Notifica a mezzo PEC: irrilevante il formato se la comunicazione raggiunge il suo scopo

L’irritualità della notificazione a mezzo PEC non ne comporta la nullità laddove la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto determinando così il raggiungimento dello scopo legale.

Con l’ordinanza n. 4505/19, depositata il 14 febbraio, la Corte di Cassazione torna sul tema delle notifiche telematiche. Notificazione a mezzo PEC. La controversia nasceva dalla richiesta di dichiarazione di nullità degli atti di cessione immobiliare intercorsi tra due società giunta fino a Piazza Cavour si ricorso della società soccombente. Il ricorso si rivela però inammissibile per tardività. Come dedotto nello stesso atto di impugnazione, infatti, la proposizione del ricorso è stata notificata alla controparte via PEC ampiamente oltre il termine di 60 giorni dalla notifica della pronuncia di seconde cure, fissato dall’art. 325, comma 2, c.p.c Parte ricorrente censura peraltro la validità della notificazione della sentenza impugnata deducendone la nullità in quanto la comunicazione a mezzo PEC conterrebbe solo l’espressione notificazione ex l. n. 53/1994” e non già quella obbligatoria di notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994” . Inoltre la notificazione sarebbe stata trasmessa in formato docx.p7m e non in formato pdf.7m o .pdf, circostanza che impediva l’apertura del file. La Corte ricorda che l’irritualità della notificazione a mezzo PEC non ne comporta la nullità laddove la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto determinando così il raggiungimento dello scopo legale. Questa è la situazione venutasi a creare nel caso di specie risultando equipollente l’indicazione apposta sulla comunicazione. Inoltre, aggiunge la Corte, che parte ricorrente nulla ha dedotto circa uno specifico pregiudizio per il diritto di difesa né l’eventuale difformità tra il testo ricevuto telematicamente e quello cartaceo depositato in cancelleria. In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 novembre 2018 – 14 febbraio 2019, n. 4505 Presidente Frasca – Relatore Vincenti Ritenuto che, con ricorso affidato ad un unico motivo, la Karman S.A. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Bologna, resa pubblica in data 7 dicembre 2017, che ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città che, a sua volta, in accoglimento della domanda proposta dalla Agenzia delle entrate, dichiarava la nullità degli atti di cessione immobiliare intercorsi tra la S.p.A. poi fallita e la stessa Karman S.A. che resiste con controricorso il omissis S.p.A. e ha depositato atto di costituzione fuori termine l’Agenzia delle entrate, mentre non è stata evocata in giudizio la Maguro S.p.A., già appellante insieme alla Karman S.A. che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata. Considerato che il ricorso è inammissibile per tardività della sua proposizione ciò che esime il Collegio dal dare contezza delle ragioni di censura con esso proposte , giacché - come dedotto nello stesso atto di impugnazione p. 9 e comunque comprovato in atti e in via assorbente rispetto alla proposizione di precedente ricorso notificato e non depositato, come dedotto dalla società controricorrente con la nota dell’11 maggio 2018 - la sentenza di appello è stata notificata alla Karman S.A. il 18/19 dicembre 2017, mentre il ricorso della medesima società è stato notificato, via p.e.c., al omissis e all’Agenzia delle entrate in data 16 marzo 2018, dunque ampiamente oltre il termine di sessanta giorni fissato dall’art. 325 c.p.c., comma 2 che non può disporsi l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Maguro S.p.A., non essendo litisconsorte necessario giacché non partecipe delle cessioni immobiliari intercorse tra la S.p.A. e la Karman S.A. ed essendo ormai preclusa l’impugnazione ai sensi dell’art. 332 c.p.c. che la memoria di parte ricorrente - la quale, contrariamente a quanto esposto in ricorso, nel quale non si fa questione alcuna sulla validità della notificazione della sentenza e, anzi, ivi si assume avvenuta la notificazione proprio in data 18 dicembre 2017 pp. 9 e 10 - deduce la nullità di detta notificazione che impedirebbe la decorrenza del termine breve per impugnare , in quanto la p.e.c. conterrebbe solo l’espressione notificazione ex L. n. 53 del 1994 e non già quella, ritenuta obbligatoria , di notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994 , nonché per esser la relazione di notificazione stata trasmessa in formato docx.p7m e non in formato pdf.p7m oppure in .pdf” come previsto dal combinato disposto del provv. DGSIA 16 aprile 2014, art. 19 bis, e del D.M. n. 44 del 2011, art. 18 , tale che il file di detta relazione non poteva essere aperto e, comunque, se aperto, avrebbe potuto comportare un rischio per gli standard di sicurezza che, non solo il documento allegato alla memoria è inammissibilmente prodotto in mancanza di relativa notificazione ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 2, ma, in ogni caso, la sollevata eccezione è manifestamente priva di fondamento che, infatti, non soltanto la parte ricorrente ha provveduto ad impugnare la sentenza della Corte di appello di Bologna proprio a seguito della notificazione a mezzo p.e.c. del 18/19 dicembre 2017, senza nulla eccepire in ricorso, ma giova rammentare che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica - nella specie, in estensione.doc , anziché formato.pdf” - ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale Cass., SU, n. 7665/2016 . Ciò che, per l’appunto, come evidenziato, è avvenuto nel caso di specie, là dove, inoltre, risulta del tutto equipollente la dizione notificazione ex L. n. 53 del 1994 rispetto a quella, prevista della citata L. n. 53, art. 3, comma 4, di notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994 che in definitiva, la parte ricorrente non adduce uno specifico pregiudizio al diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione.doc in luogo del formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria, in contrasto con il principio per cui la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione tra le tante, Cass. n. 26831/2014 che il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile e la Karman S.A. condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, in favore della sola parte controricorrente omissis S.p.A. che il ricorso per cassazione proposto malgrado la conoscenza o l’ignoranza gravemente colposa della sua insostenibilità quale emerge dai rilievi che precedono è fonte di responsabilità dell’impugnante ex art. 385 c.p.c., comma 4, applicabile nel testo vigente ratione temporis, introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 13, e successivamente abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 20 Cass. n. 4930/2015, Cass. n. 20732/2016 che la parte ricorrente va, dunque, condannata di ufficio al pagamento in favore della parte controricorrente, in aggiunta alle spese di lite, d’una somma equitativamente determinata, come indicata in dispositivo, assumendo a parametro di riferimento l’importo delle spese dovute alla parte vittoriosa per questo grado di giudizio. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, della somma di Euro 15.000,00, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.