La violazione delle regole tecniche che non incide sul diritto di difesa determina una mera irregolarità dell’atto processuale telematico

L’ordinanza della Corte di Cassazione del 1° giugno 2018, n. 14042, resa sul processo tributario, contribuisce a rafforzare le conclusioni della giurisprudenza sulle conseguenze derivanti da un atto del processo telematico che non corrisponde alle regole tecniche previste.

Un tema molto avvertito dagli avvocati che devono tenere presenti ben tre modelli di processo telematico e, cioè, quello civile, quello amministrativo e quello tributario che rendono più probabili errori nella formazione e nella trasmissione di atti del processo telematico. Basterà ricordare l’ansia che assale l’avvocato quando, magari, ha notificato un atto e nell’oggetto della mail non compare l’indizione prevista e, cioè, Notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994” , oppure ha allegato un file .doc” anziché in .pdf” sottoscritto ed ancora abbia firmato con una firma CADES anziché PADES o viceversa od ancora PADES BASIC anziché PADES BES. La presenza di un gruppo di esperti formati da componenti delle tre giurisdizioni che sono al lavoro per portare avanti un progetto volto a realizzare una maggiore uniformità nell'uso delle procedure informatiche oggi così diverse certo può rassicurare. Ma rassicura molto di più in attesa che le norme cambino l’orientamento che si sta consolidando nella giurisprudenza trasversale” e, cioè, tanto in quella amministrativa per il PAT che in quella civile sia per il PCT che per il PTT . Orientamento che si muove nella giusta direzione di ritenere che le violazioni delle regole tecniche non possono di per sé determinare nullità dell’atto e vieppiù inesistenza dell’atto, ma possono determinare una mera irregolarità quando questa differenza con il modello tecnico non incide sul diritto di difesa. Il principio dunque si inserisce a giusto titolo nella progressiva riduzione delle ipotesi di inesistenza degli atti processuali e nell’affermazione sempre più convinta del principio di conservazione degli atti processuali che, del resto, è principio immanente al codice di procedura civile . Del resto, se le Sezioni Unite con la sentenza n. 7665/16 hanno ritenuto che il rilievo di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non è volto a tutelare l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma a garantire solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della rilevata violazione , ciò deve valere a fortiori per la violazione delle regole tecniche. Notifica senza oggetto corretto. Ebbene, nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione l’eccezione che era stata formulata era stata quella di inesistenza della notificazione del ricorso in quanto il messaggio PEC inviato per la notifica del ricorso non rispettava nell’oggetto la necessaria specifica . Senonché, in modo del tutto corretto e condivisibile la Suprema Corte ha rigettato l’eccezione qualificando le conseguenze dell’errore come mera irregolarità peraltro sanata con la costituzione in giudizio della controparte . Violazione delle regole tecniche. Per la Cassazione, infatti, la violazione di specifiche tecniche dettate in ragione della mera configurazione del sistema informatico, non può mai comportare la invalidità degli atti processuali compiuti, qualora non vengano in rilievo la violazione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale, ma al più una mera irregolarità sanabile in virtù del principio del raggiungimento dello scopo . Regole tecniche e diritto UE sulle firme. Peraltro, quelle regole tecniche che governano i rispettivi processi telematici devono comunque rispettare le norme dell’Unione Europea come hanno avuto modo di affermare le Sezioni Unite con la recentissima sentenza del 27 aprile 2018, n. 10266. E’ il caso delle firme digitali apposte sugli atti che generano due estensioni diverse .p7m” quella apposta secondo il sistema CADES e .pdf” rectius .signed-pdf” secondo il sistema PADES e poi ricordiamoci la distinzione tra PADES – BES oppure PADES – BASIC nel processo amministrativo . Ebbene, per le Sezioni Unite – è opportuno ricordarlo anche perché il principio deve valere per tutti i processi telematici PCT, PAT, PTT – secondo il diritto dell'UE e le norme, anche tecniche, di diritto interno, le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni *.p7m e *.pdf , e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza eccezione alcuna . Le firme sono equivalenti e, quindi, dovunque ci troviamo PCT, PAT, PTT , non si potrà mai dire che un atto sottoscritto in CADES anziché in PADES e viceversa sia inesistente o dia luogo ad una nullità. Sul punto, del