Le comunicazioni via PEC della cancelleria vanno inviate al dominus o al domiciliatario?

Ignorantia non excusat le comunicazioni vai PEC sono valide se effettuate al difensore anziché al domiciliatario, tanto più che nella procura alle liti sono state indicate entrambe le PEC per il Tar Lazio allora era consentito cui ricevere le comunicazioni di legge. Il difensore, che ha omesso di controllare la mail, non può pretendere che l’ordinanza, con cui si ingiungeva un’integrazione del contraddittorio, fosse spedita al solo domiciliatario e, quindi, di essere rimesso in termini ricorso inammissibile. Si ricordi che all’epoca dei fatti non vigeva la L. n. 114/14, ma il difensore era comunque soggetto agli oneri del d.l. n. 90/14.

È la massima ricavabile dal Tar Lazio sez. III bis n. 11534 depositata il 18 novembre 2014. Il caso. Un professore impugnava il d.m. n. 235/14 del MIUR e l’allegata tabella 3 relativa alla valutazione dei titoli perché non prendeva in considerazione i masters universitari. Questa sezione del Tar con ordinanza collegiale n. 7620/2014, ha autorizzato l’integrazione del contraddittorio per pubblici proclami come richiesto dal difensore del ricorrente dandogliene comunicazione, regolarmente ricevuta anche se questi ha però negato la circostanza , via PEC all’indirizzo indicato nella procura alla liti in alternativa a quello del domiciliatario. Il dominus chiedeva la remissione in termini sostenendo che l’unica valida sarebbe stata quella al domiciliatario il Tar ha smentito questa tesi, deprecando la sua trascuratezza e dichiarando inammissibile il ricorso per omessa integrazione del contraddittorio per pubblici proclami. Quanti indirizzi PEC devono essere indicati? Attualmente vige la L. n. 114/14 che ha aggiunto alla L. n. 221/12 il comma17- bis . Le disposizioni di cui ai commi 4, 6, 7, 8, 12 e 13 si applicano anche nel processo amministrativo . Si precisi che le parti rectius i difensori, salvo che non sia stata concessa l’autorizzazione, nei tassativi casi di legge, a stare in giudizio personalmente devono indicare un indirizzo PEC, cui ricevere le comunicazioni etc., sia esso contenuto in pubblici registri o meno comma 7 L. n. 221/12 . All’epoca 17/7/14 questa novella non era stata ancora emessa, perciò vigeva l’onere di comunicare un unico indirizzo PEC e un recapito fax che possono essere anche diversi dagli indirizzi del domiciliatario, dove intendono ricevere le comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione dei suddetti dati . Orbene il difensore le aveva indicate entrambe, perciò l’operato della cancelleria era corretto e legittimo. La comunicazione a chi va spedita se sono indicate la PEC del dominus e quella del domiciliatario? Si noti, poi, il contraddittorio comportamento del difensore visto che le aveva segnalate entrambe. Tale indicazione, va subito precisato, non è conforme al richiamato dato normativo che, all’epoca dei fatti di causa, imponeva l’indicazione di un unico indirizzo di PEC e di fax ai fini delle comunicazioni, anche in presenza di più difensori o di un domiciliatario, sicché l’eventuale comunicazione da parte della Segreteria ad uno qualsiasi degli indirizzi comunicati, ad avviso del Collegio, all’epoca dei fatti andava ritenuta processualmente corretta purché si trattasse di indirizzo PEC corrispondente a quello risultante dai pubblici elenchi ex articolo 16 ter, legge n. 228/12 . Successione di leggi? Si ricordi che era opponibile l’articolo 42 DL 90/14 convertito nella L.114/14 nel rinviare in toto all'articolo 16 d.l. n. 179/2012 e nel prevedere tale modalità di comunicazione come esclusiva, con conseguente disapplicazione in parte qua dell’articolo 2, comma 6, dell’all. 2 al d.lgs. n. 104/2010 - ha chiarito espressamente, anche con riferimento alle comunicazioni processuali, che costituisce preciso onere del difensore controllare la propria casella di PEC e che, in caso contrario, così come in caso di mancata ricezione per cause imputabili al destinatario casella piena, messaggio segnato come letto etc. la comunicazione si intende comunque ricevuta . Non vi è stata, quindi, alcuna successione di leggi visto che gli oneri della L. n. 114/14 erano già cogenti per l’espresso rinvio alla precedente normativa in materia. Chi è causa del suo male pianga se stesso. Ciò è ribadito dal CdS n. 4211/14 questo onere era già previsto dall’articolo 16, d.l. n. 185/08 L. n. 2/09 che al comma 9, rinviando all’articolo 47, d.l. n. 82/05 codice dell’amministrazione digitale precisa che le comunicazioni tra i soggetti di cui ai commi 6, 7 e 8 del presente articolo, che abbiano provveduto agli adempimenti ivi previsti, possono essere inviate attraverso la posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica di cui al comma 6, senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l'utilizzo . Ergo non può essere invocato un errore scusabile ed il ricorso è perciò inammissibile.

