La Corte di Appello di Bari, con la pronuncia in commento, conferma che la problematica relativa al perfezionamento della notifica degli atti processuali, effettuata a mezzo PEC, sia, nonostante le numerose pronunce di legittimità, tutt'altro che risolta.
Il fatto. La prima sezione civile, con la sentenza numero 1264/18, che si segnala per la linearità della motivazione e per i numerosi richiami giurisprudenziali, è chiamata a decidere in ordine al gravame mosso da cittadino straniero avverso l'ordinanza con la quale il Tribunale di Bari, confermando la decisione della Commissione, aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto avevano entrambe ritenuto che il racconto del richiedente non fosse idoneo a sostenere alcuna forma di protezione perché non plausibile. L'appellante aveva richiesto, quindi, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero, in subordine, il riconoscimento della protezione sussidiaria o della protezione umanitaria. Nel costituirsi, il Ministero contestava preliminarmente l'inammissibilità dell’appello per la sua tardività perché notificato oltre le ore 21 dell’ultimo giorno utile e, nel merito, l'infondatezza dell’impugnazione. Sulla questione preliminare di ammissibilità dell'appello. La Corte ha ritenuto ammissibile l'impugnazione spedita telematicamente alle ore 21.55 dell’ultimo giorno utile. Il Collegio ha concluso nel senso sopra detto in seguito di un'articolata motivazione di cui si richiamano alcuni dei passi principali -secondo l’articolo 16-septies d.l. numero 179/2012, convertito con modificazioni nella l. numero 221/2012, «la notifica richiesta, con modalità telematiche, con rilascio della ricevuta di accettazione, dopo le ore 21.00, si perfeziona alle ore 7.00 del giorno successivo. Questa finzione giuridica è prevista di seguito alla statuizione per cui la disposizione dell'articolo 147 del codice di procedura civile si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche » - «La prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità, tuttavia, ha ritenuto le due statuizioni scollegate tra loro, con ciò ravvisando per il notificante comunque l’obbligo di attenersi al limite orario delle ore 21 per spedire telematicamente la sua notifica e, per il destinatario, la certezza del perfezionamento della notifica nel giorno seguente» - «ritiene invece questa Corte che la lettura consequenziale e unitaria - e non frammentata e atomistica - delle due parti dell’articolo in esame consenta da un lato di dare al limite orario delle 21 un significato conforme al sistema del codice di rito e dall’altro di adeguare ragionevolmente la previsione alle reali potenzialità tecniche offerte dalla comunicazione per via telematica da questa lettura non risulta affatto, in conseguenza, l’abrogazione della norma o la forzatura della sua lettera» - «E’ necessario, invero, considerare innanzitutto la portata e la ratio dell’articolo 147 c.p.c. richiamato tale articolo - pensato, evidentemente, dal legislatore del codice per le notifiche diverse da quelle in forma telematica - fissando l’orario in cui possono eseguirsi le notificazioni tra le 7 e le 21 , aveva ed ha quale ratio proprio e unicamente quella di tutelare il riposo del destinatario della notificazione e delle altre persone che possono ricevere l’atto in sua vece» - «la Corte di legittimità ha sempre ritenuto meramente irregolare e non nulla - né inesistente - la notifica effettuata oltre i limiti di orario suindicati» - « pertanto non può considerarsi tardiva la notificazione di un atto di appello, effettuata a termini dell'articolo 140 citato nelle ore di apertura degli uffici all'uopo indicati, anche se oltre l'orario di cui all'articolo 147 c.p.c. Sempre che tutte le formalità siano state eseguite entro l'ultimo giorno utile.» - «Questa lettura dell’articolo 147 c.p.c. è già coerente con il principio di scissione degli effetti della notificazione per il notificante e il destinatario come poi definitivamente affermato nel nostro ordinamento Cassazione civile, sez. unumero 09/12/2015 numero 24822 . Lo stesso principio di scissione era ben noto al legislatore che ha disciplinato la notifica informatica ed è stato da lui condiviso il comma terzo dell’articolo 16-quater d.l. numero 179/2012, convertito con modificazioni nella l. numero 221/2012, prevede che “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall'articolo 