nei confronti di entrambe le parti del contratto, di volerne profittare, è preclusa dal fatto che, nei modi suddetti, si introduce una variazione migliorativa del trattamento economico che, una volta accettata, sia pure tacitamente dai lavoratori, impegna alla sua osservanza ambedue le parti dei singoli contratti di lavoro, senza che su tale impegno influisca la proroga o la riapertura dei termini stabiliti, ai fini delle provvidenze in questione, dall'art. 8 dello stesso Rd legge 5/1942. Pertanto, fino all'abrogazione delle norme relative al sistema del Fondo suddetto, operata dall'art. 4 della legge 297/1982, l'attuazione di tali provvidenze con contratti di assicurazione corrispondenti, nell' intento delle parti, ai requisiti posti dall'art. 4 del Rd legge 5/1942 implica il persistente assoggettamento dei relativi rapporti a questa disposizione, con la conseguenza - atteso il richiamo ivi formulato all'art. 2 del medesimo Rd legge 5/1942 - della sussistenza dell'obbligo legale del datore di lavoro di adeguare i premi dell'assicurazione ai successivi aumenti delle retribuzioni, indipendentemente dalla circostanza che un obbligo siffatto discenda o meno dallo stesso contratto di assicurazione mentre è escluso che il datore di lavoro possa revocare la rinuncia agli interessi o rendimenti su detti premi, una volta che essa sia stata da lui effettuata ed accettata dai dipendenti. SEZIONE LAVORO 6 DICEMBRE 2010, N. 24692 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CARATTERI DEL RAPPORTO INDIVIDUALE - RAPPORTO DEL SOCIO. Controversie sulla cessazione del rapporto associativo e del rapporto lavorativo del socio lavoratore con la società cooperativa - Regime successivo all'entrata in vigore della legge 30/2003 - Competenza del giudice del lavoro - Sussistenza - Esclusione - Fondamento. In tema di lavoro del socio di cooperativa, nel regime successivo all'entrata in vigore della legge 30/2003, la controversia sul licenziamento intimato in dipendenza o contestualmente all'esclusione del socio non spetta alla competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro, ma compete al tribunale ordinario nella specie, con il rito societario di cui al D.Lgs. 5/2003, ratione temporis applicabile , avendo la legge richiamata valorizzato la dipendenza del rapporto di lavoro da quello societario, l'accertamento della cui legittima cessazione è pregiudiziale a quello della legittimità del licenziamento. La massima in rassegna contrasta con la precedente Cassazione 850/2005 per la quale invece nell'ipotesi in cui si controverta sulla cessazione del rapporto associativo e del rapporto lavorativo la competenza non è quella del tribunale ordinario, ma in applicazione del principio fissato dall'art. 40, comma terzo, Cpc quella del tribunale in composizione monocratica come giudice del lavoro, con l'applicabilità del relativo rito. Rispetto a tale regola costituisce eccezione la previsione di cui al testo novellato dell'art. 5 della legge 142/2001, secondo cui sono di competenza del Tribunale ordinario le controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica , da intendersi in senso rigido e con impossibilità di estensione alle controversie riguardanti i diritti sostanziali e previdenziali del lavoratore. Per un profilo più generale si veda Cassazione 9112/2005 che ritiene che il permanere della qualità di socio in capo al socio lavoratore di una cooperativa non costituisce presupposto essenziale del rapporto di lavoro, subordinato o autonomo, instaurato tra il socio e la cooperativa stessa, ben potendo proseguire, dopo l'esclusione del socio dalla compagine sociale, la sua collaborazione autonoma o il rapporto di lavoro subordinato da lui instaurato con la cooperativa ne consegue che, nella controversia relativa al licenziamento del socio lavoratore, va annullato, ove impugnato con regolamento di competenza, il provvedimento di sospensione della causa motivato con la pendenza dell'impugnazione della delibera di esclusione, non sussistendo alcun rapporto di pregiudizialità necessaria