La rinuncia al mandato può essere trasmessa via PEC

Fermo restando che nel processo penale alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante PEC, deve essere ritenuta valida la comunicazione della rinuncia al mandato trasmessa telematicamente.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 34654/20, depositata il 4 dicembre, con cui è stata annullata l’ordinanza del Tribunale di Bologna che ha confermato la decisione del GIP del Tribunale di Rimini di applicazione della custodia cautelare in carcere per i delitti di maltrattamenti e lesioni personali contestati al ricorrente a danno della sua compagna. La difesa eccepisce la nullità dell’udienza per l’omessa notificazione del relativo avviso di fissazione ad uno dei due avvocati di fiducia. Secondo il ricorrente inoltre il giudice ha erroneamente ritenuto priva di effetti la rinuncia al mandato difensivo da parte del primo difensore di fiducia, inviato tramite PEC . Dopo aver ricordato il principio secondo cui nel processo penale alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante PEC , il Collegio ritiene di dover superare inutili formalismi e afferma che non trattandosi di atti irricevibili, le comunicazioni e le istanze difensive trasmesse via PEC possono essere prese in considerazione dal giudice, se poste alla sua attenzione . Nel caso di specie, il suddetto principio non è stato applicato correttamente. Difatti l’atto di rinuncia al mandato professionale inviato a mezzo PEC era correttamente pervenuto all’autorità giudiziaria ed era anche stato valutato al punto da essere stato nominato un difensore d’ufficio. Per questi motivi, la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bologna per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 settembre – 4 dicembre 2020, n. 34654 Presidente Costanzo – Redattore Rosati Ritenuto in fatto 1. Con atto del proprio difensore, F. ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Bologna del 27 dicembre 2019, che ha confermato quella del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini del 12 dicembre precedente, con la quale gli è stata applicata la custodia cautelare in carcere per i delitti di maltrattamenti e di lesioni personali in danno della sua compagna, nonché per il porto e la detenzione non autorizzati di una pistola clandestina. 2. Con unico motivo di ricorso, l’indagato eccepisce la nullità dell’udienza tenutasi dinanzi a quel Tribunale e degli attM consequenziali, tra cui l’ordinanza impugnata, a causa dell’omessa notificazione del relativo avviso di fissazione ad uno dei suoi due difensori di fiducia. Egli lamenta l’erroneità, e dunque la contrarietà alla legge, dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che la rinuncia al mandato difensivo da parte del primo difensore di fiducia da lui nominato avv. Ciliberti , in quanto da questi trasmessa al giudice procedente tramite pec, non avesse spiegato alcun effetto ond’è che la nomina fiduciaria in favore di altri due professionisti avv. Cristofori e Murgo , da lui successivamente operata, sarebbe rimasta improduttiva di effetti nei confronti del secondo di essi, al quale, pertanto, correttamente non era stato notificato l’avviso di fissazione dell’anzidetta udienza. Deduce il ricorrente che il Tribunale abbia fondato tale suo assunto su una giurisprudenza di legittimità non univoca e non pertinente, in quanto maturata con riferimento alla nomina del difensore, che è atto dell’imputato e per il quale l’art. 96 c.p.p., comma 2, prevede specifiche formalità, funzionali ad assicurare con certezza l’assistenza difensiva fiduciaria formalità, invece, che non richiede il successivo art. 107, a tenore del quale è sufficiente che la rinuncia al mandato difensivo - che è atto del professionista e non della parte venga sollecitamente comunicata all’autorità giudiziaria, implicitamente lasciando all’interessato, dunque, la scelta delle relative modalità. 3. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, condividendo la lettura normativa rassegnata nell’ordinanza impugnata e, perciò, chiedendo di rigettare il ricorso. Considerato in diritto 1. Dev’essere ribadito il principio generale, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui, nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata Sez. 1, n. 26877 del 20/03/2019, Antille, Rv. 276915 Sez. 5, n. 48911 del 01/10/2018, N., Rv. 274160 Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, P., Rv. 270702 Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015, Livisianu, Rv. 263189 . Insuperabile, in tal senso, è l’assenza di una norma che conferisca loro tale facoltà, analogamente a quanto l’art. 148 c.p.p., comma 2-bis, prevede specificamente ed esclusivamente per gli uffici giudiziari. V’è, però, che, superando inutili formalismi, ed enunciando un principio già espresso in motivazione in alcuni dei precedenti appena menzionati questa Corte Sez. 6, n. 2951 del 25/09/2019, Di Russo, Rv. 278127 ha precisato che, non trattandosi comunque di atti irricevibili, le comunicazioni e le istanze difensive trasmesse via pec possono essere prese in considerazione dal giudice, se poste alla sua attenzione. 2. Nello specifico, il Tribunale del riesame non ha fatto buon governo di tali regole giuridiche. Emerge indiscutibilmente dallo stesso provvedimento impugnato che l’atto di rinuncia al mandato professionale da parte del primo difensore di fiducia, da questi trasmesso al giudice procedente a mezzo pec, non solo sia pervenuto a tale autorità giudiziaria, ma sia stato altresì da essa valutato, al punto da aver quest’ultima proceduto ad una nomina d’ufficio, a norma dell’art. 97 c.p.p., comma 1. L’atto difensivo, dunque, benché portato a conoscenza del giudice irritualmente, ha spiegato i suoi effetti, realizzando lo scopo cui era preordinato, senza alcun pregiudizio per eventuali esigenze concorrenti. La ragione giustificatrice delle limitazioni all’uso dei mezzi tecnici idonei nelle comunicazioni tra i soggetti del procedimento, infatti, è quella di evitare dubbi sulla paternità degli atti che ne sono oggetto, al fine di garantire la certezza dei rapporti processuali nello specifico, perciò, avendo l’atto raggiunto il suo destinatario ed essendo stato da questi valutato, appare del tutto irrazionale una vanificazione dei relativi effetti ex post, per di più nell’assenza di qualsiasi incidenza negativa sulle ragioni di altre parti o sulle esigenze di certezza e speditezza processuali. 3. L’ordinanza impugnata, pertanto, è affetta da nullità di ordine generale, tempestivamente eccepita dal difensore comparso in udienza, e merita, di conseguenza, di essere annullata, con restituzione degli atti al Tribunale del riesame per un nuovo giudizio, previa la rituale instaurazione del contraddittorio. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bologna per nuovo esame. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.