Luci e ombre da Napoli sulla PEC: Il Tar Campania richiede adempimenti inutili

Il TAR Campania, con la sentenza n. 1756 del 3 aprile 2013, dichiara un ricorso inammissibile in quanto la sua notifica, avvenuta via PEC, è nulla per inosservanza delle normative tecniche applicabili.

Il TAR riconosce che in astratto la normativa già consente una valida notifica in proprio via PEC a un comune. Nel ricordare ciò che sarebbe necessario per avere una valida notifica via PEC, tuttavia, si inventa” alcuni requisiti che nelle norme tecniche non esistono né nella versione allora esistente, né in quella appena pubblicata in Gazzetta Ufficiale . Il Giudice Amministrativo ricostruisce la norma al momento applicabile in modo perfetto, ma Ricorda che l'Avvocato a ciò abilitato può notificare la copia autentica del ricorso introduttivo mediante la spedizione di un messaggio di Posta Elettronica Certificata PEC contenente una semplice copia eseguita dallo stesso via scanner, firmata e accompagnata da una dichiarazione di autenticità nella relata. Conclude il TAR L’art. 18 sopra citato prevede che la notifica si intende perfezionata con la c.d. ricevuta breve di avvenuta consegna. Attenendosi alla lettera di questa disposizione, sarebbe sufficiente per l'avvocato notificante produrre in giudizio la P.E.C. con tale ricevuta breve . Il TAR aggiunge che siccome la norma prevede che la notifica si ritiene perfezionata al momento in cui viene generata la ricevuta breve [sic] , e la ricevuta breve non contiene la copia dell'atto, ma solo un suo estratto codificato . Fin qui tutto giusto. Le cose si complicano quando aggiunge la cui verifica richiede peculiari competenze tecniche e non consente al giudice di associare immediatamente la P.E.C. all’atto notificato allora l'atto depositato non è conforme all'originale informatico in tutte le sue componenti . La ricevuta PEC. Come ho avuto modo di affermare nell'articolo, pubblicato su queste pagine, in cui per la prima volta affrontavo il tema della notifica diretta degli Avvocati La notifica via PEC è perfettamente valida se fatta da un avvocato abilitato alle notifiche dirette , la ricevuta che si ha normalmente è quella completa . Per avere una ricevuta in forma breve occorre richiederlo espressamente. Il fatto che l'articolo 18 delle Norme Tecniche si riferisca alla ricevuta breve non tragga in inganno, perché non è quella la norma che regola la produzione delle notifiche via PEC. Anche la ricevuta completa, a maggior ragione, è idonea come ricevuta sarebbe assurdo che la norma accogliesse una ricevuta di conferma meno formale e ne rigettasse una più formale. Si noti tra l'altro che le nuove norme parlano infatti di ricevuta completa . La norma deve dunque essere intesa come almeno breve . La motivazione afferma espressamente che quanto depositato era solo la PEC contenente la ricevuta breve, non ci chiederemo perché mai il ricorrente abbia scelto di ricevere tale ricevuta, magari ingannato dalla normativa in questione. In questo caso, avrebbe ragione il TAR senza l'originale di raffronto non sarebbe possibile verificare a cosa corrisponde l'evidenza digitale contenuta nella ricevuta in forma breve. È come avere un coccio di un vaso, non si può sapere come fosse il vaso originalmente. Con un coccio possiamo solo vedere se al vaso ricostruito corrisponde il pezzo in nostro possesso. Osservazioni, critiche e perplessità. Il punto però è che il TAR si sbaglia, a mio modesto parere, su cosa sarebbe necessario per dare evidenza dell'autenticità della copia trasmessa. Questo è l'elenco che mi pare corretto - sia prodotta la PEC originale, cui l'evidenza informatica si riferisce - la PEC originale contenga l'allegato sottoscritto digitalmente dall'Avvocato - l'allegato sia uguale alla copia autentica altrimenti l'Avvocato ha dichiarato il falso - l'evidenza informatica nella ricevuta breve provi che la PEC originale non è stata modificata dal suo invio. In questo caso noi abbiamo quindi un documento digitale perfetto, in tutto e per tutto conforme alle norme del Codice dell'Amministrazione Digitale, sottoscritto da un terzo in posizione di farne fede secondo le norme PEC, formato correttamente dal mittente, conforme alle norme tecniche del PCT. Non serve nient'altro. Il TAR dice però che non è possibile associare il documento alla ricevuta breve perché occorrono conoscenze tecniche particolari. Ciò non sembra corrispondere al vero, avendo il file originale della PEC, immodificato confronta l'art. 6.5.2.2 delle norme tecniche sulla PEC DM 2 novembre 2005 . Esistono vari dispositivi per verificare in modo automatico la rispondenza tra file originale il messaggio PEC e l'evidenza informatica hash ottenuta secondo un algoritmo noto SAH1 . Ci pare che il semplice fatto che il TAR non sia in grado, come dovrebbe essere qualsiasi Pubblica Amministrazione, di validare l'hash di un documento contro il documento cui si riferisce, non possa certo essere preso a fondamento per negare giustizia. Sempre ammesso, ovvio, che il resto delle norme sia stato rispettato dal ricorrente cosa che vedremo non pare . Il TAR richiede in aggiunta i seguenti documenti la stampa