resto, anche la giurisprudenza amministrativa ha superato ogni incertezza accogliendo la qualificazione di mera irregolarità come ci ricorda il Consiglio di Stato cfr. sul tema la sentenza n. 744 del 5 febbraio 2018 secondo cui La sottoscrizione del ricorso con firma PAdES-BASIC, anziché PAdES-BES costituisce difformità che, in applicazione dell’art. 156, comma 3, c.p.c., non si traduce in nullità, avendo l’atto raggiunto il suo scopo e, prima, la sentenza n. 5504/17 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 21 marzo – 1 giugno 2018, n. 14042 Presidente Cirillo – Relatore Solaini Fatto e diritto Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti la società contribuente ha resistito con controricorso, il comune di Pietramelara impugnava la sentenza della CTR della Campania, relativa ad un avviso di liquidazione ICI per il 2007, relativi a un terreno avente potenzialità edificatoria. Con un primo motivo, il comune ricorrente deduce il vizio di errata interpretazione del principio di diritto - e comunque, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504/92 in materia di finanza degli enti locali e del D.Lgs. n. 546/92 in materia di contenzioso tributario - secondo cui non sarebbe dato al giudice tributario il potere estimativo dell'imponibile del tributo ICI, in buona sostanza, i giudici d'appello una volta ritenuta insufficientemente motivata la quantificazione dell'imponibile ICI determinata dall'ente impositore e non corretta la stima effettuata dalla Ctp, avrebbero dovuto essi stessi provvedere a determinare l'imponibile, in quanto il giudizio tributario è un giudizio di impugnazione-merito, non diretto alla mera eliminazione dell'atto impugnato, ma a una pronuncia di merito motivatamente sostitutiva dell'accertamento dell'ufficio. Con un secondo motivo, l'ente impositore deduce la violazione dell'art. 11 quaterdecies, comma sedicesimo, del D.L. n. 203/2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248/05 e dell'art. 36, comma secondo del D.L. n. 223/06 convertito con modificazioni dalla legge n. 248/06 che hanno fornito l'interpretazione autentica dell'art. 2 comma 1 lett. b del D.Lgs. n. 504/92, in quanto, l'appartenenza del terreno in esame alla categoria D nel PRG del comune di Pietramelara riservata alle zone edificabili, richiedeva una corrispondente determinazione dell'imponibile. Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata. Innanzitutto, è da disattendere l'eccezione preliminare del controricorrente, sulla inesistenza della notifica, in quanto, il messaggio pec inviato per la notifica del ricorso non rispettava nell'oggetto la necessaria specifica, e ciò, in quanto trattasi di mera irregolarità sanata con la costituzione in giudizio della controparte. Infatti, la violazione di specifiche tecniche dettate in ragione della mera configurazione del sistema informatico, non può mai comportare la invalidità degli atti processuali compiuti, qualora non vengano in rilievo la violazione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale, ma al più, una mera irregolarità sanabile in virtù del principio di raggiungimento dello scopo Cass. sez. un. n. 7665/16 . I due motivi di ricorso, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perché connessi, sono infondati, in quanto, la circostanza che l'area oggetto di controversia fosse inserita nella perimetrazione della categoria D del PRG del comune di Pietramelara è fortemente contestata dalla società contribuente e non risulta documentata dal comune vedi ricorso . Infatti, fermo restando il principio che per i terreni compresi in un piano ASI decaduto occorre far riferimento alla destinazione urbanistica originaria, con la conseguenza che gli stessi sono da qualificare edificabili se inseriti nel preesistente strumento di pianificazione generale comunale Cass. n. 13135/10 , tuttavia, nel caso di specie, era onere del comune documentare che l'area fosse, per l'appunto, inserita nella predetta categoria D del PRG del comune di Pietramelara, mentre, non c'è riscontro in atti non essendo sufficiente, quanto risulta dall'avviso di liquidazione impugnato , né vi è un accertamento di fatto da parte della CTR, pertanto, i motivi di censura risultano, in parte, inammissibili in parte infondati cfr. per terreni confinanti e per la medesima annualità, Cass. ord. n. 25306/16 . Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione Rigetta il ricorso. Condanna il comune di Pietramelara, in persona del Sindaco pt, a pagare alla Quadrifoglio società agricola di fratelli Ce. sas e società agricola a r.l., le spese di lite del presente giudizio che liquida nell'importo di Euro 2.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13.