fra le due controversie. SEZIONE LAVORO 6 DICEMBRE 2010, N. 24691 SPESE GIUDIZIALI CIVILI - DISTRAZIONE DELLE SPESE. Diritto del difensore - Natura giuridica - Processo del lavoro - Credito del difensore distrattario - Natura di credito di lavoro - Esclusione - Natura ordinaria - Sussistenza - Conseguenze - Giudizio di opposizione all'esecuzione ex art. 618 bis Cpc - Competenza per materia del giudice del lavoro - Esclusione. Il credito azionato in executivis dal difensore del lavoratore munito di procura nella sua veste di distrattario delle spese di lite, ancorché consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, non condivide la natura dell'eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma ha natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente. Conseguentemente, non opera con riferimento al detto credito la competenza per materia del giudice del lavoro, prevista per l'opposizione all'esecuzione dall'art. 618 bis Cpc. Identico principio di diritto è espresso da Cassazione 11804/2007 la quale specifica inoltre che tale autonomo diritto del nei confronti della parte dichiarata soccombente, non può essere azionato sulla base del solo dispositivo della sentenza emessa dal giudice del lavoro e, se esercitato sulla scorta di questo solo provvedimento, si fonda, in effetti, su un titolo esecutivo inesistente. Tale principio non è inficiato dalla possibilità riconosciuta al lavoratore di soddisfare il credito del difensore per poi agire esecutivamente, perché in tal caso la agevolazione, prevista in favore del lavoratore che ragionevolmente non può essere estesa ad altri soggetti verrebbe fatta valere dal lavoratore avente titolo ad esigere il pagamento. In senso conforme si veda Cassazione 15639/2003 per la quale al principio poc'anzi annunciato consegue che la notifica della sentenza al soccombente, effettuata al solo fine del recupero delle spese, non fa decorrere il termine breve per proporre l'impugnazione da parte del cliente vittorioso, il quale, in mancanza di singola notificazione, può impugnare nel termine annuale previsto dall'art. 327 Cpc. In argomento si veda infine Cassazione 27041/2008 per la quale, in virtù del provvedimento di distrazione delle spese processuali in favore del difensore con procura della parte vittoriosa art. 93 Cpc , si instaura, fra costui e la parte soccombente, un rapporto autonomo rispetto a quello fra i contendenti che, nei limiti della somma liquidata dal giudice, si affianca a quello di prestazione d'opera professionale fra il cliente vittorioso ed il suo procuratore. Rimane pertanto integra la facoltà di quest'ultimo non solo di rivolgersi al cliente anche per la parte del credito professionale che ecceda la somma liquidata dal giudice che gli sia stata corrisposta dalla parte soccombente, ma anche di richiedere al proprio cliente l'intera somma dovutagli, per competenze professionali e spese, nonostante la distrazione disposta. In tale ultima evenienza, tuttavia, la parte, anche se ha provveduto al pagamento per intero delle competenze dovute al proprio difensore, per quanto distrattario, non può agire esecutivamente nei confronti della controparte per essere soddisfatta delle somme oggetto di distrazione se non dopo aver richiesto la revoca della distrazione, ai sensi dell'art. 93 cod. proc. civ., provando di aver soddisfatto il credito del difensore prima della distrazione o anche successivamente ne consegue che, finché non sia intervenuta tale revoca, il difensore distrattario è l'unico legittimato ad intimare il precetto di pagamento dell'importo delle spese e degli onorari. SEZIONE LAVORO 1 DICEMBRE 2010, N. 24350 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - REINTEGRAZIONE NEL POSTO DI LAVORO TUTELA REALE . Disposta con ordinanza cautelare - Invito del datore di lavoro alla ripresa del servizio - Termine previsto dall'art. 18 legge 300/1970 - Applicabilità - Fattispecie. La disposizione dell'art. 18, quinto comma, legge 300/1970, stabilita per le sentenze che dispongono la reintegrazione, deve intendersi