dell'atto notificato con la relata il certificato di firma digitale del notificante il certificato di firma del gestore di PEC le informazioni richieste dall'art. 18 per il corpo del messaggio le ricevute della PEC gli ulteriori dati di certificazione . Posto che non comprendo appieno cosa si intenda per ulteriori dati di certificazione e che le informazioni richieste dall'art. 18 per il corpo del messaggio sono invece chiare e ineccepibile ne è la richiesta, sul resto la perplessità è massima. La stampa dell'atto notificato con la relata non pare necessaria. La relata è infatti nel corpo del messaggio, se fosse altrove, ciò contravverrebbe all'art. 18 menzionato. Per la necessità di avere una stampa dell'atto notificato, essa non sussiste se l'atto è – come ricordato sopra – prodotto nella PEC originale se non è prodotta la PEC originale, allora è corretta la decisione del TAR . Ciò che è assurdo chiedere è il certificato di firma digitale del notificante e quello del gestore della PEC. Il secondo è comunque pubblicamente ottenibile dai registri del DigitPA, ora Agenzia per l'Italia Digitale. Ma entrambi sono esorbitanti rispetto alle necessità, perché il sistema della firma elettronica non richiede affatto tale scambio. Il sistema richiede che il certificato di firma sia temporalmente valido e a sua volta firmato da una catena ininterrotta di firme che risalga al certificato di DigitPA, pubblicamente disponibile. Nel caso del gestore, questo avviene direttamente. Nel caso della firma dell'Avvocato la catena è solo un poco più lunga la firma del certificato del gestore che rilascia la CNS con il dispositivo di firma è apposta sul certificato dell'Avvocato. Ciò è quanto la Direttiva richiede e conformemente richiedono le norme tecniche del CAD e del PCT. Con queste sole garanzie chiunque è in grado di valutare l'autenticità del messaggio fino a querela di falso , il che è poi lo scopo che l'atto deve raggiungere ai sensi dell'art. 156 c.c Ad onor del vero, comunque, le altre manchevolezze evidenziate dal TAR sono anche più gravi di quelle riscontrate nella formazione della notifica, non ultimo il fatto che la notifica non sia stata eseguita dall'Avvocato in quanto il ricorso è stato presentato in proprio dal legale rappresentante della società, e dunque non poteva essere ammesso a notificare in proprio secondo la legge 53/1994 ! . Inoltre ci si chiede se un privato abilitato a stare in giudizio personalmente possa effettuare la stessa certificazione di autenticità dell'atto notificato che può fare un avvocato, che in tali situazioni è quanto meno incaricato di pubblico servizio e produce dichiarazioni destinate ad avere pubblica fede, dopo aver tra l'altro giurato per esservi abilitato. Per concludere. Il discorso fatto sopra ha un limitato respiro. Infatti dal prossimo 24 maggio la ricevuta che dovrà essere prodotta sarà inderogabilmente quella completa 6. La ricevuta di avvenuta consegna prevista dall'articolo 3-bis, comma 3, della legge 21 gennaio 1994, n. 53 è quella completa, di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68 . La decisione commentata presenta comunque un atteggiamento eccessivamente formalistico e di disfavore verso l'uso della tecnologia, dovuto – ritengo – a una scarsa dimestichezza con i concetti che vi stanno alla base.

TAR Campania, sez. VI, sentenza 20 marzo – 3 aprile 2013, n. 1756 Presidente Conti – Estensore Loria Fatto Con il ricorso in epigrafe, la società ricorrente, precedente affidataria dei servizi informatici del Comune di Mondragone, impugna la nota dell’ente prot. n. 13/AA.GG. del 03.12.2012, a mezzo della quale è stato comunicato il respingimento della sua domanda di accesso agli atti del 26.10.2012, motivata con il difetto di legittimazione attiva e di un interesse diretto, concreto ed attuale in relazione ad una situazione giuridicamente tutelata di cui sarebbe titolare. La ricorrente espone, in punto di fatto, di ritenere con ragionevole certezza che gli atti richiesti con l’istanza di accesso e pubblicati all’Albo pretorio avrebbero attinenza al servizio di informatica aggiudicato dal Comune ad altra società. Il Comune di Mondragone non si è costituito in giudizio. Alla camera di consiglio del 20 marzo 2013 la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Giova richiamare preliminarmente la disposizione dell’art. 39 comma 2 c.p.a., che rinvia, per quanto concerne le notificazioni degli atti del processo amministrativo, al codice di procedura civile e alle leggi speciali in materia di notificazioni degli atti giudiziari in materia civile. 1.2. Alla luce delle disposizioni che disciplinano la P.E.C. nel processo civile e delle relative disposizioni attuative deve essere esaminata la regolarità della procedura di notifica seguita dalla società ricorrente, che ha effettuato la notificazione del ricorso a mezzo posta elettronica certifica P.E.C. e ha prodotto la ricevuta di accettazione del messaggio da parte del sistema di posta certificata e la ricevuta di avvenuta consegna alla P.E.C. del Comune di Mondragone. 