6, comma primo, del dpr 11 febbraio 2005, numero 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal secondo comma dello stesso articolo”». La decisione. La Corte di Appello di Bari, quindi, discostandosi scientemente dalle più recenti pronunce della Corte di Cassazione v. di recente “La notifica ha l'oro in bocca. La Cassazione torna ad esprimersi sugli effetti delle notifiche effettuate dopo le ore 21 00” su DirittoeGiusizia.it – Cass. sent. 21445/18 – afferma “diviene evidente che il richiamo all’articolo 147 c.p.c. nella prima parte dell’articolo 16-septies è stato dettato dal legislatore unicamente nell’interesse del destinatario, per salvaguardare il suo diritto al riposo dopo le 21, non avendo egli possibilità – a causa della tecnologia telematica - di impedire la consegna dopo le ore 21 tale richiamo, pertanto, costituisce l’antecedente necessario della fictio iuris contenuta nella seconda parte dell’articolo in esame, in cui è previsto il perfezionamento differito alle ore 7 del giorno successivo. Il limite delle ore 21, allora non può che intendersi stabilito soltanto per fare operare la fictio del perfezionamento della notifica - per il destinatario – al giorno seguente e non certamente per sancire il limite orario di validità della notifica da parte del mittente. Per ancor maggior sforzo esplicativo, in conclusione, la Corte ha ritenuto l'ammissibilità dell’impugnazione, seppure spedita oltre le 21, perché tempestiva in quanto notificata dal mittente nell’ultimo giorno utile, prima delle ore 24. La circostanza che la spedizione sia avvenuta oltre le 21 ha implicato “solamente” il perfezionamento per il destinatario alle ore 7 del giorno successivo, nel senso che dal giorno successivo è iniziato, per il destinatario, il decorso del termine a difesa. Solo per onore di cronaca, la Corte ha comunque ritenuto infondato l'appello ritenendo non plausibile la versione fornita dall'appellante.
Corte d’Appello di Bari, sez. I Civile, sentenza 3 luglio – 13 luglio 2018, numero 1264 Presidente Cea – Relatore Papa Fatto e diritto omissis , nato il omissis nel villaggio di omissis , omissis , premesso che la competente Commissione gli ha ingiustamente negato la protezione internazionale, ha adito il Tribunale di Bari, chiedendo la revoca di detto provvedimento e il riconoscimento dello status di rifugiato, in via subordinata la protezione sussidiaria ovvero il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari. L’istante, di etnia omissis ha raccontato di essere nato nel villaggio omissis dove sarebbe vissuto fino al termine della scuola primaria per trasferirsi poi a omissis e, dopo ancora, a omissis ha dichiarato di aver studiato francese per dodici anni e di aver lavorato come autista di essere orfano di padre, di avere ancora sua madre, un fratello ed una sorella, di non essere coniugato e di non avere figli. Ha raccontato alla Commissione di aver lasciato il omissis in conseguenza della sua conversione al Cristianesimo all’incirca verso i quindici anni, grazie ai suoi compagni di classe, si sarebbe avvicinato, infatti, alla religione cristiana diventando testimone di Geova in conseguenza, sarebbe divenuto vittima dell’ostilità dei suoi familiari, di credo islamico, che lo avrebbero perciò picchiato e cacciato da casa si sarebbe allora recato a omissis , dove avrebbe iniziato a lavorare come autista, ma i suoi familiari avrebbero scoperto il suo nascondiglio e gli avrebbero “creato problemi”, incendiando perfino l’automobile che egli guidava abitualmente pertanto, temendo per la propria vita, nel 2015 avrebbe deciso di lasciare il suo paese. La Commissione prima e il Tribunale poi hanno ritenuto che il racconto del richiedente non fosse idoneo a sostenere alcuna forma di protezione perché non plausibile. Ha appellato omissis perché il primo giudice a avrebbe erroneamente valutato gli elementi posti a sostegno della domanda di protezione che avrebbero dimostrato, invece, la fondatezza del suo timore di subire violenze in ragione del suo credo b avrebbe pure erroneamente valutato la situazione dei cristiani in omissis e il pericolo di “grave danno” che gli stessi potrebbero subire perché ristrettissima minoranza. Pertanto, ha chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero, in subordine, il riconoscimento della protezione sussidiaria