Mancata asseverazione di conformità all’originale della copia analogica: ricorso improcedibile

Nell’ipotesi in cui il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo telematico rimanga solo intimato ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare che venga dichiarata l’improcedibilità è onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sin all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio.

Sul punto torna ad esprimersi la sentenza della Corte di Cassazione n. 31449/19, depositata il 3 dicembre, considerando tale ricorso improcedibile poiché privo dell’attestazione autografa di conformità alla copia trasmessa a mezzo PEC. L’improcedibilità del ricorso. Come precisato più volte dal S.C., il deposito in cancelleria, entro 20 giorni dall’ultima notifica, della copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale con modalità telematica e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore di cui all’art. 9, commi 1- bis e 1 -ter , l. n. 53/1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità qualora il controricorrente depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata o non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale. Al contrario, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso originariamente telematico rimanga solo intimato ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare che venga dichiarata l’improcedibilità è onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sin all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio. Nel caso, di specie, infatti, non risulta agli atti siffatta asseverazione il ricorso va dichiarato improcedibile.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 24 settembre – 3 dicembre 2019, n. 31449 Presidente Spirito – Relatore Cigna Fatti di causa In relazione ad incidente stradale mortale, il Tribunale di Como ritenne B.M. responsabile al 50%, condannandola, in solido con la Compagnia Assicuratrice Axa SpA, al risarcimento tra l’altro anche del danno non patrimoniale richiesto iure successionis da M.L. , R.M. e P. , eredi del defunto R.L. danno liquidato in Euro 558.556. La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della statuizione del Tribunale, ha rideterminato il predetto danno non patrimoniale iure successionis in Euro 140.000,00 in particolare la Corte ha ritenuto erronea la liquidazione operata dal Tribunale, in quanto il detto danno era stato parametrato alla durata media della vita, come se R.L. fosse sopravvissuto e quindi come se fosse incerto il periodo di vita ancora da vivere le sofferenze biologiche e morali terminali dovevano invece essere parametrate ai 311 gg. di vita, durante i quali R.L. era rimasto in stato di coma vegetativo persistente la Corte, quindi, dopo avere premesso di non potere applicare i più recenti orientamenti in tema di danno catastrofale i quali non potevano essere richiamati in assenza di appello incidentale da parte dei genitori e del fratello superstiti , ha proceduto a liquidare equitativamente in complessivi Euro 280.000,00 da ridurre del 50% per l’accertato grado di colpa il danno non patrimoniale subito dal defunto R.L. liquidazione equitativa basata sulla specifica situazione concreta, desumibile dalla documentazione clinica in atti in particolare, tenendo presente sia il riscontro, da parte dei medici, di momentanei istanti di dolore, determinati da movimenti indotti, oltre ad una risposta allo stimolo verbale reiterato , sia i numerosi ricoveri ed interventi invasivi sia la malattia acuta prima della morte. Avverso detta sentenza gli eredi hanno proposto ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo. Ha resistito con controricorso Axa Assicurazioni SpA. B.M. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Con ordinanza 12214/2018 questa Corte, in esito alla pubblica udienza del 241-2018, ha rinviato a nuovo ruolo in attesa di decisione delle sezioni unite sulla questione della procedibilità del ricorso privo dell’attestazione autografa di conformità alla copia trasmessa via pec quindi, intervenuta detta decisione, è stata nuovamente fissata la pubblica udienza. Ragioni della decisione Con l’unico motivo i ricorrenti, denunciando - ex art. 360 c.p.c., n. 3 - violazione e falsa applicazione degli artt. 343, 345 e 346 c.p.c., si dolgono che la Corte abbia escluso, per mancanza di appello incidentale sul punto, l’applicazione, nel caso di specie, dei più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di danno catastrofale al riguardo rilevano 1 che il giudice aveva liquidato il danno non patrimoniale iure successionis nella stessa misura da essi ricorrenti invocata Euro 558.556,00 , sicché, dovendo solo correggere la motivazione, nessun onere di impugnazione poteva essere loro ascritto 2 che l’invocazione dei più recenti criteri in tema di danno catastrofale quelli di cui a Cass. 1361/2014 non concretizzava una nuova domanda ma una mera argomentazione difensiva a sostegno della domanda posta, sicché la Corte aveva confuso la domanda con il metodo di quantificazione . Il ricorso è improcedibile. Come precisato da questa S.C. a sezioni unite il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per Cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore della L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente anche tardivamente costituitosi depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli del D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in Camera di consiglio Cass. S.U. 22438/2018 . Nel caso di specie, nel quale B.M. destinataria del controricorso unitamente all’Axa , è rimasta solo intimata, non risulta agli atti siffatta asseverazione, sicché, in applicazione del riportato principio di questa S.C. a sezioni unite, il ricorso va dichiarato improcedibile. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poiché il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato improcedibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis. P.Q.M. La Corte dichiara improcedibile il ricorso condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.