1.3. La Legge n. 148/2011 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre 2011 ha apportato significative modifiche in vigore dal 01 gennaio 2012 alla Legge 21 gennaio 1994 n. 53 avente ad oggetto le notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati. Il legislatore ha inserito come strumento alternativo alla notifica a mezzo del servizio postale quello tramite posta elettronica certificata sempre a condizione che sia stata chiesta ed ottenuta l’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine a norma dell’art. 7 della L. 21.01.1994 n. 53 e solo se l’indirizzo del destinatario risulta da pubblici elenchi. Il procedimento per la notifica a mezzo P.E.C. è quello previsto dall'articolo 149-bis del codice di procedura civile, in quanto compatibile, specificando nella relazione di notificazione il numero di registro cronologico di cui all’articolo 8 della L. 21.01.1994 n. 53. Il citato articolo prevede che l’avvocato o il procuratore legale, che intende avvalersi delle facoltà previste dalla presente legge, deve munirsi di un apposito registro cronologico che può essere costituito da moduli continui vidimati uso computer , il cui modello è stabilito con decreto del Ministro della giustizia, sentito il parere del Consiglio nazionale forense, la cui validità è subordinata alla previa numerazione e vidimazione, in ogni mezzo foglio, da parte del presidente del consiglio dell'ordine nel cui albo il notificante è iscritto, o da un consigliere all'uopo delegato, previa l'autorizzazione di cui all'articolo 7. Ogni notificazione è annotata dal notificante, giornalmente, sul registro cronologico, insieme alle eventuali annotazioni previste dagli articoli precedenti. 1.4. Nel caso di specie non risulta specificato nella relazione di notificazione il numero di registro cronologico di cui all’articolo 8 della L. 21.01.1994 n. 53. Da qui un primo profilo di inammissibilità del ricorso per irritualità della notifica. 2. Inoltre, l’art. 18 delle regole tecniche sul processo civile telematico PCT , contenute nel D.M. 21 febbraio 2011, n. 44 consente agli avvocati, autorizzati ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53, di eseguire le notifiche tramite PEC. L’art. 18 precisa che la notifica si effettua anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo” a tal fine l'avvocato trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale . L’avvocato quindi appone la sua firma digitale e procede alla notifica tramite PEC, certificando nella relata di spedire una copia conforme. 2.2. La questione che si pone è cosa l’avvocato debba produrre in giudizio per dimostrare la regolarità della notifica e la conformità dell’atto allegato alla PEC a quello prodotto in giudizio. L’art. 18 sopra citato prevede che la notifica si intende perfezionata con la c.d. ricevuta breve di avvenuta consegna. Attenendosi alla lettera di questa disposizione, sarebbe sufficiente per l'avvocato notificante produrre in giudizio la P.E.C. con tale ricevuta breve tuttavia questo tipo di ricevuta non restituisce l’intero allegato cioè l’intero atto con firma digitale , ma solo un suo estratto codificato, la cui verifica richiede peculiari competenze tecniche e non consente al giudice di associare immediatamente la P.E.C. all’atto notificato. Si rileva infatti che l’art. 23 del codice dell’amministrazione digitale, nel delineare il concetto di copia cartacea di documento informatico firmato digitalmente, evidenzia come occorra una conformità all'originale informatico in tutte le sue componenti”. 2.3. Si ritiene, pertanto, che al fine di verificare che effettivamente la notifica dell’atto sia andata a buon fine e che l’atto notificato con la P.E.C. sia conforme a quello depositato in formato cartaceo, debba essere prodotta dall’avvocato notificante la c.d. ricevuta completa di avvenuta consegna della P.E.C., in modo da poter produrre tale ricevuta con l'intero atto notificato, e non soltanto un suo estratto. E’ inoltre necessario che l’avvocato produca la stampa dell'atto notificato con la relata il certificato di firma digitale del notificante il certificato di firma del gestore di PEC le informazioni richieste dall'art. 18 per il corpo del messaggio le ricevute della PEC gli ulteriori dati di certificazione. 2.4. Nel caso di specie, come si è detto, il ricorso è proposto dall’amministratore delegato della società indicata in epigrafe che non risulta iscritto all’albo degli avvocati e come tale destinatario delle norme di favore per le notificazioni sopra richiamate. Peraltro, sono state depositate unicamente la ricevuta di accettazione del messaggio da parte del sistema di posta certificata e la ricevuta di avvenuta consegna alla P.E.C., senza che da quest’ultima si possa evincere quale sia il documento consegnato e se esso costituisca la copia informatica del ricorso depositato. 3. Conseguentemente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la irritualità della notifica del ricorso al Comune intimato. 4. Nulla si dispone sulle spese in assenza di costituzione dell’amministrazione intimata. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Sesta definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. b c.p.a. Nulla spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.