o della protezione umanitaria. Il Ministero, regolarmente convenuto, ha contestato preliminarmente l'inammissibilità dell’appello per la sua tardività perché notificato oltre le ore 21 dell’ultimo giorno utile e, nel merito, l'infondatezza dell’impugnazione il Procuratore Generale si è espresso a favore del rigetto. Tanto brevemente premesso sullo svolgimento del processo, l’appello è ammissibile, seppure infondato nel merito per le ragioni di seguito precisate. In fatto, deve considerarsi che l’impugnazione risulta spedita telematicamente alle ore 21.55 nell’ultimo giorno utile nel senso che a quell’ora risulta accettata dal sistema del mittente appellante quindi, il Ministero ha eccepito la tardività della notifica e l’inammissibilità dell’impugnazione e l’appellante ha chiesto, in risposta, la rimessione in termini, adducendo un impedimento per motivi di salute al rispetto dei termini delle ore 21. Sulla tempestività della notifica occorre dunque considerare, in diritto, che secondo la norma invocata dall’appellato, l’articolo 16-septies D.L. 18 ottobre 2012, numero 179, convertito con modificazioni nella L. 17 dicembre 2012, numero 221, “la notifica richiesta, con modalità telematiche, con rilascio della ricevuta di accettazione, dopo le ore 21.00, si perfeziona alle ore 7.00 del giorno successivo.” Questa finzione giuridica è prevista di seguito alla statuizione per cui “la disposizione dell'articolo 147 del codice di procedura civile si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche”. La prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità, tuttavia, ha ritenuto le due statuizioni scollegate tra loro, con ciò ravvisando per il notificante comunque l’obbligo di attenersi al limite orario delle ore 21 per spedire telematicamente la sua notifica e, per il destinatario, la certezza del perfezionamento della notifica nel giorno seguente. In particolare, da ultimo, Cassazione civile, sez. VI 22/12/2017 numero 30766 ha affermato che - la previsione consta di due parti la prima estende anche alle notificazioni telematiche la regola dettata dall'articolo 147 c.p.c. per cui le notificazioni non possono farsi prima delle 7 e dopo le 21 la seconda precisa che, in caso di notifiche telematiche, la notificazione eseguita dopo le 21 si considera perfezionata alle 7 del giorno dopo - il legislatore avrebbe pertanto 1 esteso le delimitazioni di orario dettate per le notificazioni effettuate tramite ufficiale giudiziario anche alle notificazioni telematiche prima parte , 2 trasformato quello che nell'articolo 147 è un divieto di compiere materialmente l'atto in un meccanismo per cui la notificazione se sia comunque eseguita, si considera perfezionata solo alle 7 del giorno dopo - sarebbe, perciò, il legislatore intervenuto sul concetto di perfezionamento della notificazione stabilendo che, se effettuata in orario tra le 21 e le 7, la notifica si considera perfezionata alle 7 del mattino - nel fare ciò, non ha distinto la posizione del notificante da quella del destinatario della notifica, mentre avrebbe potuto distinguere le posizioni del notificante e del destinatario disponendo che la notifica si considera perfezionata alle 7 del giorno dopo solo per il destinatario della notifica - ciò significa che l'interprete non può introdurre un'aggiunta che ne modifichi il contenuto, creando una norma nuova e, pertanto, la notifica effettuata dopo le 21 si considera comunque perfezionata, anche per il notificante, il giorno dopo. Questa pronuncia richiama espressamente, quali precedenti di legittimità conformi, la sentenza della Cassazione civile, sez. lav. 04/05/2016 numero 8886 e della Cassazione civile, sez. III 21/09/2017 numero 21915. Quest’ultima pronuncia richiamata, invero, affrontando un’ipotesi simile alla fattispecie in esame nel presente giudizio, ha proprio escluso la rilevanza del principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario perché al di fuori delle ipotesi a tutela delle quali esso è stato creato la legge, infatti, “espressamente disciplina i tempi per il corretto ed efficace svolgimento di un'attività a tutela del diverso interesse, rafforzato dalle possibilità tecniche offerte dalle notifiche telematiche, di non costringere i professionisti alla continua verifica, a qualsiasi ora del giorno e della notte, dell'arrivo di atti processuali ” pertanto, il