analogicamente estesa anche ai provvedimenti cautelari di eguale contenuto, non rilevando in senso contrario, la circostanza che ad essi non sia seguito il giudizio di merito ne consegue che, nell'ipotesi in cui il lavoratore, licenziato e successivamente reintegrato con provvedimento d'urgenza, non riprenda il lavoro nel termine di trenta giorni dal ricevimento dell'invito in tal senso rivoltogli dal datore di lavoro ovvero nel diverso termine indicato nel suddetto provvedimento , il rapporto deve ritenersi risolto, con preclusione dell'esercizio di opzione per l'indennità sostitutiva. Nella specie, la lavoratrice - che all'esito del provvedimento cautelare di reintegra non aveva ripreso servizio, rendendosi così destinataria di una sanzione disciplinare per l'ingiustificata assenza - aveva esercitato la detta opzione all'esito della sentenza di merito che aveva poi riconosciuto le sue ragioni la S.C., nell'affermare il principio su esteso, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto tempestiva l'opzione esercitata dalla lavoratrice comunque nel termine di 30 giorni dall'invito a riprendere l'attività lavorativa rivoltale dopo il rigetto del reclamo in sede cautelare, e quando la causa era stata già decisa nel merito, sicché il titolo per l'esercizio del diritto di opzione era costituito non più dall'ordinanza cautelare ma dal dispositivo della sentenza e il licenziamento era intervenuto nel corso dello spatium deliberandi riconosciuto alla lavoratrice per decidere se dare corso alla reintegra ovvero optare per l'indennità sostitutiva . Nell'ipotesi in cui il lavoratore, licenziato e successivamente reintegrato con provvedimento d'urgenza, non riprenda il lavoro nel termine di trenta giorni dal ricevimento dell'invito in tal senso rivoltogli dal datore di lavoro ovvero nel diverso termine indicato nel suddetto provvedimento , secondo Cassazione 1254/2003, il rapporto deve ritenersi risolto, con preclusione dell'esercizio di opzione per l'indennità sostitutiva, dovendo la disposizione dell'art. 18, legge 300/1970, stabilita per le sentenze che dispongono la reintegrazione, intendersi analogicamente estesa anche ai provvedimenti cautelari di eguale contenuto, non rilevando in senso contrario, la circostanza che ad essi non sia seguito il giudizio di merito. In caso di reintegra nel posto di lavoro, per Cassazione 15075/2008, il termine di trenta giorni per la ripresa del servizio ovvero per la richiesta dell'indennità sostitutiva da parte del lavoratore decorre, ai sensi dell'art. 18, quinto comma, legge 300/1970, decorre dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro o dalla comunicazione del deposito della sentenza contenente l'ordine di reintegra. Ne consegue che, ove il datore di lavoro abbia formalmente comunicato l'invito a riprendere il servizio, l'inutile decorso del termine comporta la risoluzione del rapporto, dovendosi considerare insufficiente una generica adesione all'invito da parte del lavoratore non seguita dall'effettiva ripresa dell'attività lavorativa, salvo che ciò non sia stato possibile a causa di forza maggiore o di un legittimo impedimento, nel qual caso le circostanze giustificative addotte dal lavoratore medesimo ineriscono non al termine, sospendendolo, ma unicamente all'obbligo del lavoratore subordinato di prestare la sua opera in costanza del rapporto. Cassazione 10526/2008 qualifica tale liberà di scelta del lavoratore in termini di facoltà di opzione ricordando che, la decadenza dall'esercizio della facoltà di opzione si compie una volta che sia inutilmente decorso il termine di trenta giorni o dalla comunicazione del deposito della sentenza o dall'invito a riprendere servizio, con la differenza che, mentre nella seconda ipotesi la decadenza produce, altresì, la risoluzione del rapporto se il lavoratore non abbia ripreso servizio, nella prima il lavoratore decade dal diritto di optare per l'indennità sostitutiva, conservando il diritto all'indennità risarcitoria e alla reintegra sino all'esaurimento del termine per riprendere servizio.