TAR Lazio, sez. III bis , sentenza 9 ottobre – 18 novembre 2014, n. 11534 Presidente Biancofiore – Estensore Loria Fatto e diritto Con il ricorso in epigrafe il Prof. Pasqualino Conte impugna il D.M. n. 0000235 del 01/04/2014, pubblicato il 09/04/2014, del M.I.U.R. e la tabella di valutazione dei titoli annessa quale Allegato 3, nella quale non sarebbero stati valutati i Masters universitari. Alla camera di consiglio del 03 luglio 2014 la Sezione, con ordinanza collegiale n. 7620/2014, ha autorizzato l’integrazione del contraddittorio per pubblici proclami come richiesto dal difensore del ricorrente. Alla pubblica udienza del 09 ottobre, verificando il Collegio che detta integrazione non vi era stata ex articolo 73 c.p.a., il dominus” del ricorrente ha sollevato l’eccezione per cui la PEC con cui la segreteria della Sez. III bis del Tar Lazio ha comunicato il deposito della ordinanza di cui trattasi non sarebbe stata ricevuta da parte ricorrente e, pertanto, questa avrebbe diritto ad essere rimessa in termini per ottemperare alla disposta richiesta di integrazione del contraddittorio. Come risulta dalla registrazione dei dati informatici N.S.I.G.A., l’ordinanza citata, con la quale è stata autorizzata l’integrazione del contraddittorio per pubblici proclami, è stata regolarmente comunicata e ricevuta a mezzo PEC in data 17/07/2014 all'indirizzo mario.perri@avvocaticosenza.it, indirizzo al quale detto difensore ha dichiarato nel ricorso introduttivo di volere ricevere le comunicazioni di segreteria, ai sensi dell'articolo 136, comma 1, c.p.a, in alternativa ovvero all'indirizzo PEC dell'avvocato domiciliatario domenicobonaiuti@ordineavvocatiroma.org . Tale norma, abrogata dalla legge n. 114 dell’11 agosto 2014 che ha cambiato profondamente il regime de qua , disponeva che I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un indirizzo di posta elettronica certificata e un recapito di fax, che possono essere anche diversi dagli indirizzi del domiciliatario, dove intendono ricevere le comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione dei suddetti dati . Tanto evidenziato e precisato che la registrazione informatica fa fede dell'avvenuta ricezione della PEC da parte del dominus avv. Mario Perri , non può essere accolta l'eccezione dedotta nell'odierna udienza , fissata ai fini della trattazione della causa nel merito, secondo cui la PEC con cui la segreteria della Sez. III bis del Tar Lazio ha comunicato il deposito della ordinanza di cui trattasi non sarebbe stata ricevuta da parte ricorrente e, pertanto, questa avrebbe diritto ad essere rimessa in termini per ottemperare alla disposta richiesta di integrazione del contraddittorio. In particolare, parte ricorrente ritiene che la comunicazione in oggetto avrebbe dovuto essere inviata alla PEC del difensore domiciliatario. Tale interpretazione è, ad avviso del Collegio, in contrasto con la dichiarazione della stessa parte ricorrente che, come già evidenziato, ha indicato nel ricorso introduttivo il proprio indirizzo PEC al quale ricevere le comunicazioni, in alternativa a quello dello stesso domiciliatario. Tale indicazione, va subito precisato, non è conforme al richiamato dato normativo che, all’epoca dei fatti di causa, imponeva l’indicazione di un unico indirizzo di PEC e di fax ai fini delle comunicazioni, anche in presenza di più difensori o di un domiciliatario, sicché l’eventuale comunicazione da parte della Segreteria ad uno qualsiasi degli indirizzi comunicati, ad avviso del Collegio, all’epoca dei fatti andava ritenuta processualmente corretta purché si trattasse di indirizzo PEC corrispondente a quello risultante dai pubblici elenchi ex articolo 16 ter legge 228/12 . Del resto, alla data della comunicazione in parola 17/7/2014 era già stato emanato il D.L. 90/2014, l'articolo 42 del quale - nel rimandare in toto all’applicazione nel processo amministrativo la disciplina delle comunicazioni a mezzo PEC del processo civile, di cui all'articolo 16 del D.l179/2012 e nel prevedere tale modalità di comunicazione come esclusiva, con conseguente disapplicazione in parte qua dell’articolo 2, comma 6, dell’all. 2 al D.L.vo 104 del 2010 - ha chiarito espressamente, anche con riferimento alle comunicazioni processuali, che costituisce preciso onere del difensore controllare la propria casella di PEC e che, in caso contrario, così come in caso di mancata ricezione per cause imputabili al destinatario casella piena, messaggio segnato come letto etc. la comunicazione si intende comunque ricevuta. Tale disposizione processuale, del resto, come ricordato da una recente decisione del Consiglio di Stato 2014/4211, sez. IV costituisce un mero chiarimento, essendo tale obbligo già previsto per il difensore ai sensi dell’articolo 16 comma 3 del d. L. n. 185/2008, come dalla legge di conversione 28 gennaio 2009, n. 2 che prevede, al comma 9, quanto di seguito indicato 9. Salvo quanto stabilito dall'articolo 47, commi 1 e 2, del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le comunicazioni tra i soggetti di cui ai commi 6, 7 e 8 del presente articolo, che abbiano provveduto agli adempimenti ivi previsti, possono essere inviate attraverso la posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica di cui al comma 6, senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l'utilizzo.”. In conclusione, non potendosi ravvisare nel caso in esame alcun errore scusabile, il ricorso va dichiarato inammissibile per omessa integrazione del contraddittorio. Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza Bis definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per omessa integrazione del contraddittorio. Spese compensate.§ Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.