La mancata acquisizione dell’informazione trasmessa via PEC va dimostrata dal destinatario della notifica

Posto che l’acquisizione o meno da parte del destinatario dell’informazione trasmessa nella casella PEC può dipendere da molteplici cause esterne, anche relative all’errore umano come distrazione e inavvertita cancellazione del dato , che non dipendono dal malfunzionamento del sistema elettronico di trasmissione dati, se il destinatario deduce la nullità della notifica deve dimostrare le difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione correlate all’utilizzo dello strumento informatico.

Così ha deciso la Cassazione con la sentenza n. 17662/20, depositata il 25 agosto. In un giudizio volto ad ottenere il risarcimento dei danni, interrotto per morte della ricorrente, era stata disposta con ordinanza interlocutoria l’integrazione necessaria del contraddittorio nei confronti degli eredi in quanto litisconsorti necessari , non essendo stato loro notificato il ricorso. Il Giudice assegnava 90 giorni per provvedere e tale adempimento non veniva ottemperato, conseguendo l’inammissibilità del ricorso. Il difensore della ricorrente, tuttavia, lamentava la mancata conoscenza dell’ordinanza interlocutoria dovuta ad un malfunzionamento del sistema elettronico che esula dalla sfera di disponibilità dell’avvocato, avendo questi regolarmente ricevuto la successiva comunicazione per la partecipazione alla pubblica udienza. A tal proposito la Cassazione sottolinea che, a seguito delle modifiche al processo civile apportate dall’art. 16. C.4, d.l. n. 179/2012, le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano telematicamente all’indirizzo PEC del destinatario e la trasmissione del documento informatico si intende perfezionata con riferimento alla data e all’ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al d.p.r. n. 68/2005, che all’art. 6 stabilisce che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la c.d. ricevuta di avvenuta consegna RAC che costituisce il documento idoneo a dimostrare che il messaggio informatico è pervenuta nella casella di posta elettronica del destinatario. Inoltre, in caso di notifica al difensore via PEC, quando il sistema genera la ricevuta di accettazione e consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina una presunzione di conoscenza da parte dello stesso. Se il destinatario deduce la nullità della notifica deve dimostrare le difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione correlate all’utilizzo dello strumento informatico ad es. che non ha ricevuto la RAC . La Cassazione, inoltre, osserva che l’acquisizione o meno da parte del destinatario dell’informazione trasmessa nella casella PEC può dipendere da molteplici cause esterne , anche relative all’ errore umano distrazione, inavvertita cancellazione del dato e dimenticanze ecc. che non dipendono dalle modalità di funzionamento del sistema elettronico di trasmissione dati. Inoltre, nel caso in esame difetta l’indicazione della prova idonea ad accertare che la mancata conoscenza non dipende dalla negligenza del destinatario, non essendo stata neppure ipotizzata la impossibilità per causa tecnica. Chiarito questo, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Fonte ilprocessotelematico.it