principio della scissione resterebbe estraneo all’ipotesi in cui sia lo stesso notificante che ha “iniziato a compiere l'attività attività notificatoria quando il margine di tempo a sua disposizione si era già consumato” conseguentemente, quella pronuncia ha escluso la tempestività del ricorso per Cassazione esaminato in quel caso. Nella giurisprudenza di merito, poi, deve segnalarsi che la Corte appello Milano, sez. II, con ordinanza del 16/10/2017 ha sollevato questione di costituzionalità di questo articolo 16 septies. La Corte di Milano, invero, ha individuato una “lettura costituzionalmente orientata” della norma, ipotizzando che “- nel caso in cui il notificante proceda alla notifica l'ultimo giorno utile, gli deve essere riconosciuto per intero il termine a sua disposizione, fino alla mezzanotte del giorno stesso - qualora egli notifichi oltre le ore 21 00 ma prima delle ore 24 00, gli effetti della notifica si produrranno, in capo al notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna al sistema - per quanto concerne il notificato, che il legislatore tutela con la predisposizione del limite d'orario, gli effetti della notifica effettuata dopo le ore 21 00 e prima delle ore 7 00 si produrranno automaticamente alle ore 7 00 del giorno successivo - la scissione, così applicata, consentirebbe di tutelare sia l'interesse della vita privata di chi deve ricevere la notifica, sia l'interesse di chi, onerato di compiere un atto giuridico al fine di tutelare un proprio diritto, deve vedersi riconosciuto interamente il termine a propria difesa”1. La stessa Corte, tuttavia, ha escluso la percorribilità della via interpretativa perché la lettura costituzionalmente orientata proposta implicherebbe “una sostanziale abrogazione della norma in esame che, all'esito di quell'interpretazione, si troverebbe svuotata di una parte essenziale del suo significato”. Tanto premesso, ritiene invece questa Corte che la lettura consequenziale e unitaria - e non frammentata e atomistica - delle due parti dell’articolo in esame consenta da un lato di dare al limite orario delle 21 un significato conforme al sistema del codice di rito e dall’altro di adeguare ragionevolmente la previsione alle reali potenzialità tecniche offerte dalla comunicazione per via telematica da questa lettura non risulta affatto, in conseguenza, l’abrogazione della norma o la forzatura della sua lettera. E’ necessario, invero, considerare innanzitutto la portata e la ratio dell’articolo 147 c.p.c. richiamato tale articolo - pensato, evidentemente, dal legislatore del codice per le notifiche diverse da quelle in forma telematica - fissando l’orario in cui possono eseguirsi le notificazioni tra le 7 e le 21 , aveva ed ha quale ratio proprio e unicamente quella di tutelare “il riposo del destinatario della notificazione e delle altre persone che possono ricevere l’atto in sua vece”. Ciò stabilito, la Corte di legittimità ha sempre ritenuto meramente irregolare e non nulla - né inesistente - la notifica effettuata oltre i limiti di orario suindicati. La sez. II della Cassazione civile, con la sentenza del 21/06/1979, numero 3478, per sancire la mera irregolarità della notifica effettuata oltre l’orario, ha proprio rimarcato che l'articolo 147 c.p.c. è posto a tutela dell'interesse al riposo del destinatario della notificazione e delle altre persone che possono ricevere l'atto in sua vece e che il vizio conseguente al superamento dell’orario possa esser fatto valere soltanto dal soggetto nel cui interesse detto limite è stabilito mediante il legittimo rifiuto di ricevere l'atto. Da tali premesse, la stessa Cassazione ha tratto quali conseguenze che “nessuna nullità può essere ravvisata nelle notifiche eseguite fuori orario, ma senza l'accesso dell'ufficiale giudiziario nelle private abitazioni, come si verifica nel caso delle notificazioni per mezzo del servizio postale o con le formalità di cui all'articolo 140 c.p.c., rimanendo sostituito, in tal caso, l'orario dall'articolo 147 citato da quello di apertura degli uffici, ove devono essere compiute le formalità di notificazione pertanto non può considerarsi tardiva la notificazione di un atto di appello, effettuata a termini dell'articolo 140 citato nelle ore di apertura degli uffici all'uopo indicati, anche se oltre l'orario di cui all'articolo 147 c.p.c. sempre che tutte le formalità