Errata indicazione nella PEC ricevuta dalla cancelleria, l’avvocato ha l’onere di effettuare delle verifiche

Le indicazioni errate contenute nel messaggio PEC inviato dalla Cancelleria all’avvocato appaiono più che idonee ad ingenerare nel legale un dubbio tale da indurlo, anche in virtù dell’onere di collaborazione, a recarsi tempestivamente presso la cancelleria della Corte di Appello, piuttosto che scegliere di non comparire all’udienza di trattazione.

Così ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 15112/20, depositata il 14 maggio. La sezione minorenni della Corte d’Appello, riformando quanto stabilito dal Tribunale che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato poiché il reato ascrittogli si era estinto per prescrizione , condannavo lo stesso alla pena di giustizia per i delitti di cui agli art. 111, 624 e 625 c.p Avverso la decisione l’imputato propone ricorso in Cassazione lamentando che il proprio difensore di fiducia abbia ricevuto la notifica dell’appello del Procuratore Generale avverso la sentenza di proscioglimento di primo grado e in seguito il decreto di citazione per l’appello a nome di S.I. per la medesima udienza in cui era fissato il giudizio di appello Nei confronti di D.T La notifica del decreto di citazione a giudizio di appello invece non era stata notificata al difensore, il quale solo dopo un controllo presso la cancelleria si accorgeva dell’errore consistito nell’invio tramite PEC , da parte della cancelleria della Corte d’Appello , dell’avviso relativo a S.I., errore desumibile soltanto attraverso la consultazione del computer della cancelleria e non anche del fascicolo processuale , nel quale non si rinviene la mail inviata al difensore. La Cassazione, ritenendo inammissibile il ricorso, osserva che il difensore non ha fatto pervenire alcuna attestazione volta a dimostrare quanto da lui affermato. Inoltre la Suprema Corte osserva che alla luce della documentazione prodotta, risulta che all’avvocato, quale difensore domiciliatario e in proprio, erano giunte due PEC da parte della Corte d’Appello, una alle ore 10 21 e l’altra alle 10 22, aventi come oggetto il riferimento all’appello nei confronti di D.T. ed il corretto numero di procedimento . Da ciò discende che seppure l’allegato, il cui identificativo di messaggio è indicato nella PEC avesse recato un atto di citazione erroneo le indicazioni delle PEC avrebbero dovuto allertare il difensore , essendo chiaro sia il riferimento a D.T. che al numero identificativo del processo, corrispondente al nominato dell’imputato. A tal proposito la Cassazione sottolinea che le indicazioni contenute nelle PEC, quindi, appaiono più che idonee quanto meno ad ingenerare nel difensore un dubbio tale da indurlo, anche in virtù dell’onere di collaborazione, a recarsi tempestivamente presso la cancelleria della Corte di Appello, piuttosto che scegliere di non comparire all’udienza di trattazione che, in ogni caso, era la stessa sia per il processo a carico di D.T. che per quello a carico della J. Chiarito questo, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 febbraio – 14 maggio 2020, n. 15112 Presidente Vessichelli – Relatore Catena Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze sezione minorenni, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale per i minorenni di Firenze in data 30/09/2015 - che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato ascrittogli estinto per prescrizione - dichiarava il T. responsabile del delitto di cui agli artt. 110 e 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 7, in omissis , condannandolo a pena di giustizia. 2. In data 22/06/2016 T.D.C. ricorre, a mezzo del difensore di fiducia avv.to Vieri Adriani, per 2.1. violazione di legge ed inosservanza di norme processuali sancite a pena di nullità, inammissibilità, inutilizzabilità, decadenza e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b e c , avendo il difensore di fiducia dell’imputato ricevuto in data 25/11/2015 la notifica dell’appello del Procuratore Generale avverso la sentenza di proscioglimento di primo grado, ed, in seguito, precisamente in data 16/03/2016, ricevuto decreto di citazione per l’appello a nome, tuttavia, di tale I. S., per la medesima udienza del 11/05/2016, in cui era fissato il giudizio di appello nei confronti del T. la notifica del decreto di citazione a giudizio per l’appello relativo al T. , invece, non era mai stato notificato al difensore, il quale solo dopo un controllo presso la cancelleria si avvedeva dell’errore, consistito nell’invio tramite pec, da parte della cancelleria della Corte di Appello, dell’avviso relativo alla I. , errore, peraltro, desumibile solo dalla consultazione del computer della detta cancelleria, e non anche del fascicolo processuale, in cui non si rinviene la mail inviata al difensore. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. Il difensore ha concluso il ricorso affermando che si sarebbe munito di un’attestazione da parte della cancelleria della Corte di Appello di Firenze per dimostrare quanto da lui affermato e posto a fondamento dell’impugnazione. Detta attestazione non risulta pervenuta a questa Corte di legittimità. Ad ogni buon conto, va osservato, alla luce della documentazione prodotta dal difensore ed allegata al ricorso, che, in data 16/03/2016, all’avvocato Vieri Adriani, quale difensore domiciliatario ed in proprio, erano state inviate dalla Corte di Appello di Firenze due pec, alle ore 10, 21 ed alle ore 10,22, recanti chiaramente in oggetto il riferimento all’appello nei confronti di T.D. ed il corretto numero del procedimento - N. 3 R.G.C.A. -. Ne discende che, seppure l’allegato, il cui identificativo di messaggio è indicato nella pec, avesse recato un atto di citazione erroneo, come affermato e non documentato dalla difesa, le indicazioni delle pec avrebbe dovuto, quanto meno, allertare il difensore, posto che chiaro appare sia il riferimento al T. che al numero identificativo del processo, corrispondente al nominativo dell’imputato. Le indicazioni contenute nelle pec, quindi, appaiono più che idonee quanto meno ad ingenerare nel difensore un dubbio tale ad indurlo, anche in virtù dell’onere di collaborazione, a recarsi tempestivamente presso la cancelleria della Corte di Appello, piuttosto che scegliere di non comparire all’udienza di trattazione che, in ogni caso, era la stessa sia per il processo a carico del T. che per il processo a carico della J. . In ogni caso, la mancata produzione documentale di cui la difesa ha fatto riserva in ricorso determina l’assoluta aspecificità del ricorso medesimo. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità egli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità egli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.