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 marzo – 25 agosto 2020, n. 17662 Presidente Armano Relatore Olivieri Fatti di causa Il Tribunale di Rimini, con sentenza 15.10.2010 n. 1541, riconosceva la omissis responsabile delle lesioni personali subite da Maria Vincenza P., caduta a causa di dislivello non segnalato nella rampa di scale di accesso all'edificio religioso, e condannava l'ente al risarcimento dei relativi danni non patrimoniali, liquidati in complessivi 116.534,29 in favore dei coeredi M.R., M.G. e M.M., i quali avevano riassunto il giudizio interrotto a seguito del decesso per altra causa della P. dichiarava inoltre il difetto di legittimazione attiva di M.C., intervenuto volontariamente nel giudizio, in quanto per sua stessa ammissione contenuta nell'atto di intervento dichiaratosi legatario in virtù di testamento olografo della P., e dunque allo stato privo della qualità di erede, avendo egli impugnato detto testamento con azione di reintegrazione della quota a lui riservata in quanto erede legittimario pretermesso. La sentenza veniva impugnata con appello principale da M.C., che si qualificava come erede, e con appello incidentale dall'ente parrocchiale. La Corte d'appello di Ancona, con sentenza in data 14.12.2017 n. 2971, ha dichiarato inammissibile l'appello principale per indebita immutazione della causa petendi ex art. 345 c.p.c., avendo dedotto il M., per la prima volta con l'atto di impugnazione, la qualità di erede, mentre ha accolto parzialmente l'appello incidentale provvedendo a riliquidare il danno non patrimoniale in considerazione della durata della vita effettiva e non della previsione statistica dell'aspettativa di vita media della danneggiata, determinando l'importo dovuto dalla Parrocchia agli eredi in complessivi 50.173,25 e condannando M.M.R. alla restituzione in favore dell'ente debitore delle somme in eccedenza già riscosse a tale titolo. La sentenza di appello, non notificata, è stata impugnata per cassazione da M.M.R., con ricorso affidato a tre motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c Ha resistito con controricorso la omissis , mentre non ha svolto difese M.C. cui il ricorso è stato notificato ex lege n. 53 del 1994 presso il difensore domiciliatario in data 1.6.2018. Alla adunanza camerale in data 3.10.2019, fissata per la trattazione della causa ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., questa Corte, rilevato il difetto di integrità del contraddittorio nei confronti di M.G. e di M.M., con ordinanza interlocutoria in data17.10.2019, ha disposto rinvio a nuovo ruolo disponendo la notifica del ricorso ex art. 331 c.p.c. nei confronti dei predetti litisconsorti necessari, ritenendo inoltre opportuna la trattazione in pubblica udienza, cui la causa è pervenuta in data odierna, non sussistendo nella specie le condizioni per definire la controversia ai sensi dell'art. 375 c.p.c., nn. 1 o 5. Ragioni della decisione La causa non può accedere all'esame dei motivi di ricorso dovendo questo essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 331 c.p.c., comma 2. M.M. e M.M.G. avevano partecipato unitamente a M.M.R. al giudizio di appello avente ad oggetto domanda di condanna al risarcimento del danno jure hereditatis , spendendo la loro qualità di coeredi della vittima P.M.V., deceduta nelle more del giudizio di primo grado. I predetti, pertanto, in quanto coeredi rivestivano la qualità di litisconsorti necessari atteso che per consolidato principio affermato da questa Corte, in caso di morte di una delle parti nel corso del giudizio di primo grado, la sua legittimazione attiva e passiva si trasmette agli eredi, i quali vengono a trovarsi per tutta la durata del giudizio in una situazione di litisconsorzio necessario, per ragioni di ordine processuale, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, con la conseguenza che ove l'impugnazione sia stata proposta nei confronti di uno soltanto degli eredi della parte defunta, il giudice d'appello deve ordinare, anche d'ufficio, a pena di nullità, l'integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. nei confronti degli altri coeredi, anche quando manchi la successione nel diritto posto a fondamento della domanda cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 8492 del 26/09/1996 id. Sez. 1, Sentenza n. 23765 del 17/09/2008 id. Sez. 2, Sentenza n. 6780 del 02/04/2015 . La medesima esigenza di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio, posta a fondamento della obbligatorietà dell'integrazione del contraddittorio nella fase dell'impugnazione, sorge tanto nel caso in cui tra le parti esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l'impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, quanto nel caso del cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando cioè l'impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutte le parti le quali, sebbene non legate tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, e sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti art. 331 c.p.c. , abbiano però tutte partecipato al precedente grado di giudizio cfr. Corte cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 26433 del 08/11/2017 id. Sez. 6 L, Ordinanza n. 8790 del 29/03/2019 . Orbene dagli atti regolamentari emerge che con ordinanza interlocutoria depositata in data 17.10.2019 n. 26473, ritualmente comunicata in via telematica dalla Cancelleria di questa Corte, in data 17 ottobre 2019, agli indirizzi PEC dei difensori delle parti ricorrente M.M.R. e resistente omissis , rispettivamente, omissis e omissis , era stata disposta la integrazione necessaria del contraddittorio nei confronti dei coeredi M. e M.M.G., non essendo stato il ricorso notificato e neppure diretto nei loro confronti, in quanto litisconsorti necessari, venendo assegnato per provvedere termine di giorni novanta dalla comunicazione della presente ordinanza con rinvio della causa alla Sezione semplice per la trattazione in pubblica udienza. A tale adempimento non è stato ottemperato, conseguendo la inammissibilità del ricorso. Non osta a tale pronuncia in rito il messaggio trasmesso in via telematica in data 6.3.2020 alla Cancelleria dal difensore di M.M.R. con il quale si rappresentava che la mancata conoscenza della predetta ordinanza interlocutoria era affidata al sistema elettronico che esula dalla sfera di disponibilità del sottoscritto difensore e che poteva formularsi presunzione di difetto di funzionamento del sistema non imputabile al difensore, avendo questi invece regolarmente ricevuto la successiva comunicazione per la partecipazione alla odierna udienza pubblica. Premesso infatti che, a seguito delle modifiche al processo civile apportate dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012, le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano, per via telematica, all'indirizzo di posta elettronica certificata PEC del destinatario e la trasmissione del documento informatico, equivalente alla notificazione a mezzo posta, si intende perfezionata, con riferimento alla data ed all'ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 68 del 2005, il cui art. 6 stabilisce che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la cd. ricevuta di avvenuta consegna RAC , che costituisce, quindi, il documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario cfr. Corte cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 26773 del 22/12/2016 id. Sez. 1 -, Ordinanza n. 30532 del 26/11/2018 e premesso ancora che in tema di notificazione al difensore mediante invio dell'atto tramite posta elettronica certificata, nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina, analogamente a quanto avviene per le dichiarazioni negoziali ai sensi dell'art. 1335 c.c., una presunzione di conoscenza da parte dello stesso, il quale, pertanto, ove deduca la nullità della notifica, è tenuto a dimostrare le difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione correlate all'utilizzo dello strumento telematico cfr. Corte cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 25819 del 31/10/2017 , osserva il Collegio che se, da un lato, l'argomento presuntivo addotto dal difensore si rivela fallace, atteso che si intende derivare la conoscenza del fatto ignorato malfunzionamento del sistema elettronico da un elemento aspecifico mancata conoscenza del messaggio che si colloca al di fuori della sequenza della procedura telematica, concernendo il momento della acquisizione, da parte del destinatario persona fisica, della informazione trasmessa nella casella di posta elettronica, e che bene può dipendere da molteplici cause esterne, anche relative ad errore umano distrazione, inavvertita cancellazione del dato, omesso controllo tempestivo della casella, dimenticanza, ecc. , del tutto indipendenti dalle modalità di funzionamento del sistema elettronico di trasmissione dati, dall'altro lato, difetta del tutto la indicazione della prova idonea ad accertare la non imputabilità della mancata conoscenza a negligenza del destinatario, neppure essendo stata ipotizzata la impossibilità per causa tecnica fuori della sfera di controllo del difensore impeditiva della trasmissione o della ricezione della comunicazione di Cancelleria nella specie attestata positivamente dalla RAC emessa dal gestore del servizio , la cui prova soltanto potrebbe legittimare la rimessione in termini. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il versamento, se e nella misura dovuto, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.