siano state eseguite entro l'ultimo giorno utile.” Ugualmente, dopo un anno, la sez. lav. della stessa Cassazione, con la sentenza del 03/03/1980, numero 1422 ha statuito che “qualora il destinatario della notificazione di un'impugnazione, cui sia consegnato l'atto l'ultimo giorno utile per proporre l'impugnazione stessa, oltre i limiti di tempo indicati nell'articolo 147 c.p.c., non rifiuti la consegna ma la accetti, sia pure con riserva, l'irregolarità della notificazione non impedisce il completamento della fattispecie notificatoria, con la realizzazione sia dello scopo immediato di essa legale ed effettiva conoscenza dell'atto medesimo sia di quello mediato costituzione del rapporto giuridico processuale . Questa lettura dell’articolo 147 c.p.c. è già coerente con il principio di scissione degli effetti della notificazione per il notificante e il destinatario come poi definitivamente affermato nel nostro ordinamento Cassazione civile, sez. unumero 09/12/2015 numero 24822 . Lo stesso principio di scissione era ben noto al legislatore che ha disciplinato la notifica informatica ed è stato da lui condiviso il comma terzo dell’articolo 16 quater del D.L. 18 ottobre 2012, numero 179, convertito con modificazioni nella L. 17 dicembre 2012, numero 221, prevede che “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall'articolo 6, comma primo, del D.P.R. 11 febbraio 2005, numero 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal secondo comma dello stesso articolo”. La ricevuta di accettazione cui si fa riferimento è, secondo l’articolo 6 comma I del D.P.R. 68/05, quella fornita dal “gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal mittente nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata”. Quindi, ai sensi dei comma secondo e terzo dello stesso articolo 6 del D.P.R. 68/05, il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisce al mittente, al suo indirizzo elettronico, la ricevuta di avvenuta consegna e tale ricevuta di consegna costituisce per il mittente la prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo leggibile, contenente i dati di certificazione in altri termini, la ricevuta di consegna è generata automaticamente dal sistema di posta e non è controllabile dal destinatario. Conseguentemente, diviene evidente che il richiamo all’articolo 147 c.p.c. nella prima parte dell’articolo 16 septies è stato dettato dal legislatore unicamente nell’interesse del destinatario, per salvaguardare il suo diritto al riposo dopo le 21, non avendo egli possibilità – a causa della tecnologia telematica - di impedire la consegna dopo le ore 21 tale richiamo, pertanto, costituisce l’antecedente necessario della fictio iuris contenuta nella seconda parte dell’articolo in esame, in cui è previsto il perfezionamento differito alle ore 7 del giorno successivo. Il limite delle ore 21, allora non può che intendersi stabilito soltanto per fare operare la fictio del perfezionamento della notifica - per il destinatario - al giorno seguente e non certamente per sancire il limite orario di validità della notifica da parte del mittente. Non risulterebbe, infatti, ragionevole limitare nel tempo gli effetti giuridici dell’attività del notificante in via telematica fino alle ore 21 soltanto per tutelare il diritto al riposo del destinatario cioè, il suo diritto a un’effettiva difesa , laddove nelle notifiche effettuate per mezzo delle persone, il codice di rito contempera gli interessi di notificante e destinatario semplicemente scindendo gli effetti dell’attività di chi spedisce e di chi riceve. In tal senso, questa interpretazione non è affatto abrogante di una parte della norma, ma consente, al contrario, di dare una lettura adeguata dell’articolo all’oggettiva potenzialità della tecnologia senza pregiudicare il diritto di difesa e, soprattutto, salvaguardando la coerenza giuridica. Diversamente ritenendo, invece, non risulterebbe comprensibile, giuridicamente, perché l’articolo 147 c.p.c. possa avere conseguenze diverse in ipotesi di notifiche telematiche soprattutto, non si comprenderebbe come possa una notifica ritenuta - dopo le ore 21 – inidonea a consentire l’esercizio di quei diritti che possono essere fatti valere unicamente con l’instaurazione di un giudizio 2 “perfezionarsi” – cioè essere ritenuta valida - il giorno seguente occorrerebbe, infatti, individuare quale sia la categoria giuridica in cui sussumere tale notifica ritenuta invalida tra le 21 01 e le 6 59 del mattino seguente e poi, invece, suscettibile di perfezionamento alle successive ore 7 00 l’efficacia differita presuppone comunque, infatti, la validità di un atto. Sul punto, molto chiaramente le Sezioni unite della Corte nella richiamata sentenza numero 24822/2015 hanno spiegato – nelle notifiche effettuate tradizionalmente per mezzo delle persone - che il principio di scissione riconduce a ragionevolezza il sistema perché distingue tra l'an e il quando degli effetti della notifica, nel senso che la consegna all’ufficiale giudiziario nel nostro caso, la spedizione telematica certificata come effettuata prima delle ore 24 della scadenza del termine produce per il notificante effetti immediati e provvisori destinati a stabilizzarsi e divenire definitivi se e quando la notifica si perfezioni. Conseguentemente, ritiene questa Corte che l’impugnazione in esame, seppure spedita oltre le 21, possa e debba essere ritenuta comunque tempestiva in quanto notificata dal mittente nell’ultimo giorno utile, prima delle ore 24, seppure la spedizione oltre le 21 abbia implicato il perfezionamento per il destinatario alle ore 7 del giorno successivo, nel senso che dal giorno successivo è iniziato, per il destinatario, il decorso del termine a difesa tanto perché il richiamo all’articolo 147 c.p.c. è stato previsto nell’articolo 16 septies non quale prescrizione autonoma ma quale regola presupposto della fictio iuris di perfezionamento differito3. Seppure ammissibile, tuttavia, l’appello è da ritenersi infondato in merito. Deve considerarsi, invero, che – come già rilevato dalla commissione e poi dal Tribunale - il racconto portato da omissis desta forti dubbi di plausibilità delle vicende narrate e, in particolar modo, della conversione al culto dei Testimoni di Geova e della persecuzione che egli avrebbe subito a causa di tale conversione e che lo avrebbe costretto alla fuga. Il richiedente ha raccontato, infatti, di una conversione avvenuta intorno ai quindici anni, a causa della frequentazione dei suoi compagni di classe a prescindere dal fatto che dalle COI risulta che i testimoni di Geova in omissis sono davvero numericamente pochi4, risulta, in ogni caso, evidentemente inverosimile che la conversione, secondo quanto riferito, sia avvenuta all’età di quindici anni, nel 2004, ma la persecuzione che ha reso necessaria la fuga si sia verificata soltanto nel 2015 e, cioè, ben undici anni dopo, quando l’istante aveva ventisei anni è rimasto, invero, incomprensibile perché durante undici anni non vi sia stata alcuna manifestazione di ostilità da parte della famiglia. Su tale circostanza, ritenuta contraddittoria e rilevante per la coerenza del racconto già dalla Commissione prima e dal Tribunale poi, nulla è stato allegato o chiarito, neppure nell’impugnazione addirittura, in appello, è stato indicato erroneamente il paese di provenienza v. pag. 4 “entrambi i Giudici non hanno ritenuto di volgere alcuna domanda relativa al proprio trascorso in omissis ”, laddove la provenienza è dal omissis . A ciò si aggiunga che l’istante, pur avendo dichiarato di aver intrapreso lo studio della Bibbia ed evidentemente anche della dottrina di Geova ha mostrato di ignorare anche le conoscenze basilari del culto che asseritamente studierebbe e professerebbe da ormai oltre dieci anni. In particolare, deve considerarsi che i Testimoni di Geova si connotano perché non credono alla Trinità e alla divinità di Cristo e osservano un preteso dovere, imposto dalle Scritture, di “astenersi dal sangue”, ciò che impedisce loro di accettare di essere sottoposti a trasfusioni. Ciò posto, non può allora non rilevarsi, ai fini della valutazione di attendibilità, come peraltro rilevato dalla Commissione prima e dal primo giudice poi, che, ascoltato su questi punti specifici, l’istante non ha invece avuto alcun dubbio nel dichiarare che accetterebbe una trasfusione di sangue se avesse problemi di salute e, soprattutto, non ha saputo dire nulla sulle questioni teologiche della Trinità sul punto, in fatto, l’appello è evidentemente erroneo laddove è riferito che sulla teoria della Trinità vi sia stata adeguata risposta . Tutto questo tempo trascorso, rende inverosimile – come invece sostenuto dall’appellante nell’atto d'impugnazione - che l’ignoranza della dottrina dei Testimoni di Geova sia conseguenza del fatto che lo studio della Bibbia sarebbe in corso di approfondimento non risulta infatti in alcun modo chiarito – in tutte le difese – come sia in fatto conciliabile la dedotta adesione ad una religione per oltre undici anni, convinta al punto da generare la persecuzione familiare, con la totale ignoranza di punti fondamentali della dottrina. Da quanto su riportato, il racconto risulta incoerente e si conferma, perciò, poco credibile. Ad ogni modo, pur volendo superare l’incoerenza intrinseca, può e deve aggiungersi che, come ben rilevato dal Giudice di primo grado, la famiglia non può costituire, in un paese di provenienza quale il omissis , un agente di persecuzione non controllabile dallo Stato pertanto, in forza dell’articolo 8 DQ, nessuna protezione può essere concessa all’istante perché egli ben avrebbe potuto e potrebbe trovare protezione all’interno del paese di provenienza. Sul punto, deve considerarsi infatti che, come risulta dal rapporto COI sul omissis pubblicato sul portale EASO, attualmente il omissis è una stabile democrazia 5 la minoranza cristiana si trova proprio nelle città dell'ovest e del sud 6 e l’istante, provenendo da una città dell’ovest moderna e grande come omissis non correrebbe in ogni caso, in tal senso, pericolo. La allegata provenienza da omissis – a tacer d’altro - fa escludere la rilevanza delle sollevate questioni sulla situazione della omissis . Nessuna protezione maggiore può, perciò, essere concessa. Deve, infine, escludersi anche la sussistenza del diritto alla protezione umanitaria sul punto, invero, l’impugnante non ha allegato, prima ancora che provato, quali siano le ragioni di vulnerabilità che precludono il rimpatrio. Per la concessione della protezione umanitaria, invero, sono comunque necessarie specifiche allegazioni in fatto che consentano di comparare le condizioni nel nostro paese con quelle del paese di provenienza e, quindi, di ritenere queste ultime pregiudizievoli del diritto ad un’esistenza libera e dignitosa. Nella specie, dunque, l’aver frequentato corsi di lingua non costituisce certamente una situazione di compiuta integrazione sociale, né è sufficiente a provare un effettivo radicamento la documentazione di lavoro offerta, atteso che l’assunzione risulta avvenuta a metà del 2017. In ogni caso, con sentenza numero 4455/2018, la Cassazione I sez. civ. ha esplicitamente puntualizzato che il conseguimento di una stabile occupazione lavorativa non è per sé sola condizione sufficiente a scongiurare il respingimento dello straniero al suo paese di origine quando non sia correlata – con specifiche allegazioni da offrirsi dallo stesso istante – alla violazione del diritto protetto dalla CEDU ad un’esistenza libera e dignitosa in quel paese nessuna delle allegazioni suddette è stata offerta nella fattispecie. Per questi motivi l’appello non può trovare accoglimento. Per sua stessa formulazione, in difetto di specifiche rilevanti allegazioni in fatto, l’appello si presentava prima facie manifestamente infondato ne deriva il rigetto dell’istanza di ammissione a patrocinio a carico dello Stato su cui il Consiglio non risulta aver provveduto. Le spese di questo grado di giudizio, pertanto, così come liquidate in dispositivo secondo i parametri del D.M. 55/14, sono poste a carico della parte appellante in favore dell’appellato Ministero. Si applica alla presente impugnazione, proposta dopo il 30.1.2013, il comma 1- quater dell’articolo 13 D.P.R. 115/02 introdotto dalla legge di stabilità 228/12 , che obbliga la parte, che proponga un’impugnazione inammissibile, improcedibile o totalmente infondata, a pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta l’appello rigetta l’istanza di ammissione a patrocinio a carico dello Stato per manifesta infondatezza dell’impugnazione condanna omissis , nato in omissis il omissis al pagamento, in favore del Ministero, delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 1.888,50 oltre IVA, CPA e rimborso forfetario del 15 % come per legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il reclamo, a carico dell’appellante e in osservanza dell’articolo 13 co. 1-quater D.P.R. 115/02, nel testo inserito dall’articolo 1 co. 17. L. 228/12. L’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito del presente provvedimento.